Sembra di vederli, tutti maschi, con le loro tonache nere svolazzanti e quello spruzzo di porpora sulla testa, mentre si consultano e decidono le linee guida contro il crimine della pedofilia. Dovevano esprimersi già un mese fa, secondo quanto chiesto loro da papa Ratzinger in persona: sono quindi in ritardo. Si agitano, da una parte all’altra della sala riunioni della Conferenza episcopale italiana, si crucciano, si ingegnano. E alla fine deliberano: i preti pedofili sono “cosa nostra”, non abbiamo nessun obbligo di denunciarli alle autorità, ce ne occupiamo noi, è cosa buona e giusta. Chi sperava che i vescovi “partorissero” un figlio di verità, giustizia, sanità e pulizia, almeno in merito a un reato orrendo come la pedofilia, rimarrà deluso. Chi sa che un gruppo monosessuale, votato alla “impotentia generandi” (che non è quella “coeundi”), non può partorire nessun figlio, tanto meno sano, apprende la notizia e continua a combatterli, quei porporati dell’omertà.
Se quel giorno si trovarono le ossa di una donna nei loro lucernai, dove la luce non entra e nessuna chiarezza è possibile; mentre di un’altra donna le ossa non si sono trovate mai. Se un altro giorno si scopre che la loro astinenza sessuale riguarda i rapporti con l’altro sesso, ma non sono esclusi i rapporti omosessuali. E, peggio, la pedofilia: violenze su bambini, fisiche e morali, “annullanti” e distruttive della psiche. Se un altro giorno ancora si realizza che, quando i loro dettami su sessualità e famiglia (sic!) non giungono attraverso campane, messe in piazza e ossequiosi notiziari, ci pensa la politica italiana, preventivamente genuflessa, a farsene carico. Se l’ultimo giorno ci si rende conto che sono tra i Paesi più opulenti (ed evasori) del pianeta, tra corvi, scandali, intrighi, tangenti, giri di potere e di denaro non proprio cristiani, mentre quello sfarzo è ammantato dal sottile velo della carità: cioè, evangelizzazione mascherata da solidarietà. Allora, c’è qualcosa che, ignominiosamente, non va. Allora, diventa necessario e urgente che per un po’ dalle loro porte lascino entrare e uscire soltanto… l’arcangelo della Giustizia. E che per tutti gli altri mettano un bel cartello: “Vaticano chiuso per restauro”.