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La Storia della Vostra Schiavitù

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2011 18:19
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L'inesistenza delle divinità

Ogni libro sacro si basa sull'esistenza di divinità, senza le quali ogni religione non avrebbe motivo di esistere. Ma non è possibile dimostrare con ragionevole certezza l'esistenza di tali divinità, mentre è possibile dimostrare con ragionevole certezza che non esistono divinità di qualsiasi tipo.

Le prove riguardo all'inesistenza delle divinità sono tantissime, come il fatto che è possibile esplorare dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande senza trovare tracce di esse, così come non si trovano tracce di divinità esplorando sia lo spettro visibile che quello invisibile, grazie alle moderne tecnologie. In sostanza, si dispone della tecnologia per carpire ogni segreto dell’intero universo, ma non vi è traccia di Dio o di qualsiasi altra divinità.

Ma persino l'evidenza dei fatti dimostra l'esistenza di divinità, Dio compreso.

Pensiamo che continuamente delle persone compiono massacri di gente innocente in nome di Dio, credendo di andare così in paradiso, ma Dio non interviene.

Una donna molto devota è stata uccisa sul colpo da un pesante crocifisso crollatole addosso mentre assisteva alla Messa. E nessun Dio o Santo è intervenuto per salvarla.

Dio interveniva sempre solo nei tempi in cui non vi erano macchine fotografiche e telecamere per documentarlo, e ci si doveva basare su quello che raccontava la gente.


Nel mondo avvengono continuamente atti criminali, disastri, follie e devastazioni che uccidono in modo orribile molte persone innocenti, ma Dio non interviene e si limita a far piangere o muovere delle statuette, mentre tutta quella gente soffre e muore in modo orribile, spesso per mano di persone che agiscono in nome di Dio.

D’altronde nei secoli passati la chiesa cristiana ha torturato e massacrato milioni di persone in nome di Dio, ma Dio non è intervenuto.

Se fosse vero che Dio è dovunque, allora egli sta impassibile a guardare le tantissime atrocità che subiscono le persone innocenti.

Dato che le divinità non intervengono quando delle persone innocenti subiscono atrocità inaudite, allora se tali divinità esistono sono tutti esseri sadici e malvagi, molto peggiori degli esseri umani, perché molti esseri umani interverrebbero se assisterebbero a persone innocenti che subiscono delle atrocità inaudite. Ammesso che esistano delle divinità.


Non ci sarebbero giustificazioni al non intervento delle divinità anche se esse avessero pochissimi poteri rispetto a quello che si crede, e di conseguenza non potrebbero vedere le persone innocenti dove e quando subiscano atrocità inaudite. Infatti ci sono casi in cui delle persone innocenti subiscono una morte atroce in diretta mondiale con un sufficiente preavviso affinché qualsiasi divinità potrebbe intervenire senza possibilità di sbagliarsi perché è noto a tutti il momento e il luogo.

Invece nessun tipo di divinità interviene, i terroristi islamici in nome di Dio fanno schiantare aerei pieni di gente innocente su grattacieli pieni di persone innocenti, i terroristi islamici in nome di Dio fanno strage di bambini innocenti in una scuola dopo aver violentato e ucciso le bambine più grandi, il tutto sotto gli occhi impotenti degli esseri umani di tutto il mondo. E anche sotto gli occhi impotenti di Dio.

Di un Dio non vuole proprio sapere di esistere.

E la stessa cosa vale per qualsiasi altra divinità.

Tuttavia, l'umanità può vivere benissimo anche senza credere in divinità, basta usare la testa ed ecco che magicamente non si compiono più cose sbagliate e tutti vivono felici.
 
D'altronde non è impossibile capire un concetto semplice del tipo: basta comportarsi bene per non avere e non creare problemi, come la realtà e la storia ci dimostrano.

La storia e la realtà ci dimostrano anche che la strada della violenza è una strada senza uscita che non ha mai portato nulla di buono, mentre la strada della pace è sempre stata la strada giusta da seguire ed ha sempre portato solo cose buone.

Si tratta di semplici concetti che chiunque può capire analizzando la storia e gli eventi di tutti i giorni: non c'è davvero bisogno di credere in qualsiasi divinità per poter vivere civilmente in pace.

Inoltre, la regione non è certamente la soluzione ai mali comportamentali dell'uomo, dato che l'uomo ha avuto sete di denaro e di potere ed ha commesso delitti anche quando il potere teocratico è stato saldissimo. Senza contare le innumerevoli atrocità che, dal passato fino oggi, vengono compiute in nome della religione, e che certamente non sarebbero state compiute se non ci fosse stata la religione.

 

Non dovete credere solo perché alcune cose sono contenute in antichi manoscritti,
non dovete credere solo perché questa è la fede del vostro paese,
non dovete credere solo perché siete stati indotti a farlo dai vostri pavidi genitori e dai vostri maestri, ma ragionate sulla verità delle cose,
e se dopo averle analizzate ritenete che possano essere buone, allora credeteci pure e vivete in armonia con esse.

Evitate però di costringere gli altri a farlo.

 

http://alieniemisteri.altervista.org

[Modificato da ReteLibera 29/11/2011 16:24]
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COLUI CHE NON É


L’origine dell’universo e della vita sul pianeta Terra è un’incognita di cui la scienza si occupa con l’obiettività del metodo scientifico, prospettando teorie plausibili, indipendentemente dalle credenze religiose.

Per quanto concerne le tre
fedi monoteistiche, queste asseriscono presunte verità apprese da supposte
“rivelazioni” trasmesse da Dio a profeti ed eletti.

Presuppongono quindi l’esistenza “ab aeterno” di un ente trascendente supremo, perfettissimo, necessario, causa prima, creatore dell’universo dal nulla.

L’esistenza di un essere divino, di una causalità misteriosa, che è possibile immaginare, ma non provare con metodiche scientifiche, è dunque un concetto pertinente alla religione, che lo desume dall’autorità della parola profetica e dalla fede supportata da ipotetiche illazioni.

Quelle “a priori”, indipendenti dall’esperienza, partono da principi assiomatici e pervengono a
conclusioni illusorie
mediante ragionamenti deduttivi.

L’idea che esista un’essenza divina, deducibile “a priori”, dimostra soltanto l’
astratta logica di un ragionamento
, non la concreta esistenza di un essere trascendente: l’idea metafisica non è la storia, che è conoscenza positiva.

Le argomentazioni “a posteriori” partono dalla conoscenza empirica, che si avvale di strumenti di indagine scientifica e sperimentale, per risalire con metodo induttivo a principi generali, che trascendono la realtà conoscibile.

Partendo dalla mutevolezza delle cose reali e supponendo che ogni cosa variabile di una determinata forma o specie deve trarre origine da un’essenza immutabile, di forma originaria e
specie prima
, si crede di poter risalire alla supposta conoscenza ed esistenza di un ente creatore d’ogni cosa di data forma e specie.

La forza del ragionamento, senza prove incontrovertibili, non può dimostrare la reale esistenza di una divinità e il suo coinvolgimento nelle vicende umane; né tantomeno può farlo la fede, ancorché essa susciti nel credente le ragioni necessarie a giustificarla.

L’obiezione, secondo cui non vi sono prove che convalidano l’inesistenza di Dio, è irrilevante, data l’indimostrabilità dell’inesistenza dell’inesistente.

Peraltro, l’onere della prova spetta a chi ne afferma l’esistenza.

Quanto alla supposta materia oscura, invisibile, essa non implica una probabile esistenza di un’essenza razionale trascendente. Inoltre, qualsiasi elucubrazione della mente, spacciata
apoditticamente per verità assoluta, ma che sia inverificabile e incontrollabile, non potrebbe mai essere smentita, confutata, falsificata.

La
“ratio”, allorquando trascende il limite empirico, vaga nell’arbitrio della mistificazione ideologica, artefice dell’invenzione di enti fittizi.
Dio, perciò, è un concetto che attiene alla realtà mentale e che afferma soltanto una verità concettuale.

Se è vero che l’essenza della natura consiste nell’assoluto casuale divenire (
principio d’indeterminazione), possiamo ritenere privo di fondamento il concetto di numinoso, quindi escludere l’ipotesi complessa di un’entità esterna creatrice ed il relativo finalismo provvidenziale.

In realtà, poiché l’universo non manifesta alcun finalismo né appare finalizzato all’esistenza della vita umana su un pianeta sperduto in una periferica galassia, è vano inferire l’esistenza di un essere trascendente, provvidenziale (“
pluralitas non est ponendo sine necessitate”, secondo il noto principio occamiano
).

La credenza nell’esistenza di una qualche sostanza divina, di un’ulteriorità determinata da una radicale differenza ontologica è piuttosto l’ipostasi di un concetto che l’uomo ha voluto idealizzare in un’entità trascendente, altra da sé, astratta, indefinibile, elevata alla somma potenza, alla massima differenza.

Da un concetto, però, non può desumersi un essere trascendente, che abbia un’esistenza indipendente dalla realtà oggettiva, della quale si presume che sia la
causa prima
, in quanto ciò implicherebbe un salto nel ragionamento logico: l’esistenza si mostra, non si dimostra.

Ne consegue che Dio (Deiwos = il luminoso, colui che è in cielo) è un insieme di sillabe, un soffio di voce
(“flatus vocis”), un costrutto immaginario elaborato dall’intelletto, con cui si designa un ente non immanente, bensì creduto esistente in una realtà trascendente.


La teologia
(“maxima scientia!”)
, in quanto pseudo-scienza che indaga intorno alla natura di un ente supremo, immaginario e irreale, perciò indefinibile, è un agglomerato di concetti astratti, un insieme di vuote parole adornate di retorica sacralità, che non ha alcun riscontro nella concreta realtà.

Questi “giochi” di pensiero, esprimenti concetti teorici avulsi dal concreto, sono funzionali al ceto sacerdotale, che fa della religione la sua ragion d’essere, assumendo come valore fondante una pretesa
“rivelazione”
, ossia la testimonianza d’uomini di parte, trascritta in un linguaggio ritenuto ispirato da Dio.

Atteso quindi che Dio è l’espressione di sentimenti umani, idealmente personificati in un’astratta entità sovrannaturale, ne consegue che Dio è un’
astrusità, un essere non esistente nella realtà cosmica, scaturito dalla mente immaginifica dell’uomo.


Dio, in quanto si risolve in una speranza, indotta dalla precaria esistenza, aliena l’uomo dalla concretezza del presente. La credenza nel concetto di Dio si pone come antidoto al nichilismo, all’angoscia dell’imprevedibile divenire, con la triste conseguenza di dare un senso mistificante della vita, che invece va realisticamente accettata, ancorché contrastata nei suoi effetti negativi.


L’
unitrino dio della fede cristiana, immortale, sempiterno, d’illimitate potenzialità, supremo legislatore morale, fautore d’ogni accadimento prodigioso lo si crede artefice di ogni evento salvifico, apparentemente inspiegabile secondo le attuali conoscenze scientifiche.

Dio può fare tutto quanto all’uomo è impossibile o proibito.


La sua infinita essenza non può essere compresa, stante la nostra limitata ragione.

In verità, la supposta esistenza della divinità non scaturisce dalla concreta conoscenza della stessa, ma dalla fede nella
“rivelazione” del Verbo: la presunta parola di Dio, trascritta direttamente (Corano) o su ispirazione divina  in sacri testi canonici (Vecchio e Nuovo Testamento).

L’esistenza di Dio, giacché non desumibile né con un procedimento dimostrativo irrefutabile né con verifiche concrete, è una credenza illusoria, costruita su una comprensione fideistica e su una “rivelazione” inattendibile, ancorché accreditata da dogmi e mistificazioni teologiche.



La speculazione teologica, non avendo solidezza di argomentazioni verificabili nella concretezza della realtà, s’avventura in congetture fideistiche, da cui desumere verità apodittiche.


Ne consegue che le verità costruite sulla fede di una presunta rivelazione divina non sono verità oggettive.

L’umanità non ha una comune esperienza della divinità, la realtà della quale non può essere percepita dai sensi né dedotta con metodi razionali inoppugnabili. Il mistero della divinità impressiona ed attrae.

La fede, sacrificando la ragione, trova alimento nella tradizione culturale mistica, emozionale, irrazionale (“credo quia absurdum”; “credo ut intelligam et intelligo ut credam”), fino allo scommettere sull’esistenza di Dio (Pascal), in quanto rappresenterebbe un minore rischio in rapporto alla scelta di non credere, data l’incommensurabilità della posta in gioco: l’eterna beatitudine
.

La fede si fortifica con il dogma indiscutibile dell’infallibilità dell’ispirazione divina e con l’incondizionata fiducia accordata all’autorità di Sacre Scritture.

L’inconoscibile e invisibile sostanza divina la si rappresenta con caratteri antropomorfi, giacché si crede che l’essere umano sia stato creato ad immagine e somiglianza di quella, ancorché differente al sommo grado.

La teologia negativa, per raggiungere una qualche comprensione di Dio, lo descrive negando le imperfezioni e le limitazioni umane.

Solo chi ha la pretesa del mistico asceta di beneficiare della divina ispirazione ed essere quindi recettivo delle cose rivelate da Dio, confida di avere una diretta conoscenza di lui.

In verità, la sua visione di Dio è una suggestione prodotta dalla spasmodica attività della psiche volta al misticismo, stimolata dalla mortificazione del corpo, tipica dell’ascetismo auto-punitivo, praticato come tecnica di salvezza.

Gli atleti di Dio, vocati all’austerità di vita e alla mortificazione del corpo, all’abiezione e dispregio delle cose umane, soffocano le esigenze della loro natura con sofferenze corporali
(flagellazione, cilicio, ecc.)
, astinenze e digiuni prolungati fino all’anoressia (Caterina da Siena, Teresa d’Avila, Chiara d’Assisi ed altre).

Mal nutrendo il loro corpo, predispongono la mente al delirio, pregustando spirituali delizie paradisiache e presumendo di possedere conoscenze soprannaturali.

Folli di Dio, profetizzano divini segreti, carpiti durante mistiche estasi, in stato di temporanea alterazione psichica. L’auto mortificazione, in verità, come aveva sperimentato anche Buddha, non conduce alla perfezione.

La divina entità, dunque, essendo immaginata invisibile, indistinta, infinita, separata dal mondo, non può essere definita per mezzo del linguaggio dimostrativo di una verità oggettiva, verificabile.

Dio è un concetto appropriato al gioco linguistico della teologia e della speculazione metafisica, che indagano su ciò che non può essere direttamente conoscibile né essere oggetto di verifica.

Un ente fuori dal mondo, in verità, non può avere caratteristiche antropomorfiche né essere ad immagine e somiglianza degli uomini.

Altrettanto assurdo è immaginarlo in forme mascoline, pur concependolo puro spirito.

Del resto, la presenza dominante di una casta sacerdotale maschile non poteva rappresentarlo in forme femminine.

L’idealizzazione del sesso maschile, come metro di misura dell’essere umano (androcentrismo), ha giustificato la discriminazione della donna fino alla misoginia.


Poiché Dio trascende la nostra esperienza del mondo, non appare logicamente corretto dedurre la sua esistenza con l’argomento della
causa prima
(ponendo un termine iniziale, oltre il reale, al regresso infinito di derivazione di cose reali da un ente irreale), perché tale causa è supposta fuori del mondo conoscibile.

Se definiamo universo tutto ciò che ha esistenza, la causa di tale esistenza è al suo interno:
l’universo non ha una causa esterna
.

La trascendenza di Dio (e del suo regno celeste, che riflette il desiderio di un mondo ideale, perciò irreale)
è un’idea indimostrabile, elucubrata dall’ideologia di una casta sacerdotale
.

L’immane vacuità dei deliri teistici, in prosieguo dei progressi delle conoscenze scientifiche, finirà per dileguarsi con le sovraterrene inconsistenze dell’inebriante narcosi del sacro, generato da evanescenti nebulosità concettuali.

Se Dio è, non è cristiano né di altre fedi né vede e provvede né richiede salamelecchi.

Se è, è “colui che non è”.


Lucio Apulo Daunio
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DALLA COSCIENZA UMANA

ALL’ESSERE DIVINO
 
 


di Lucio Apulo Daunio
.


L’uomo ha conseguito, durante il suo lungo cammino dai primordi della vita, una consapevolezza di sé e del mondo esterno. É perciò provvisto di una vita interiore, di un pensiero con cui ragiona con se stesso. 
 

Manifesta altresì una vita esteriore, dialogando con il mondo esterno, da cui attinge conoscenze. La sua essenza non è solo ragione, ma anche sentimento, forza di volontà, istinto, carattere, personalità, intelligenza, passione.   

L’uomo dunque non è solo un’espressione della ragione, ma anche delle suggestioni indotte da sentimenti e passioni scaturenti, in un determinato periodo storico, dai rapporti con il mondo esterno e con se stesso.

Ha acquisito una coscienza con cui conversare, ma anche con cui fantasticare, inseguendo realtà immaginarie, fino ad idealizzare un altro da sé. 
 

La coscienza è lo specchio interiore, in cui l’uomo riflette la sua essenza.  

Avere sentore di sé, del proprio corpo, del mondo, ciò non implica necessariamente l’esistenza di una vitalità e di una realtà anche dopo la morte.  

L’intuizione del soprasensibile non implica l’esistenza effettiva di un Ente trascendente: ipostasi immaginifica, vana come i sogni della notte, dove tutto è confuso e tutto precipita nell’abisso del nulla con il risveglio della coscienza e della ragione.   

Oggettivandosi fuori di sé, l’uomo ha idealizzato la sua essenza rappresentandola nella forma di un Essere divino, sovrumano e perfettissimo, presumendolo esistente, eterno, creatore del mondo.  

Ascrivendo degli attributi all’Ente pensato, ha creduto che esso esistesse realmente, in una diversa dimensione.  

Ha creato un’immagine irreale di sé, estraniata da sé, in cui ha proiettato illusorie qualità ideali e ne ha fatto oggetto di culto.  

Rappresentando l’irrappresentabile nella nebulosità dello spazio senza limiti dell’immaginazione, ha creduto di vedere l’invisibile e sentire il non sensibile.  

Una divinità inintelligibile avvolge e stravolge l’uomo religioso durante la sua labile esistenza.  

L’opposizione tra uomo ed Essere divino è un’illusoria costruzione umana di un’entità astratta, modellata con l’immaginazione, da cui l’uomo fa dipendere la propria esistenza in questa e nell’altra vita.  

Dio è ciò che la mente e il sentimento dell’uomo hanno rappresentato esistente oltre il reale.  

L’immagine psicologica dell’essenza divina, intesa come verità assoluta da cui attingere certezze, si concretizzata in una fede religiosa, che induce a credere in un mondo ultraterreno e in una vita eterna dopo l’infausta morte.  

Religione è dipendenza e adorazione: l’una genera l’altra 

Ciò che l’uomo desidera avere al massimo grado, lo immagina presente nell’onnipotenza dell’Ente divino.  

L’illimitatezza di Dio riflette i desideri innumerevoli dell’uomo.  

La presunta esistenza di un’essenza divina, in quanto ritenuta vera, è creduta anche reale, ma di una realtà trascendente, quindi extrafisica, dunque ipotetica.  

Ciò che si crede vero, si crede che sia anche esistente, ancorché in una diversa realtà, conoscibile indirettamente tramite la “rivelazione” di un messia, come nel cristianesimo.  


Una vita d’eterna beatitudine in un mondo soprannaturale, in cui regna la divinità, non l’umanità, è l’agognata meta “post-mortem” del cristiano.  

La natura divina, sacralizzata e santificata, è opposta al mondo profano e peccaminoso.

Quanto più si apprezza l’illusoria positività dell’Ente divino
(“ens rationis”, puro pensiero senza concretezza), tanto più si disprezza la realtà, caratterizzata da negatività e limitatezze. 
 

L’inno trionfale dell’auspicata gioia paradisiaca, il “Gloria in excelsis Deo”,
si leva dagli abissi della sofferenza umana. 
 

Nell’armonia di Dio l’uomo religioso vede la conciliazione delle dissonanze del mondo.  

La credenza nell’assoluta eticità dell’entità divina è il riflesso dei sentimenti morali dell’uomo, la proiezione del suo dover essere in un essere perfettissimo.  

Dio è ciò che l’uomo immagina più grande d’ogni realtà, un ente perfettissimo, una dimensione senza limiti temporali e spaziali (Anselmo d’Aosta).

Egli è sempiterno, contrariamente all’effimera natura dell’uomo.
É luminoso e splendente: è luce che illumina le tenebre e vede, e vedendo conosce, e conoscendo sa. É onniveggente e onnisciente.
La sua onnipotenza è imperscrutabile. Il suo libero arbitrio è insindacabile. 
 

In verità, Dio è solo un nome prodotto dal “gioco” linguistico inerente alla speculazione religiosa: un’illusione, una speranza, una parvenza, oggettivazione dell’essenza umana idealizzata.  

Dal Logos, potente Verbo di Dio, si è fatto derivare l’esistente.  

L’infinita potenza di Dio è stata posta a fondamento di tutto il reale. Dio, un concetto astratto, si concretizza nel cristianesimo come Ente invisibile (purissimo spirito), sussistente in tre distinte mistiche sostanze d’identica natura 

Dall’autorevolezza della parola di un uomo, supposto messia, adorato come Figlio di Dio, i cristiani hanno creduto di trovare la salvezza per il genere umano, segnato da una presunta colpa originale 

Dalla provvida sventura della passione di un uomo, il Cristo Gesù, hanno dedotto l’attuazione della redenzione: positivo riscatto dal negativo del mondo.  

Con la potenza del nome di Cristo, Figlio di Dio e lui stesso Dio, i suoi seguaci, titolati di sacralità, scacciano diavoli, compiono prodigi, redimono colpe e fanno da tramite alle anime inquiete in cerca di beatitudini edeniche.  In realtà, dal nulla oltremondano non può derivare qualcosa di concreto in virtù di un potere divino (“ex nihilo nihil fit”) 


Se di ciò che sappiamo non abbiamo certezza assoluta, figuriamoci se da ciò che non è può derivare qualche sapere.  


Tutto si compie non per intervento divino, ma in seguito a fenomeni di cui solo in parte se ne conoscono le cause, per il resto, la scienza formula solo ipotesi e continua a perseverare nella ricerca.  

L’esperienza del divino, in quanto fuori della realtà, non rientra nell’ambito delle possibilità conoscitive dell’uomo. Solo la realtà oggettiva è relativamente conoscibile e interpretabile. Dio è un concetto estraneo alla realtà oggettiva, un non-senso rivestito d’enfasi e caricato di significati.

L’oltremondano  è un insieme concettuale di parole e immagini costruite artificiosamente.  

Credere nella reale esistenza dell’aldilà è possibile in virtù di una fede religiosa.  In realtà, l’Ente divino che si rappresenta nella mente è in relazione con l’immaginazione, non con l’esperienza.  

Dire che un asino vola, significa esprimere un concetto fittizio mediante termini che denotano cose e fatti concreti (ossia un asino e l’atto di volare proprio di certe specie d’animali).  

Dalla concretezza degli elementi non può desumersi la certezza espressa da un concetto. La fede in Dio,
Verità Assoluta, al vaglio della ragione critica, è una contraddizione in termini, in quanto la fede implica credenza in un assunto, non certezza di una verità
 

La fede cristiana è la credenza in una pretesa verità indiscutibile, rivelata da una supposta divinità umanizzata, testimoniata da testi inattendibili, tramandata dalla pervicace autorità di una Chiesa istituzionalizzata e legittimata 

Non c’è garanzia che la verità rivelata nei sacri testi pervenga da Dio e non dalla testa immaginifica degli uomini. Le trascendenti verità della fede cristiana non si fondano su certezze fattuali, su ipotesi verificabili o falsificabili dall’esperienza effettiva, perciò non si prestano all’esercizio critico della ragione, all’obiettività di una valutazione.  

La fede assoluta in un assunto metafisico, non sperimentabile, non controllabile, non falsificabile, non elimina l’errore, come fa invece la scienza.  

La fede implica la volontà di credere, ma questa non implica la verità delle cose, bensì l’opinione riguardo ad esse.    

L’interesse della Chiesa ad evangelizzare il mondo intero consiste nell’imporre “erga omnes” il proprio modello etico, religioso, politico, come l’unico voluto da Dio per la nostra salvezza nell’aldilà.  

La Chiesa, in quanto storicamente determinata, giuridicamente riconosciuta, coadiuvata da fedeli gregari e da politicanti codini, è lo strumento con cui il clero attua il proprio dominio sulla collettività, plagiando le coscienze con il mito di Cristo, mediante un sistema formativo d’indottrinamento “ad hoc”.  

In quanto “ecclesia”, ossia comunità di fedeli, essa tende ad egemonizzare la collettività, invadendo il sociale e socializzando la religione 

Il culto religioso rinsalda il legame dell’individuo con l’identità collettiva d’appartenenza ad un sistema sociale e culturale, espressione di un comune sentire, di un consenso collettivo.

L’angoscioso bisogno degli uomini di conoscere il mistero d’essere nel mondo trova puntuale risposta nella verità assoluta di una fede rivelata.
  

L’ideologia dominante della Chiesa, sia durante il lungo periodo medioevale sia in prosieguo di tempo,
ha egemonizzato le istituzioni dello stato, la società laica, la cultura, imponendosi come unica vera religione e statuendo precetti e norme etiche obbligatorie. 
 


Le prescrizioni del cristianesimo cattolico sono inculcate nelle coscienze sin dalla tenera età, fossilizzandosi in imperativi categorici in funzione dei dogmi e dei culti sotto i quali si celano le forze occulte del potere clericale.  

I preti, come gli stregoni, s’arrogano un sapere magico, mascherato di sacralità carismatica, drammatizzata con le imponenti scenografie, gli sfarzosi cerimoniali e i melodiosi canti gregoriani delle pratiche liturgiche. Il magico rituale religioso è finalizzato a soggiogare la massa dei fedeli, inducendoli alla pietà verso il divino e all’obbedienza verso chi in terra lo rappresenta (spesso indegnamente).  

Dio, giacché immaginato come un essere perfettissimo, pura ragione trascendente e suprema legge morale, non può che amare se stesso e creare tutto in funzione della sua gloria.  

L’uomo, umiliando se stesso a causa della limitatezza e dell’imperfezione della sua natura, supplisce alle deficienze naturali, venerando l’egoismo di un Tutto irreale, un Nulla di fatto.  

Il bisogno d’immaginare un ente perfetto e potente sopperisce all’incompletezza dell’umana natura, tormentata dall’angoscia esistenziale, assillata dal dubbio e dalla paura dell’ignoto.  

Al lancinante dolore dell’esistenza trova conforto venerando un’illusione.  

Per tacitare il timore del precario e mutevole divenire, s’immerge nell’oscurità della superstizione, credendo di attingere sicurezza e conforto.  

L’ideologia religiosa, impregnata di teorie astratte, sublima la transitorietà della concreta esperienza, imponendo concezioni dogmatiche, certezze e valori assoluti, che determinano sicurezza all’agire dell’uomo.  

La certezza della fede cristiana si fonda sulla credibilità di testimonianze inattendibili e sulla convinzione di poter conoscere cose non viste, percepibili nel profondo della coscienza.  

Non è una libera scelta, se la volontà è condizionata dall’educazione alla credenza sin dall’infanzia.  

L’ideologia cristiana, in quanto valore assolutizzato in forza di una fede rivelata da una pretesa divinità, è il metro con cui la Chiesa giudica l’agire umano, giustificandolo o criticandolo in rapporto alla conformità o non conformità ai propri dogmi e principi.

I catechizzatori cristiani influenzano i comportamenti degli adepti imponendo il
“cultus religionis”
 

L’egemonismo del cristianesimo, di una fede che si rinnova nella sua staticità, reinterpretando le sue pretese verità, ha dominato per secoli la cultura laica, subordinando lo stato ai suoi principi e contrastando la piena autonomia del potere civile rispetto a quello religioso.  

I suoi sistemi educativi e formativi sono finalizzati ad inculcare nella mente, sin dall’infanzia, norme e valori assoluti, condizionando i comportamenti e plagiando le coscienze.  

Il sistema di credenze religiose ed i relativi valori etici, inculcati nell’animo degli adolescenti con parole suadenti sin dalla prima educazione, sono assimilati acriticamente, imprimendosi indelebilmente.  

L’educazione emotiva alla superstizione magico-religiosa del cristianesimo scolpisce la coscienza infantile, conformandola al sentire di una fede e asservendola, anche in età adulta, ad una stretta dipendenza alla sacralità cristiana.  L’intelletto, soggiogato dal mito cristiano, è imprigionato nella gattabuia di una convinzione ideologica assoluta, di una fede incondizionata in un’entità inesistente, di una verità supposta rivelata da Dio.  


Non è facile estirpare ciò che si è radicato in noi sin dall’infanzia. 
 

Le norme religiose sono accettate come idee innate, naturali, che non richiedono punto un esame razionale o il sostegno di prove logiche.  

L’assolutismo religioso, in quanto ritiene d’essere universalmente valido, pretende d’imporsi a tutti. Non può scendere a compromessi con altre fedi, nei confronti delle quali alimenta il concetto di “diverso” fino all’estrema avversione per incompatibilità, se non addirittura fino alla repressione per necessità.  

Un acritico sistema educativo genera fanatismo e intolleranza.  

La storia è testimone della spietatezza criminale perpetrata nei secoli dalla violenza cristiana in nome dell’amore assoluto per un dio uno e trino.  

Le mire politiche del cristianesimo, e del cattolicesimo in particolare, sono volte a condizionare il corso storico, nella sua totalità, per dirigerlo verso la propria meta, prefissata in ogni tempo con una sua specificità.   

Dal sincretismo tra cultura religiosa e laica, conseguente all’alleanza fra trono e altare, il cristianesimo ha prodotto e adattato ai tempi una sua ideologia politica, auto-giustificativa, al fine di conquistare e conservare il potere sulle coscienze, legittimandosi.  

Persino una “sinistra” opportunista e buonista, per acquisire un più vasto consenso popolare legittimante, si è aggregata al giogo del carro clericale, lasciandolo correre a briglia sciolta.  

Finanche filosofi che si dichiarano laici, poco attenti alle idee scientifiche, crocifiggono la ragione per cercare una fede smarrita, soffrendo sussulti e riflussi, tentando di “credere di credere”, ossia d’illudersi di un Nulla, che sostituisce un vuoto mentale.  

Dio è la risposta irrazionale alle domande cui la scienza non può dare una spiegazione plausibile.  

Solo con il supporto della ragione fondata sulla concretezza, l’uomo può ritrovare l’io alienato nell’altro da sé..

Lucio Apulo Daunio
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DALLA COSCIENZA UMANA

ALL’ESSERE DIVINO
 
 


di Lucio Apulo Daunio
.


L’uomo ha conseguito, durante il suo lungo cammino dai primordi della vita, una consapevolezza di sé e del mondo esterno. É perciò provvisto di una vita interiore, di un pensiero con cui ragiona con se stesso. 
 

Manifesta altresì una vita esteriore, dialogando con il mondo esterno, da cui attinge conoscenze. La sua essenza non è solo ragione, ma anche sentimento, forza di volontà, istinto, carattere, personalità, intelligenza, passione.   

L’uomo dunque non è solo un’espressione della ragione, ma anche delle suggestioni indotte da sentimenti e passioni scaturenti, in un determinato periodo storico, dai rapporti con il mondo esterno e con se stesso.

Ha acquisito una coscienza con cui conversare, ma anche con cui fantasticare, inseguendo realtà immaginarie, fino ad idealizzare un altro da sé. 
 

La coscienza è lo specchio interiore, in cui l’uomo riflette la sua essenza.  

Avere sentore di sé, del proprio corpo, del mondo, ciò non implica necessariamente l’esistenza di una vitalità e di una realtà anche dopo la morte.  

L’intuizione del soprasensibile non implica l’esistenza effettiva di un Ente trascendente: ipostasi immaginifica, vana come i sogni della notte, dove tutto è confuso e tutto precipita nell’abisso del nulla con il risveglio della coscienza e della ragione.   

Oggettivandosi fuori di sé, l’uomo ha idealizzato la sua essenza rappresentandola nella forma di un Essere divino, sovrumano e perfettissimo, presumendolo esistente, eterno, creatore del mondo.  

Ascrivendo degli attributi all’Ente pensato, ha creduto che esso esistesse realmente, in una diversa dimensione.  

Ha creato un’immagine irreale di sé, estraniata da sé, in cui ha proiettato illusorie qualità ideali e ne ha fatto oggetto di culto.  

Rappresentando l’irrappresentabile nella nebulosità dello spazio senza limiti dell’immaginazione, ha creduto di vedere l’invisibile e sentire il non sensibile.  

Una divinità inintelligibile avvolge e stravolge l’uomo religioso durante la sua labile esistenza.  

L’opposizione tra uomo ed Essere divino è un’illusoria costruzione umana di un’entità astratta, modellata con l’immaginazione, da cui l’uomo fa dipendere la propria esistenza in questa e nell’altra vita.  

Dio è ciò che la mente e il sentimento dell’uomo hanno rappresentato esistente oltre il reale.  

L’immagine psicologica dell’essenza divina, intesa come verità assoluta da cui attingere certezze, si concretizzata in una fede religiosa, che induce a credere in un mondo ultraterreno e in una vita eterna dopo l’infausta morte.  

Religione è dipendenza e adorazione: l’una genera l’altra 

Ciò che l’uomo desidera avere al massimo grado, lo immagina presente nell’onnipotenza dell’Ente divino.  

L’illimitatezza di Dio riflette i desideri innumerevoli dell’uomo.  

La presunta esistenza di un’essenza divina, in quanto ritenuta vera, è creduta anche reale, ma di una realtà trascendente, quindi extrafisica, dunque ipotetica.  

Ciò che si crede vero, si crede che sia anche esistente, ancorché in una diversa realtà, conoscibile indirettamente tramite la “rivelazione” di un messia, come nel cristianesimo.  


Una vita d’eterna beatitudine in un mondo soprannaturale, in cui regna la divinità, non l’umanità, è l’agognata meta “post-mortem” del cristiano.  

La natura divina, sacralizzata e santificata, è opposta al mondo profano e peccaminoso.

Quanto più si apprezza l’illusoria positività dell’Ente divino
(“ens rationis”, puro pensiero senza concretezza), tanto più si disprezza la realtà, caratterizzata da negatività e limitatezze. 
 

L’inno trionfale dell’auspicata gioia paradisiaca, il “Gloria in excelsis Deo”,
si leva dagli abissi della sofferenza umana. 
 

Nell’armonia di Dio l’uomo religioso vede la conciliazione delle dissonanze del mondo.  

La credenza nell’assoluta eticità dell’entità divina è il riflesso dei sentimenti morali dell’uomo, la proiezione del suo dover essere in un essere perfettissimo.  

Dio è ciò che l’uomo immagina più grande d’ogni realtà, un ente perfettissimo, una dimensione senza limiti temporali e spaziali (Anselmo d’Aosta).

Egli è sempiterno, contrariamente all’effimera natura dell’uomo.
É luminoso e splendente: è luce che illumina le tenebre e vede, e vedendo conosce, e conoscendo sa. É onniveggente e onnisciente.
La sua onnipotenza è imperscrutabile. Il suo libero arbitrio è insindacabile. 
 

In verità, Dio è solo un nome prodotto dal “gioco” linguistico inerente alla speculazione religiosa: un’illusione, una speranza, una parvenza, oggettivazione dell’essenza umana idealizzata.  

Dal Logos, potente Verbo di Dio, si è fatto derivare l’esistente.  

L’infinita potenza di Dio è stata posta a fondamento di tutto il reale. Dio, un concetto astratto, si concretizza nel cristianesimo come Ente invisibile (purissimo spirito), sussistente in tre distinte mistiche sostanze d’identica natura 

Dall’autorevolezza della parola di un uomo, supposto messia, adorato come Figlio di Dio, i cristiani hanno creduto di trovare la salvezza per il genere umano, segnato da una presunta colpa originale 

Dalla provvida sventura della passione di un uomo, il Cristo Gesù, hanno dedotto l’attuazione della redenzione: positivo riscatto dal negativo del mondo.  

Con la potenza del nome di Cristo, Figlio di Dio e lui stesso Dio, i suoi seguaci, titolati di sacralità, scacciano diavoli, compiono prodigi, redimono colpe e fanno da tramite alle anime inquiete in cerca di beatitudini edeniche.  In realtà, dal nulla oltremondano non può derivare qualcosa di concreto in virtù di un potere divino (“ex nihilo nihil fit”) 


Se di ciò che sappiamo non abbiamo certezza assoluta, figuriamoci se da ciò che non è può derivare qualche sapere.  


Tutto si compie non per intervento divino, ma in seguito a fenomeni di cui solo in parte se ne conoscono le cause, per il resto, la scienza formula solo ipotesi e continua a perseverare nella ricerca.  

L’esperienza del divino, in quanto fuori della realtà, non rientra nell’ambito delle possibilità conoscitive dell’uomo. Solo la realtà oggettiva è relativamente conoscibile e interpretabile. Dio è un concetto estraneo alla realtà oggettiva, un non-senso rivestito d’enfasi e caricato di significati.

L’oltremondano  è un insieme concettuale di parole e immagini costruite artificiosamente.  

Credere nella reale esistenza dell’aldilà è possibile in virtù di una fede religiosa.  In realtà, l’Ente divino che si rappresenta nella mente è in relazione con l’immaginazione, non con l’esperienza.  

Dire che un asino vola, significa esprimere un concetto fittizio mediante termini che denotano cose e fatti concreti (ossia un asino e l’atto di volare proprio di certe specie d’animali).  

Dalla concretezza degli elementi non può desumersi la certezza espressa da un concetto. La fede in Dio,
Verità Assoluta, al vaglio della ragione critica, è una contraddizione in termini, in quanto la fede implica credenza in un assunto, non certezza di una verità
 

La fede cristiana è la credenza in una pretesa verità indiscutibile, rivelata da una supposta divinità umanizzata, testimoniata da testi inattendibili, tramandata dalla pervicace autorità di una Chiesa istituzionalizzata e legittimata 

Non c’è garanzia che la verità rivelata nei sacri testi pervenga da Dio e non dalla testa immaginifica degli uomini. Le trascendenti verità della fede cristiana non si fondano su certezze fattuali, su ipotesi verificabili o falsificabili dall’esperienza effettiva, perciò non si prestano all’esercizio critico della ragione, all’obiettività di una valutazione.  

La fede assoluta in un assunto metafisico, non sperimentabile, non controllabile, non falsificabile, non elimina l’errore, come fa invece la scienza.  

La fede implica la volontà di credere, ma questa non implica la verità delle cose, bensì l’opinione riguardo ad esse.    

L’interesse della Chiesa ad evangelizzare il mondo intero consiste nell’imporre “erga omnes” il proprio modello etico, religioso, politico, come l’unico voluto da Dio per la nostra salvezza nell’aldilà.  

La Chiesa, in quanto storicamente determinata, giuridicamente riconosciuta, coadiuvata da fedeli gregari e da politicanti codini, è lo strumento con cui il clero attua il proprio dominio sulla collettività, plagiando le coscienze con il mito di Cristo, mediante un sistema formativo d’indottrinamento “ad hoc”.  

In quanto “ecclesia”, ossia comunità di fedeli, essa tende ad egemonizzare la collettività, invadendo il sociale e socializzando la religione 

Il culto religioso rinsalda il legame dell’individuo con l’identità collettiva d’appartenenza ad un sistema sociale e culturale, espressione di un comune sentire, di un consenso collettivo.

L’angoscioso bisogno degli uomini di conoscere il mistero d’essere nel mondo trova puntuale risposta nella verità assoluta di una fede rivelata.
  

L’ideologia dominante della Chiesa, sia durante il lungo periodo medioevale sia in prosieguo di tempo,
ha egemonizzato le istituzioni dello stato, la società laica, la cultura, imponendosi come unica vera religione e statuendo precetti e norme etiche obbligatorie. 
 


Le prescrizioni del cristianesimo cattolico sono inculcate nelle coscienze sin dalla tenera età, fossilizzandosi in imperativi categorici in funzione dei dogmi e dei culti sotto i quali si celano le forze occulte del potere clericale.  

I preti, come gli stregoni, s’arrogano un sapere magico, mascherato di sacralità carismatica, drammatizzata con le imponenti scenografie, gli sfarzosi cerimoniali e i melodiosi canti gregoriani delle pratiche liturgiche. Il magico rituale religioso è finalizzato a soggiogare la massa dei fedeli, inducendoli alla pietà verso il divino e all’obbedienza verso chi in terra lo rappresenta (spesso indegnamente).  

Dio, giacché immaginato come un essere perfettissimo, pura ragione trascendente e suprema legge morale, non può che amare se stesso e creare tutto in funzione della sua gloria.  

L’uomo, umiliando se stesso a causa della limitatezza e dell’imperfezione della sua natura, supplisce alle deficienze naturali, venerando l’egoismo di un Tutto irreale, un Nulla di fatto.  

Il bisogno d’immaginare un ente perfetto e potente sopperisce all’incompletezza dell’umana natura, tormentata dall’angoscia esistenziale, assillata dal dubbio e dalla paura dell’ignoto.  

Al lancinante dolore dell’esistenza trova conforto venerando un’illusione.  

Per tacitare il timore del precario e mutevole divenire, s’immerge nell’oscurità della superstizione, credendo di attingere sicurezza e conforto.  

L’ideologia religiosa, impregnata di teorie astratte, sublima la transitorietà della concreta esperienza, imponendo concezioni dogmatiche, certezze e valori assoluti, che determinano sicurezza all’agire dell’uomo.  

La certezza della fede cristiana si fonda sulla credibilità di testimonianze inattendibili e sulla convinzione di poter conoscere cose non viste, percepibili nel profondo della coscienza.  

Non è una libera scelta, se la volontà è condizionata dall’educazione alla credenza sin dall’infanzia.  

L’ideologia cristiana, in quanto valore assolutizzato in forza di una fede rivelata da una pretesa divinità, è il metro con cui la Chiesa giudica l’agire umano, giustificandolo o criticandolo in rapporto alla conformità o non conformità ai propri dogmi e principi.

I catechizzatori cristiani influenzano i comportamenti degli adepti imponendo il
“cultus religionis”
 

L’egemonismo del cristianesimo, di una fede che si rinnova nella sua staticità, reinterpretando le sue pretese verità, ha dominato per secoli la cultura laica, subordinando lo stato ai suoi principi e contrastando la piena autonomia del potere civile rispetto a quello religioso.  

I suoi sistemi educativi e formativi sono finalizzati ad inculcare nella mente, sin dall’infanzia, norme e valori assoluti, condizionando i comportamenti e plagiando le coscienze.  

Il sistema di credenze religiose ed i relativi valori etici, inculcati nell’animo degli adolescenti con parole suadenti sin dalla prima educazione, sono assimilati acriticamente, imprimendosi indelebilmente.  

L’educazione emotiva alla superstizione magico-religiosa del cristianesimo scolpisce la coscienza infantile, conformandola al sentire di una fede e asservendola, anche in età adulta, ad una stretta dipendenza alla sacralità cristiana.  L’intelletto, soggiogato dal mito cristiano, è imprigionato nella gattabuia di una convinzione ideologica assoluta, di una fede incondizionata in un’entità inesistente, di una verità supposta rivelata da Dio.  


Non è facile estirpare ciò che si è radicato in noi sin dall’infanzia. 
 

Le norme religiose sono accettate come idee innate, naturali, che non richiedono punto un esame razionale o il sostegno di prove logiche.  

L’assolutismo religioso, in quanto ritiene d’essere universalmente valido, pretende d’imporsi a tutti. Non può scendere a compromessi con altre fedi, nei confronti delle quali alimenta il concetto di “diverso” fino all’estrema avversione per incompatibilità, se non addirittura fino alla repressione per necessità.  

Un acritico sistema educativo genera fanatismo e intolleranza.  

La storia è testimone della spietatezza criminale perpetrata nei secoli dalla violenza cristiana in nome dell’amore assoluto per un dio uno e trino.  

Le mire politiche del cristianesimo, e del cattolicesimo in particolare, sono volte a condizionare il corso storico, nella sua totalità, per dirigerlo verso la propria meta, prefissata in ogni tempo con una sua specificità.   

Dal sincretismo tra cultura religiosa e laica, conseguente all’alleanza fra trono e altare, il cristianesimo ha prodotto e adattato ai tempi una sua ideologia politica, auto-giustificativa, al fine di conquistare e conservare il potere sulle coscienze, legittimandosi.  

Persino una “sinistra” opportunista e buonista, per acquisire un più vasto consenso popolare legittimante, si è aggregata al giogo del carro clericale, lasciandolo correre a briglia sciolta.  

Finanche filosofi che si dichiarano laici, poco attenti alle idee scientifiche, crocifiggono la ragione per cercare una fede smarrita, soffrendo sussulti e riflussi, tentando di “credere di credere”, ossia d’illudersi di un Nulla, che sostituisce un vuoto mentale.  

Dio è la risposta irrazionale alle domande cui la scienza non può dare una spiegazione plausibile.  

Solo con il supporto della ragione fondata sulla concretezza, l’uomo può ritrovare l’io alienato nell’altro da sé..

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 Che cosa è una religione?

Premessa:

Miliardi di persone credono di appartenere a religioni che in effetti non hanno mai scelto, che sono state loro imposte dalle loro società, fin dalla nascita, con condizionamenti subliminali e ritualismi finalizzati, che conoscono con superficialità distorta e banalizzata, mentre ignorano di essere vittime inconsapevoli del Caso e delle coordinate geografiche del luogo di appartenenza. Nonostante ciò, in modo eterodiretto, accettano sacrifici, si autoumiliano, combattono, odiano il diverso ed arrivano anche ad uccidere in nome di qualcosa che è loro caduto banalmente e casualmente sulla testa come la mela di Newton

 

Quando si dice religione si intende antropologicamente quel noto settario, in senso buono,spirito di gruppo che la storia ci ha fatto conoscere, mosso dal desiderio, spesso anche violento, di egemonizzare ed omologare a se stessi gli altri,
di “colonizzare” ideologicamente e comportamentalmente individui e popoli, che impone riti di iniziazione e condizionamenti psichici fin dalla più tenera età, che pretende obbedienza agli addetti ai lavori della casta sacerdotale e che troppo spesso perseguita il dissenso.

Insomma un movimento politico ed ideologico totalizzante e di
potere.

A mio avviso, invece, l’etica collettiva e la morale individuale non provengono da queste organizzazioni finalizzate bensì dal profondo del cuore degli umani, dal vibrare dello spirito, dalla logica della condivisione e della reciprocità, dalla empatia dei sentimenti, e le vedo come traguardi laici, della nostra specie e del suo patrimonio filogenetico,
senza la necessità di mediazioni, oltretutto così diverse ed incompatibili e ostili tra loro quali sono le religioni istituzionalizzate.

A questo punto vediamo come e perché le religioni, il plurale è d’obbligo, siano controproducenti nel percorso di automaturazione dell’etica e del messaggio morale.
Innanzitutto, che significato ha “l’appartenere” ad una religione che dopo tutto è soltanto una credenza ereditata dal corpo sociale in cui siamo nati e vissuti, da noi non scelta ma fondamentalmente impostaci fin dalla più tenera età.

Chiunque pensi di “credere” in una qualsiasi religione deve onestamente ammettere che egli deve quella religione, anzicchè una qualsiasi altra, soltanto al Caso, a sua totale insaputa.
 
Egli la deve soltanto al dato fortuito di dove e quando il
Caso lo ha fatto nascere, a quali genitori, lingua, clima ambiente storico e geopolitica il Caso lo ha predestinato, proprio come se il suo cervello, come un robot, fosse inderogabile funzione matematica delle coordinate geografiche del suo luogo di nascita guarda caso,
chi nasce a Delhi è indù,
a Oslo è luterano,
a Tel Aviv ebreo,
cattolico in Italia e
scintoista in Giappone,
buddhista in Thailandia,
a Mosca ortodosso,
in Inghilterra anglicano e
calvinista in Scozia,
musulmano sunnita in Arabia,
sciita in Iran,
ismailita a Hunza in Pakistan e
sikh ad Amritsar
in
Punjab, mormone
a Salt Lake City,
animista tra gli inuit e in tante foreste del mondo, e
così via per valdesi, quaccheri, rastafariani, parsi, amish e quant’altro si può trovare nel grande emporio mondiale delle religioni contemporanee.

Assodato ciò, ed è vero, c’è da
chiedersi: può mai una religione, ognuna delle tante, presentarsi come un “assoluto”, una presunta “verità” come esse amano vantarsi, o siamo piuttosto all’acme di quel relativismo religioso apprezzato dal Dalai Lama e tanto condannato da Ratzinger?

Io direi soltanto che siamo nel pieno dominio dell’antropologia, cioè di quella scienza che studia tutti gli aspetti della fenomenologia umana.


Paolo Bancale

[Modificato da ReteLibera 29/11/2011 17:47]
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 Profilo del credente

L’antinomia tra ragione e fede, tra pensare e credere, tra libertà e necessità è antica.

Il credente, questa figura così dipendente ed etero diretta, proprio in quanto credente ubbidisce
alla sua religione e ne accetta tutto: miti, riti, culti, fantasie irrazionali, miracoli, magie,imposti spesso con la violenza associata al concetto di dogma o con la pretestuosità di quello

di rivelazione.

Ma nonostante ciò tutti i credenti di ogni fede sostengono in modo assolutamente acritico e fideistico la assoluta giustezza dei loro riti, miti, dogmi per quanto spesso
fantasiosi appaiano,
mai a nessuno viene in mente, peccato! che se il Caso avesse girato in
modo appena diverso,
egli riderebbe di quello che fa, mentre crederebbe in quei riti, miti
dogmi che oggi considera falsi e ridicoli.
 
Il condizionamento mentale ed affettivo di
questo credente, non importa di quale religione, è stato reso totale fin da quando ha aperto gli occhi, nella culla, e poi per tutta la sua  infanzia e fanciullezza, come per gli animali di Pavlov e di Lorenz, perfettamente in linea con le direttive del filosofo cattolico del 1800, che, d’accordo con i gesuiti prescriveva “Dateceli fin da bambini, affidateceli dai quattro ai dieci anni, e vedrete che non cambieranno più idea!”.

Il che in onesti termini psico-biologici
significa averli programmati come replicanti senza che loro abbiano nemmeno la capacità di rendersene conto.

Farlo notare ai credenti non varrebbe a nulla poiché, come dice
Immanuel Kant “L’illusione non può essere sradicata da nessun insegnamento

Paolo Bancal

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Pensiero magico ed onnipotente

Le religioni sono una produzione di massa di obbedienti: acritici, in buona fede anche neiloro frequenti autoinganni, imitativi, intelligenti e colti quando già lo sono, ma per tutti loro l’imprinting dell’infanzia li blocca nel loro profondo.

E non è l’aspetto cognitivo dottrinale quello che conta poiché normalmente lo ignorano, bensì quel prepotente e
incontrollabile condizionamento affettivo, interiore, di dipendenza e fascinazione, unavera morsa che blocca la lucidità valutativa ed alimenta un bisogno astratto al limite del compulsivo, che va sotto il nome di “fede”.

Principale caratteristica di questo particolare
stato psico-mentale-emotivo sta nel far apparire accettabile e plausibile qualsiasi ipotesi o costruzione fantastica, diciamo mitologico teologica, anche la più impossibile e irrazionale, che viene vista nell’ottica del  “così è scritto, così mi hanno detto e perciò così è”. Logica, senso comune, verificabilità e scienza non contano nulla, non c’è attenuazione della critica bensì la sua totale soppressione.

Vale il “così mi hanno detto” in una apoteosi di pensiero magico, ovvero quello che Jean Piaget e Bruno Bettelheim riscontravano nel pensiero
di menti semplici come quelle dei bambini e dei primitivi e che essi chiamarono “onnipotenza del pensiero”, cioè l’attitudine a dare crisma di verità a ciò che si è pensato e ci connvince, vedi le favole.
 
“L’uomo preferisce credere ciò che vorrebbe che fosse vero” diceva
Francesco Bacone e Terenzio “Noi crediamo in ciò che speriamo ardentemente”.


Antropologia doc, “Umano, troppo umano”concluderebbe Nietzsche


Paolo Bancale

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David Hume:
“E’ bastato Galileo per insinuare il dubbio là dove prima c’erano soltanto solide certezze”.
 


Charles Darwin:
“Ho sempre cercato di mantenere la mente libera in modo da poter abbandonare qualsiasi ipotesi a prescindere da quanto la avessi amata”.
 




Immanuel Kant:
“L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità che è da imputare a lui stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro.

Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza.

Questo è il motto dell’Illuminismo” 


Siddharta il Buddha:
“Non fidatevi mai di una credenza solo perché la avete udita spesso e
quindi vi è familiare, né fidatevi dei testi sacri, né di opinioni e teorie non verificate, né di un  monaco per il fatto che egli è il vostro maestro: è unicamente la vostra personale esperienza critica che deve convincervi.

[Modificato da ReteLibera 29/11/2011 18:19]
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