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Il Vaticano e la mafia

Ultimo Aggiornamento: 12/03/2012 16:03
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Chiesa
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FABIO TONACCI E FRANCESCO VIVIANO da Repubblica.it

Tre rogatorie sul riciclaggio
ma la Santa Sede non risponde


Dall'inchiesta sulla morte di Roberto Calvi nascono una serie di domande imbarazzanti per il Vaticano sui rapporti dello Ior con la mafia e il crimine. Alla quale non è mai stata data risposta. Ora il neo ministro Severino dovrà riproporle. Da Oltretevere, questa volta, dovrebbero rispondere: ne va della procedura per entrare nella lista degli "Stati virtuosi" e della richiesta del Papa di una nuova trasparenza


ROMA – Tre pezzi di carta imbarazzano la Santa Sede. E potrebbero far scoppiare un grave incidente diplomatico con il governo italiano. Sono le tre rogatorie che la procura di Roma ha inviato tra il 2002 e il 2008 all'autorità giudiziaria vaticana, indispensabili per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato, a scopo riciclaggio, su alcuni conti segreti dello Ior, l'Istituto per le Opere di Religione.

Un'indagine nata da una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati Neri (Blackfriers) nel giugno del 1982.

Al Vaticano sono stati richiesti documenti bancari e atti confidenziali che pescano direttamente nel passato più torbido della "banca di Dio", quello degli scandali Sindona e Calvi, del crack del Banco Ambrosiano, dei miliardi di dubbia provenienza nascosti al fisco e spediti all'estero sotto la direzione di monsignor Paul Marcinkus, presidente dello Ior dal 1971 al 1989, morto nel 2006. Ma nonostante i passi avanti nella trasparenza finanziaria fatti dalla Santa Sede, le rogatorie, cioè le richieste di collaborazione giudiziaria per eseguire atti processuali fuori dal territorio nazionale di competenza (tra Italia e Stato Vaticano, in questo caso), rimbalzano da un ufficio all'altro tra le mura dello stato della Chiesa, senza risposta.

Un silenzio lungo ormai dieci anni che ha spinto il magistrato romano Luca Tescaroli, titolare dell'inchiesta su Calvi, a scrivere lo scorso 16 dicembre al neoministro della Giustizia Paola Severino perché si attivi ufficialmente nei confronti del governo della Chiesa e "solleciti l'evasione delle rogatorie". Una "rogna diplomatica" per il governo italiano, stretto tra due necessità: mantenere i buoni rapporti stabiliti con il Vaticano ma anche mandare segnali concreti di contrasto al riciclaggio e all'evasione fiscale.

Che Cosa Nostra abbia nascosto una parte dei suoi capitali nello Ior e nel Banco Ambrosiano è una realtà giudiziaria assodata dalla Corte d'Assise d'Appello di Roma, nella sentenza del 7 maggio 2010 di assoluzione con formula piena per Giuseppe "Pippo" Calò, Ernesto Diotallevi e Flavio Carboni, imputati per l'omicidio di Calvi.

Scrive nell'occasione la Corte: "Cosa Nostra impiegava il Banco Ambrosiano e lo Ior come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo emerso è che avvenivano quanto meno anche ad opera di Vito Ciancimino (ex sindaco mafioso di Palermo, morto nel 2002, ndr) oltre che di Giuseppe Calò". Lo stesso Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ha più volte raccontato di operazioni bancarie sospette e rapporti del padre con alti prelati dello Ior.

Ecco quindi perché le tre rogatorie "mai evase" assumono un ulteriore e nuovo interesse investigativo.

Con la prima, datata 28 novembre 2002, la procura chiedeva al Vaticano di "verificare i flussi finanziari intercorsi nel periodo 1976-1982" tra lo Ior e una serie di banche italiane ed estere, come il Banco di Sicilia, la Sicilcassa di Palermo, il Banco Ambrosiano (sedi italiane ed estere), la Banca svizzera del Gottardo e la rete di società ad esse collegate in Perù, Argentina, Bahamas, Nicaragua, Lussemburgo e Venezuela. Non solo, si chiede di accertare se "nell'anagrafe clienti dello Ior ci siano i nomi di persone coinvolte nelle indagini", di individuare "quali fossero le società riconducibili allo Ior nel periodo 1975-1982", "quali quelle interessate al rastrellamento di azioni del Banco Ambrosiano" e quali fossero "le operazioni riconducibili alla società Inecclesia (una finanziaria venezuelana, ndr)".

In pratica la Santa Sede dovrebbe accettare di aprire un cassetto tenuto sigillato per trent'anni. E svelare la ragnatela di attività e di finanziamenti dell'Istituto per le Opere di Religione, nascoste per anni dietro lo status di "soggetto autonomo in uno stato extracomunitario", opaco al fisco e al di fuori delle normative internazionali in materia bancaria.

Nella seconda rogatoria, del 23 gennaio 2004, il magistrato italiano chiedeva di visionare i "telex riguardanti operazioni effettuate da Calvi sull'estero sfruttando le strutture materiali della Città del Vaticano".

Nell'ultima, la più recente, datata 20 novembre 2008, punta ad accertare se e quando le due lettere scritte a macchina da Calvi pochi giorni prima di morire e dirette a papa Giovanni Paolo II e al cardinale Pietro Palazzini, all'epoca prefetto della Santa Congregazione delle cause dei Santi, siano state ricevute dai destinatari. Lettere dal contenuto contraddittorio e per alcuni non autentico, nelle quali Calvi, spaventato e disperato, sentendosi "braccato" racconta nei dettagli alcune operazioni finanziare "imbarazzanti" condotte sotto copertura per conto di alti prelati.

Le domande della procura romana fino ad oggi non hanno avuto risposta. Una mancanza di collaborazione che potrebbe congelare la procedura avviata dal Vaticano per entrare nella "white list" degli stati "finanziariamente virtuosi", cominciata nel 2009 con la firma della convenzione monetaria con l'Ue e che avrà a metà del 2012 un passaggio decisivo con la presentazione al Consiglio d'Europa del rapporto finale di un gruppo di esperti su come lo stato della Chiesa si è adeguato al sistema di antiriciclaggio vigente nell’Unione.

Con questo obiettivo il 30 dicembre del 2010, infatti, Papa Benedetto XVI ha promulgato la legge n.127, in vigore dall'aprile di quest'anno, che colpisce il riciclaggio del denaro sporco e il finanziamento del terrorismo. All'articolo 41 si legge che la neonata Autorità di informazione finanziaria pontificia "scambia informazioni in materia di operazioni sospette e collabora con le autorità degli Stati esteri che perseguono le medesime finalità di prevenzione e contrasto del riciclaggio". Per ora, a quanto pare, solo a parole. 

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Tanto per ricordare con chi abbiamo a che fare ...



Per la prima volta, il dipartimento di Stato americano ha inserito il Vaticano nell’elenco degli stati che suscitano “preoccupazione” in materia di riciclaggio di denaro sporco. La notizia viene dalla Reuters. Il Vaticano non è stato classificato “ad alto rischio”, almeno per ora, ma fa parte della seconda categoria (su un totale di tre). La decisione è stata presa in quanto le sue istituzioni finanziarie si sono dimostrate “vulnerabili” al riciclaggio. La sfida decisiva è prevista per giugno: sarà allora che si deciderà se le misure adottate dalla Santa Sede basteranno a evitare l’inserimento nell’imbarazzante elenco dei paradisi fiscali redatto dalle authority finanziarie internazionali(Uaar)

Lo scandalo Ior, quello del banco Ambrosiano, i rapporti con la mafia e la banda della Magliana, almeno agli americani qualcosa hanno insegnato ...

 

[Modificato da ReteLibera 12/03/2012 16:03]
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