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Ora di religione, chi predica bene e razzola male

Ultimo Aggiornamento: 12/03/2012 16:21
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Ora di religione, chi predica bene e razzola male




C’è maretta nelle scuole di Palermo. I 550 insegnanti di religione della città hanno alzato gli scudi contro la Curia. Motivo: l’ufficio diocesano, ci informa Repubblica, ha chiesto loro di presentare un certificato di idoneità morale firmato dal parroco pena l’esclusione dall’incarico. Questo perché tra i portatori della parola di dio nelle aule scolastiche ce ne sarebbero alcuni che non rispettano i precetti cattolici:  separati,divorziati o conviventi non possono fornire una corretta
“testimonianza di vita cristiana”. Insorge il sindacato degli insegnanti di religione, lo Snadir, secondo cui la testimonianza cristiana” è implicita nell’idoneità all’insegnamento già stabilita dalla diocesi.

Già, il punto è proprio questo. Secondo l’Intesa tra l’autorità scolastica e la
Conferenza episcopale italiana (DPR n. 751 del 16 dicembre 1985 aggiornato al 5 agosto 2002), l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche «deve essere impartito in conformità alla dottrina della Chiesa da insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica e in possesso di qualificazione professionale adeguata». Ora, l’autorità ecclesiastica non deve certo rendere conto allo Stato italiano – essendo un ente di uno stato terzo al quale è stata delegata la scelta dei docenti – dei criteri di idoneità.

La vicenda fa emergere due contraddizioni di diversa natura. La prima, già nota, riguarda proprio le ore di insegnamento confessionale gestite in tutto e per tutto dalla Curia (selezione del personale, programmi, libri di testo) tranne, guarda caso, per gli aspetti economici che sono a carico dello Stato

Gli insegnanti di religione sono inseriti a pieno titolo nelle graduatorie statali (e nel libro paga relativo) senza che lo Stato stesso possa verificare la loro idoneità come fa con tutti gli altri docenti. E in caso di revoca dell’incarico – come potrebbe succedere ad alcuni degli insegnanti palermitani per uno stile di vita non conforme alla dottrina della Chiesa – restano in tutto e per tutto dipendenti statali.

La seconda mette il dito nella piaga dell’ipocrisia cattolica. E potrebbe anche non interessarci se non riguardasse, come in questo caso, la scuola pubblica. 

Quanti tra quelli che si dichiarano cattolici seguono alla lettera gli insegnamenti della Chiesa?

Quanti sono quelli che vanno a messa, si confessano, fanno la comunione, non praticano sesso se non finalizzato alla riproduzione, non usano mezzi contraccettivi, non divorziano, non abortiscono, non tradiscono il coniuge, non rubano, non mentono e via dicendo? 

Per saperlo, basterebbe focalizzarsi sull’aspetto riproduttivo e dare una rapida occhiata ai tassi di natalità del nostro paese a “prevalenza cattolica”. Pensare che sia così basso (circa 1,3 figli per donna – dati Istat 2011) a causa di astinenza o sterilità dei coniugi appare una patetica barzelletta ad uso e consumo della Chiesa che finge di non vedere pur di non svuotare le parrocchie. E i fedeli le sono ben grati, perché se fosse richiesto loro un comportamento coerente con i principi del cattolicesimo dovrebbero rinunciare all’appartenenza al gregge.

Che la Chiesa promulghi principi retrivi, anacronistici e inadeguati alla società contemporanea è un fatto. 

Ma chi dichiara di agire in suo nome, nella vita e nel lavoro, dovrebbe prendersi carico di tutti gli oneri oltre che degli onori. 

Che un cattolico abbia la possibilità, solo per la religione che professa e in barba ai principi di uguaglianza costituzionale tra cittadini,  di svolgere una professione all’interno di una struttura pubblica quale la scuola è già un aberrante controsenso, ma almeno per deontologia “professionale” dovrebbe attenersi nella propria vita agli stessi principi che è chiamato a trasmettere ai suoi alunni. 

Può insegnare, da convivente, che l’unica unione valida davanti a dio è quella del matrimonio (in Chiesa)?

O che la contraccezione è bandita dalla Chiesa senza avere una schiera di figli?

 La diocesi di Palermo sta solo, dal suo punto di vista, rimarcando la necessità di coerenza

E magari lo facessero tutte le diocesi: nel giro di un mese a insegnare religione rimarrebbero solo preti e suore

E a ben spulciare nelle loro “condotte morali”, forse neanche quelli. 

Chissà che a quel punto la contraddizione di una disciplina ideologica, anticostituzionale e discriminatoria, ancorché facoltativa, non esploda in tutta la sua evidenza fino a far relegare l’insegnamento della religione nei suoi luoghi deputati, ossia le parrocchie?

 

[Modificato da ReteLibera 12/03/2012 14:09]
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"Buona condotta" per i prof di religione
ma tra i docenti scoppia la rivolta

 

La Curia chiede ai docenti di farsi certificare dai parroci la "buona condotta" cristiana: moralità, amicizie, partecipazione alle attività della chiesa, situazione coniugale. 

Ma loro non ci stanno: "Abbiamo già l'idoneità, questo è un certificato superfluo"

 di SALVO INTRAVAIA

 

 

PALERMO - Insegnanti di religione delle scuole palermitane sul piede di guerra. Il Servizio diocesano per l'insegnamento della religione cattolica della diocesi di Palermo, per l'anno scolastico 2012/2013, ha chiesto a tutti i docenti di religione, anche quelli di ruolo, la certificazione di appartenenza ecclesiale per continuare ad insegnare.

Cioè il documento che dovrebbe certificare il possesso delle qualità morali di coloro che entrano in classe per insegnare la religione, ritenuto dagli insegnanti "improprio" perché non contemplato da nessuna delle 223 diocesi italiane.

Ma loro non ci stanno e protestano: "Ci sentiamo vessati e non comprendiamo il perché di questa ulteriore certificazione che va oltre quello che prevede la normativa", spiega uno degli insegnanti, che preferisce rimanere nell'anonimato. "Non funziona affatto in questo modo", sbotta un altro insegnante, che non ha nessuna intenzione di presentare la certificazione richiesta. "Noi di ruolo - prosegue - siamo in possesso sia del titolo sia dell'idoneità rilasciata dall'ordinario diocesano che non ha scadenza. 

 

 

Se qualcuno non ha un comportamento consono è la Curia che deve contestargli l'addebito e aprire un vero e proprio processo che può portare alla revoca dell'idoneità. Non si può fare di tutta l'erba un fascio". "È assurdo - replica un altro ancora - e non è mai avvenuto prima che fosse il parroco di una chiesa a compilare un modulo con il giudizio sugli insegnanti di religione di ruolo".

Tutto questo perché parrebbe che la condotta di alcuni prof di Religione non sia proprio irreprensibile e don Giuseppe Todaro, a capo dell'Ufficio diocesano che si occupa della categoria, abbia deciso di vederci chiaro, chiedendo ai parroci conferma delle qualità morali dei propri insegnanti attraverso un questionario. 

 

L'insegnante dovrebbe presentarsi dal parroco della chiesa che frequenta abitualmente con il quale dovrebbe farsi una bella chiacchierata. Alla fine della discussione, il prete prende carta e penna per mettere nero su bianco se la persona che ha avuto di fronte vive "in modo conforme ai canoni" del Codice di diritto canonico e precisamente sia eccellente "per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica", se si impegna "nella vita della parrocchia, nella catechesi e nella carità", se è "coerente con la fede professata" e vive in "piena comunione ecclesiale" e se è stimata nell'ambiente "per serietà professionale e per i rapporti sociali". E ancora se è "separato, divorziato" o se convive.


 

 Poi mette tutto in busta chiusa apponendo sulla stessa la dicitura "riservata" e la consegna all'interessato che deve recapitarla all'ufficio Irc (Insegnamento religione cattolica) della diocesi di Palermo. E se il profilo dell'insegnante descritto dal parroco non dovesse soddisfare il vescovo, potrebbe anche scattare la revoca dell'idoneità.

"Contestiamo tre punti in questo modo di procedere - dichiara Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir, il sindacato dei docenti di religione - La cosiddetta "testimonianza di vita cristiana" per insegnare Religione è già attestata dall'idoneità di cui sono in possesso i docenti di ruolo e non va acquisita nuovamente. Inoltre, monsignor Todaro si rivolge al parroco del luogo di residenza del docente, mentre il diritto canonico parla di luogo di domicilio e, infine, sembra disconoscere l'iter procedurale per la revoca dell'idoneità all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Se occorre contestare a qualcuno un comportamento non idoneo gli si dia la possibilità di difendersi e si seguano le corrette procedure. Attendiamo comunque un incontro con monsignor Todaro dal quale ci aspettiamo una soluzione al problema".

 

 



 

QUESTE E TANTE ALTRE , SONO LE BUFFONATE CHE PARTORISCE


LA CHIESA CATTOLICA ROMANA E IL SUO LIBRO SACRO!!!


[Modificato da ReteLibera 12/03/2012 16:21]
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