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“L'Aids? Non è un destino fatale, con l’aiuto di Dio possiamo sconfiggerlo”

Ultimo Aggiornamento: 25/06/2012 14:18
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“L'Aids?

Non è un destino fatale,

con l’aiuto di Dio possiamo sconfiggerlo”

 
  
 
Tarciso Bertone
TARCISO BERTONE


Tarcisio Bertone alla VIII Conferenza Internazionale 'Dream' promossa dalla Comunità di Sant'Egidio. “Il 30 % dei centri mondiali anti Hiv sono cattolici

REDAZIONE
ROMA

 

 

Intervenendo  alla VIII Conferenza Internazionale 'Dream' promossa dalla Comunità di Sant'Egidio sul tema dell'Aids, il segretario di Stato Tarcisio Bertone ha detto: “Non possiamo continuare a tollerare la morte di tante madri; non possiamo pensare a migliaia di bambini come una generazione perduta. Nulla è perduto: l'Africa ha sufficienti energie ed è il continente della speranza".

 

"Papa Benedetto XVI con tutta la Chiesa - ha proseguito il cardinal Bertone - ama l'Africa e invia la sua benedizione a questa Assemblea. 

Siamo impegnati con voi in questa lotta per la vita, sappiamo che l'Aids non è un destino fatale dell'umanità. Tutti insieme, con l'aiuto di Dio, abbiamo la possibilità e la forza per sconfiggerlo. Abbiamo il dovere di promuovere con rinnovato slancio il dono della vita". Il cardinale ha aggiunto che "in questa sede, a nome del Santo Padre, mi faccio voce di tanti sofferenti, di tanti malati che non hanno voce" e ha spronato la Comunità Internazionale, gli Stati e i donatori, a fornire "presto ai malati di Aids una cura gratuita ed efficace. Che sia consentito l'accesso universale alle cure!".

 

Infine Bertone ha ricordato che la Chiesa "é molto preoccupata per questo vero dramma del nostro tempo" e che attualmente circa il 30% dei Centri per la cura dell'Hiv-Aids in tutto il mondo sono cattolici. Il suo intervento è stato molto applaudito

[Modificato da ReteLibera 23/06/2012 02:02]
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PRETI MALATI D’AIDS:

L’EPIDEMIA CHE PER IL VATICANO “NON ESISTE”

 

Per la chiesa le unioni omosessuali sono una “deplorevole distorsione” e l’adozione da parte di genitori gay “un grave pericolo”.

Il Vaticano sostiene da sempre che alle lesbiche e ai gay dovrebbe essere rifiutato il diritto di adottare, di condividere l’esercizio della patria potestà, di allenare, di essere ordinati sacerdoti o di prestare servizio militare. Addirittura i preti che difendono i loro parrocchiani gay sono ridotti al silenzio e persino allontanati dal loro ministero.

Se poi affrontiamo un problema come l’Aids, la chiesa la ritiene una sorta di castigo divino per omosessuali, drogati e per chiunque viva una sessualità “disordinata”.

Viste queste posizioni, non stupisce che il caso dei preti malati di Aids sia occasione non di applicazione delle virtù cristiane, ma del massimo disagio e della massima ipocrisia.

Sui loro certificati di morte è scritto deceduto per polmonite o linfoma, mai, o raramente per Aids.

Un’attenzione in più per chi ha deciso di scegliere il celibato o forse una mistificazione per non ammettere apertamente che l’Aids è una malattia che sta uccidendo non solo i gay e gli eterosessuali, ma anche i preti cattolici della puritana America

Secondo un’inchiesta del Kansas City Star, quotidiano del Midwest, i sacerdoti cattolici sarebbero colpiti dal virus Hiv addirittura quattro volte di più della media della popolazione americana

L’inchiesta svolta dal giornale americano è stata lunga e approfondita.

Nel solo Missouri e nello stato del Kansas, almeno 16 preti e due religiosi di ordine superiore sono morti di Aids negli ultimi anni. Ma dalle testimonianze raccolte questa sarebbe solo la punta di un iceberg. L’inchiesta del quotidiano è basata sullo studio dei certificati di morte e su interviste con decine di esperti, di medici e religiosi.

Il dottor Farley Cleghorn, dell’Istituto di virologia di Baltimora, ha ammesso di aver curato una ventina di religiosi. E tutti, quando si sono recati dal medico, hanno chiesto fosse mantenuto il segreto sul loro stato di malati.

Tremila questionari anonimi sono stati inviati ad altrettanti sacerdoti, oltre 800 hanno risposto ammettendo che il problema esiste.

Sei religiosi su dieci hanno dichiarato di conoscere almeno un collega morto di Aids, un terzo di conoscere un sacerdote malato di Aids e alla domanda sul loro orientamento sessuale il 15% si è dichiarato gay e il 5% bisex.

Charlie Isola, medico di New York, intervistato dal quotidiano, ha ammesso che tutti i preti da lui curati avevano un’età compresa tra i 40 e i 60 anni e avevano contratto l’infezione sessualmente.

Joseph Barone, psichiatra, istituì di nascosto una ricerca sull’Aids nel clero.

Effettuò analisi e controlli su decine di seminaristi del College, fornendo loro nomi fittizi. I seminaristi vennero remunerati come volontari per la ricerca. Il risultato fu che uno su 12 era sieropositivo. La maggior parte era gay e aveva contratto l’Aids attraverso il rapporto sessuale. Un prete che aveva contratto il virus lo aveva trasmesso ad altri otto preti.

Perché secondo gli esperti sentiti dal Kansas City Star, nonostante ci siano molti modi per contrarre l’infezione, il contagio per i preti cattolici americani è avvenuto, nella maggior parte dei casi, attraverso il rapporto sessuale.

La Chiesa cattolica americana conosce il problema. Non a caso, secondo il Kansas City Star, ”la maggior parte delle diocesi e degli ordini religiosi ha iniziato a richiede agli aspiranti seminaristi il test anti-Aids prima dell’ordinazione”.

Non si conosce precisamente il numero dei preti morti di Aids o Hiv positivi: spesso infatti l’unico loro compagno è il silenzio, e i pochi che hanno il coraggio di confidarlo a un superiore vengono confinati e tenuti nascosti.

Suscitò comunque scalpore il caso dell’arcivescovo Emerson J.Moore della diocesi di New York, che nel 1995 si fece ricoverare in una clinica specializzata del Minnesota facendo scrivere sulla cartella clinica che era un semplice «lavoratore dell’industria».

Quando morì scrissero sul certificato «per cause naturali sconosciute».

Le associazioni degli attivisti contro l’Aids che lo hanno assistito per mesi insorsero facendo causa all’ospedale e questo fu costretto a fare marcia indietro e a scrivere la verità sul certificato di morte (ma glissò sulla sua vera professione).

Il Vaticano non commenta e lascia la parola ai vescovi locali

Anche in Italia esistono casi di preti sieropositivi o con Aids.
Il settimanale “Panorama”, in due articoli apparsi nel giugno e nel novembre del 2000, rivelò che anche da ci sono centri specializzati per la cura dei sacerdoti omosessuali malati di Aids. La ricerca ne ha individuati due: uno a Trento, e uno a Genova.

Don Mazzi, sempre attraverso un’intervista a “Panorama”, afferma che il fenomeno dei preti sieropositivi in Italia c’è, e riguarda, per sua esperienza diretta, preti eterosessuali che ha assistito fino alla morte.

Ma il dilemma riguarda sempre la domanda: “E come affronta la chiesa di Roma questo tipo di problemi?

Al che Don Mazzi risponde: “Delega ai vescovi. Ma se il mondo va male non è perché nella Chiesa qualche sacerdote ha fatto l’amore o un figlio, ma perché tutti gli altri sono poco preti.

Anche quelli con la tiara in testa

[Modificato da ReteLibera 23/06/2012 02:12]
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Bertone sull’Aids: cure sì, preservativi no.

Meglio il catechismo


Ai malati di Aids del continente africano bisogna fornire «una cura gratuita ed efficace. Che sia consentito l’accesso universale alle cure. Non perdiamo tempo e investiamo le tutte risorse necessarie». Così il cardinal Bertone ha esordito alla VIII Conferenza Internazionale Dream organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio sul tema dell’Aids. E ha continuato: «L’accesso universale alle cure è raggiungibile, scientificamente provato ed economicamente percorribile. Non è un’utopia: è possibile. Anche in Africa come in Europa abbiamo il dovere di raggiungere ogni donna sieropositiva in gravidanza, somministrarle la terapia antiretrovirale, consentirle di dare alla luce un bambino libero dall’Aids e di farlo crescere con il suo accompagnamento materno. La mortalità materna in Africa è, in forte percentuale, legata all’Aids».

Che la Chiesa abbia finalmente preso coscienza del problema trasportandolo dal piano morale a quello sanitario?

Macché: l’Aids, per Bertone e compagnia, si può curare ma non prevenire. In poche parole nessuna apertura ai preservativi, a oggi il miglior mezzo di difesa dal contagio.  D’altronde Benedetto XVI l’aveva detto forte e chiaro in Angola qualche anno fa: l’epidemia di Aids che affligge i popoli africani «non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi, aumentano i problemi».

Ed ecco che ora Bertone sciorina la strategia “concreta” (il termine è proprio il suo) della Chiesa per arginare la piaga della mortalità da Aids: «Promozione di campagne di sensibilizzazione, programmi di prevenzione ed educazione sanitaria, sostegno agli orfani, distribuzione di medicinali ed alimenti, assistenza domiciliare, ospedali, centri, comunità terapeutiche per cura e assistenza del malato di Aids, collaborazione con i governi, cura nelle carceri, corsi di catechesi, elaborazione di sistemi di aiuto tramite internet, istituzione di gruppi di appoggio al malato».

Cosa significhino sensibilizzazione e prevenzione se si esclude la diffusione dell’uso del preservativo non è ben chiaro. Forse Bertone intende educazione alla castità, ma questa non è già compresa nei corsi di catechesi, pezzo forte del piano per la lotta all’Aids? Mistero della fede.

Ad ogni modo il concetto è chiaro: prima li facciamo ammalare osteggiando in tutti i modi il ricorso al preservativo, poi li curiamo gratis. Così magari i bambini che si salvano dall’Aids grazie alle cure impartite alla madre sieropositiva avranno tutto il tempo di contrarre il virus più in là.

Geniale. Bertone e Ratzinger meriterebbero una poltrona honoris causa all’Organizzazione mondiale della sanità.


Cecilia Maria Calamani
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