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Fec, le Chiese di Stato

Ultimo Aggiornamento: 29/07/2013 17:15
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Fec, le Chiese di Stato



Pochi lo sanno. Ma Il ministero dell'Interno
 possiede 750 chiese nonchè conventi, caserme, un castello, centinaia di unità immobiliari, fondi rustici, cascine, boschi e selve, diffusi su tutto il territorio nazionale.

Il ministero dell'Interno è però uno stranissimo proprietario. Perché paga puntualmente le spese di straordinaria amministrazione di questi edifici, che poi non usa (e d'altronde sarebbe difficile anche solo immaginare come potrebbe). Così, le concede in uso gratuito alle autorità ecclesiastiche.

La Chiesa risparmia, ringrazia e li usa per celebrare le funzioni religiose, al termine delle quali raccoglie pure le offerte dei credenti.


  E' la storia strana, e tutta italiana, del Fec, il Fondo per gli edifici di culto, nato nel 1985 con la revisione del Concordato e scelto come contenitore per una serie di beni appartenuti agli ordini religiosi sciolti nella seconda metà dell'Ottocento e dopo di allora finiti nella disponibilità di diversi soggetti.

Oggi al Fec fanno capo, per esempio, e solo per citare alcune tra le più note, le chiese di San Domenico a Bologna, di Santa Maria Novella a Firenze, di Santa Maria del Popolo a Roma, di Santa Chiara a Napoli, della Martorana a Palermo.

Il Fec costa. Inquadrato come direzione centrale del ministero, ha un direttore, che coordina sei uffici, ai quali fanno capo 50 dipendenti circa.
E un consiglio di amministrazione, composto di nove membri (tre dei quali designati dalla Conferenza episcopale italiana, cioè dai vescovi), che dura in carica quattro anni e ci costa 2 milioni l’anno

Viene da chiedersi se il ministero, invece di regalarli alla Chiesa, già abbondantemente sovvenzionata attraverso la legge sull'otto per mille, non potrebbe utilizzarli altrimenti.



La Chiesa di santa Maria Novella a Firenze, di proprietà del Ministero dell’Interno




[Modificato da ReteLibera 18/07/2013 12:55]
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Viminale, il ministro Alfano sceglie un’indagata per sostituire un arrestato



Il governo ha nominato Giovanna Iurato al posto di Franco La Motta, in manette per corruzione.

Ma il nuovo prefetto a gennaio era stata interdetta dai pubblici uffici (condanna annullata per incompetenza territoriale). Ed è tutt'ora indagata per turbativa d'asta.

Si era anche vantata di aver finto di piangere per i terremotati di L'Aquila

di Marco Lillo | 27 luglio 2013

Su proposta di Angelino Alfano, il consiglio dei ministri presieduto da Enrico Letta ha nominato un prefetto tuttora indagato per turbativa d’asta e in passato interdetto dai pubblici uffici per far dimenticare il predecessore: un prefetto arrestato per corruzione e altri reati.



Roma e Napoli nei due uffici della Procura ieri si rideva amaramente. I pm romani hanno appena arrestato Franco La Motta, l’ex numero due dell’Aisi, per i traffici fatti con il Fondo per gli Edifici di Culto, dal quale sono spariti una decina di milioni, trasferiti in Svizzera e poi rimpatriati con gli spalloni.

Tutti si attendevano una nomina che spazzasse va ogni dubbio dei cittadini su come il Viminale gestisce i loro soldi in un momento di crisi. E il governo che fa? Nomina un prefetto indagato.

Il Fec è un fondo istituito nel 1985 per gestire i beni della Chiesa cattolica dei quali lo Stato si appropriò nell’Ottocento. Non brilla per trasparenza, come dimostra la storia dei 10 milioni spariti. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, reduce dal caso kazako, ha pensato per questa Direzione a Giovanna Iurato, un prefetto che aveva ricevuto a gennaio l’interdizione dai pubblici uffici dal gip di Napoli Claudia Picciotti.

Nell’ordinanza si leggeva: Giovanna Iurato, in qualità di direttore dell’Asse primo dei fondi Pon Sicurezza, con collusioni o altri mezzi fraudolenti, abusando dei poteri e in violazione dei suoi doveri, turbava la pubblica gara segregata e a procedura negoziata per la fornitura di un “sistema di consolidamento e gestione centralizzata dei sistemi di videosorveglianza territoriale presso il Cen (Centro elettronico nazionale) di Napoli. per un importo complessivo di 37 milioni di euro al fine di aggiudicare la medesima al Rti costituito dalle società (…) con mandataria Elsag Datamat Spa”.

L’interdizione è stata annullata dal Tribunale del riesame di Napoli che ha sancito l’incompetenza territoriale spedendo il fascicolo a Roma. Qui il pm Roberto Felici ha inviato l’avviso di chiusura delle indagini che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.

L’avvocato di Giovanna Iurato, Renato Borzone, dice che “in Italia vale ancora la presunzione di innocenza e in questo caso vale due volte perché basta leggere le carte per capire che la mia assistita dimostrerà la sua innocenza”. Sarà. Comunque a rendere ancora più imbarazzante la vicenda giudiziaria sono due dati: il marito del Prefetto Iurato (non indagato) è Giovanni Grazioli, dipendente della Elsag Datamat, la società che si è aggiudicata la gara segretata per la quale è indagata la moglie; e nell’indagine è stata intercettata una conversazione telefonica tra Iurato e il prefetto a capo dello Sco: IuratoFrancesco Gratteri, poi condannato per i fatti del G8 e rimosso dal suo ruolo, ridevano delle finte lacrime a fini mediatici della Iurato alla Casa dello Studente.

Iurato: Eh allora sono arrivata là, nonostante la mia…cosa che volevo…insomma essere compita(fonetico)…mi pigliai, mi caricai questa corona e la portai.
GratteriTi mettesti a piangere …sicuramente!
I: Mi misi a piangere.
GOvviamente, non avevo dubbi (ride).
IEd allora subito…subito…lì i giornali: “le lacrime del Prefetto”.
GNon avevo dubbi (eh, eh ride).
I: Ehhhhhhh (scoppia a ridere) i giornali : “le lacrime del Prefetto”.

L’Ansa ha diffuso una nota di non meglio precisate fonti del Ministero dell’interno che tentano di limitare i danni mediatici: “E’ solo uno spostamento non è una promozione.

La direzione ha competenze solo di studio e Iurato scende un gradino nella retribuzione”. Il nome del prefetto era emerso anche negli atti dell’indagine su Diego Anemone e la cricca per alcuni lavori. Lei però, quando è intercettata dai pm di Napoli nel 2010, sostiene di avere un assegno che prova il pagamento ad Anemone dei lavori.

Nelle carte dell’indagine sulla Cricca effettivamente c’è unafattura del 21 novembre del 2008 e Anemone spiega alla Guardia di Finanza: “Iurato è un dirigente del ministeri dell’interno e Anemone Costruzioni ha effettuato dei lavori di ristrutturazione presso l’appartamento sito in via Cassia 962, documentati dalla fattura n. 69 del 21 -11- 2008”.

Però c’è anche altro. Per esempio il “dettaglio dei costi sostenuti dall’impresa Anemone costruzioni nell’anno 2005 riferibili a prestazioni di servizio e-o fornitura di materiale eseguite nei confronti diprivati a fronte dei quali la società non ha emesso la relativa fattura”. In questo documento accanto alla “Commessa 13-05 D.ssa Iurato” si legge: “15 ottobre 2005 De Masi Srl 5728,73”.

Inoltre, nel computer della segretaria di Anemone, Alida Lucci, la Polizia scopre che il nome della Iurato è citato più volte nei “libri giornali”. Il 9 dicembre 2004 si legge sotto la colonna uscite: “condono Iurato + tassa c/c n.3 3081,82 euro”. Il 31 maggio 2005: “extr cass Condono via Labicana (Iurato): 2304,11 euro”. Il 2 maggio 2006: “extr cass c/c condono Iurato via Labicana 2.199,31 euro”, sempre alla voce uscite.

Alla data del 16 ottobre 2006 ci sono due annotazioni. La prima in entrata “Clie Cass Da Iurato 12 mila euro”. La seconda in uscita: “Edil Cass Acconto Angelo Napoletano (Ass. Iurato)” sempre di 12 mila euro.

Il prefetto è proprietaria di una casa in via Labicana nella quale sono stati fatti lavori di ampliamento che hanno portato nel 2006 a una variazione catastale da 6 a 7 vani.

Chi ha pagato le rate del condono? Abbiamo posto il quesito al Prefetto (via sms) e a suo marito ma non hanno voluto rispondere.

Ieri le porte girevoli del 
Viminale sono state crudeli con Alessandro Valeri, coinvolto nel caso kazako, che perde il posto di capo segreteria del Dipartimento Pubblica Sicurezza, come chiesto dal ministro Alfano. Al suo posto arriva Vincenzo PanicoUmberto Postiglione è il nuovo Capo del Dipartimento per gli affari interni. Poi c’è una raffica di donne nominate prefetto: a Palermo arriva Francesca Cannizzo. A Catania Maria FedericoMaria Laura Simonetti a Prato; Anna Maria Manzone a Grosseto; Carla Cincarilli a Mantova.


http://www.ilfattoquotidiano.it


[Modificato da ReteLibera 29/07/2013 17:15]
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