Vigili urbani è solo un'altro piccolo vaso di Pandora, questa politica ha infiltrato come un tumore maligno tutte le attività. A quando quella della sanità?
gen 3, 2015
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Fonte: il fatto quotidiano di Rita Di Giovacchino
Assenteisti. È l’ultima accusa che si rovescia sui pizzardoni romani colpiti da un’epidemia collettiva che a Capodanno ha lasciato Roma fuori controllo. L’ultima ma non la più grave, anche se grazie alla diserzione di massa le anomalie della ex Municipale – da qualche anno si chiama Polizia Roma Capitale –hanno finalmente assunto notorietà nazionale, messo in allarme il
governo Renzi e risvegliato l’attenzione del sindaco Marino. Per anni, prima che la città scoprisse
Massimo Carminati, il vero Re di Roma è stato il comandante
Angelo Giuliani, finito agli arresti domiciliari il 26 febbraio scorso per
una storia di mazzette camuffate da sponsorizzazioni e un concorso truccato.
Le bustarelle e il processo al fu Re delle palette. A ripercorrere tutte le tappe di questa storia – fatta di
minacce ed estorsioni,
appalti milionari e
licenze d’oro,
multe annullate ai cosiddetti vip e
falsi permessi per la zona a traffico limitato – anche
molti vigili di Roma a buon diritto possono rivendicare un posticino nel “mondo di mezzo”. La storia di
Giuliani, accusato di aver svolto un ruolo “apicale” nella
corruzione del Corpo, per una strana coincidenza si è conclusa martedì 30 dicembre: nelle stesse ore in cui vigili spedivano al comando centinaia di certificati medici i carabinieri si sono presentati dal suo avvocato, Roberto Afeltra, per notificargli la conclusione delle indagini che lo mandano a processo per
corruzione e falso in atto pubblico. La sparizione dei vigili dalle strade non può considerarsi estranea agli episodi che hanno corroso la fiducia dei cittadini nei confronti di chi doveva tutelare i suoi diritti.
Al punto da far dire due anni fa al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo che su Roma incombeva una
“cupola mafiosa” formata da uomini in divisa. Dopo le denunce sono scattati gli
arresti, alcune inchieste sono concluse, altre stanno esplorando possibili
collusioni con ’ndrangheta e camorra che in questi anni hanno allungato le mani su alberghi, bar, ristoranti del centro storico trasformando
Roma in capitale del riciclaggio,
cosa che non sarebbe stata possibile senza la complicità degli uffici capitolini e di chi invece di eseguire controlli si è fatto corrompere.
Il 27 gennaio 2012 Silvio Bernabei, il “bibitaro” di Trastevere, varcò la soglia del comando provinciale dei carabinieri di piazza San Lorenzo in Lucina per denunciare fatti gravissimi come richieste di denaro, ricatti e minacce. Alla denuncia dell’imprenditore del vino era seguita quella di Vincenzo Conticello, ristoratore famoso per aver rifiutato di pagare il “pizzo” a Palermo e che, approdato a Roma per sfuggire a Cosa Nostra, si sentiva caduto dalla padella alla brace.
Quello strano furto al circolo lungotevere Dante. Ma il giorno dopo, incredibilmente, in piazza San Lorenzo in Lucina si era presentato proprio
Giuliani per denunciare un furto, avvenuto negli uffici del Circolo di lungotevere Dante, proprio quello che è stato considerato il “feudo” di
Giuliani: era scomparsa la documentazione informatica dei bilanci. Furto talmente strano che lo stesso comandante lo addossava a non precisati “servizi segreti”o“corpi di polizia”. È il primo atto di uno scandalo che ha travolto la
polizia municipale e che ha portato all’arresto di tre dirigenti della Sea, Società sicurezza e ambiente, specializzata nella rimozione dei detriti dopo gli incidenti stradali, che nel 2010 era riuscita ad aggiudicarsi un
appalto da 10 milioni l’anno. In cambio c’era una donazione di 30 mila euro proprio a favore del circolo sportivo, l’unica di cui si è trovata traccia dopo la scomparsa dei cd, ma sufficiente a sostenere l’
accusa di corruzione.
Dicono a Roma che il pesce puzza dalla testa, perché stupirsi dell’arroganza di chi ha abbandonato le strade se l’ex comandante è stato accusato di aver abusato del suo potere ricorrendo al ricatto e all’intimidazione? Nelle intercettazioni contenute nell’ordinanza sulla Sea emergeva un “patto”, quello rivendicato da
Giuliani con
Alemanno (“avevo fatto un patto con il sindaco”), oggi indagato nell’ambito di
Mafia Capitale, per consentirgli di continuare a gestire il circolo di lungotevere Dante anche dopo le dimissioni, cosa resa possibile dal suo trasferimento alla Scuola allievi ufficiali da cui lo stesso dipendeva.
Al telefono
Giuliani minacciava: “Il gruppo sportivo non lo dovete toccare… sono pronto alla guerra, lo faccio crepare, al sindaco gli ho detto lasciateme almeno quello…”. Perché tanta agitazione? Semplice, sostiene l’accusa, le “sponsorizzazioni” passavano di lì.
Quanto al concorso falsato, accusa ancor più grave della corruzione per un pubblico ufficiale, narra di come anche il mestiere di pizzardone a Roma sia trasmesso per dinastia.
Giuliani fu nominato presidente della commissione in una riunione mai avvenuta, prima di andarsene doveva onorare i suoi impegni, forse anche con il Comune di Roma vista la lunga lista di amici e parenti.
Di che stupirsi se i vigili hanno deciso di restare a casa a stapparsi lo spumante, ora che con il sindaco Marino e le inchieste della Procura guidata da Giuseppe Pignatone un po’ di pulizia è stata fatta? I privilegi sono finiti? I rubinetti sono stati chiusi? C’è chi non si arrende.http://mentiinformatiche.com/2015/01/romanzo-municipale-tra-mazzette-e-potere.html