Italia secondo paese più corrotto d’Europa

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ReteLibera
00martedì 5 marzo 2013 20:15

Italia secondo paese più corrotto d’Europa

I recenti scandali di Mps e Finmeccanica stanno travolgendo come un ciclone la finanza italiana, facendo emergere il preoccupante fenomeno della corruzione e dei reati finanziari. In base alle rilevazioni effettuate nello scorso anno, quasi 5.500 colletti bianchi sono stati denunciati dalla Guardia di Finanza in Italia per reati bancari, finanziari, fallimentari e societari, ovvero circa mille in più rispetto al 2011. Sono già state arrestate più di 500 persone, mentre sono avvenuti sequestri di beni per 200 milioni di euro a causa di reati finanziari di vario genere.

Inoltre, sono scattate 34 denunce di market abuse e 33 per ostacolo all’attività di vigilanza. Il market abuse è quel fenomeno di manipolazione dei mercati finanziari che determina conseguenza sfavorevoli per gli altri investitori. Crescono poi le frodi societarie, solitamente relative a conflitti di interesse o a reati di concussione e corruzione. Molto preoccupante anche il dato relativo alle società quotate in borsa: metà delle aziende presenti sul listino di Piazza Affari (in termini di market cap), si trovano sotto inchiesta da parte delle Procure di mezza Italia.

Dai dati della Guardia di Finanza e della società investigativa Kroll emerge che ormai la finanza italiana è stata scossa da una serie di inchieste, che finora hanno portato alla decapitazione dei vertici delle principali società italiane quotate in borsa (Mps, Saipem, Eni, Finmeccanica, tanto per citare i casi più recenti). Le societàfinite nel mirino degli inquirenti valgono complessivamente 150 miliardi di euro.

I rischi non sono soltanto appannaggio dei risparmiatori, bensì dell’intero sistema-Italia che sta faticando molto per recuperare credibilità a livello internazionale dopo la crisi dello spread.

Oggi l’Italia viene considerato il secondo paese più corrotto d’Europa. Nella classifica europea stilata da Transparency International, al primo posto c’è la Grecia. Secondo la World Bank, a livello globale l’Italia occupa il 73-esimo posto per la facilità di fare impresa. Gli ultimi scandali, tra tangenti, corruzione, market abuse e così via, dovrebbero portare il paese a peggiorare la propria posizione in queste classifiche.


Fonte

ReteLibera
00martedì 5 marzo 2013 20:18

Nel 2012 hanno chiuso 104mila imprese



La crisi economica in Italia ha messo in ginocchio decine di migliaia di imprese e milioni di famiglie. Il quadro negativo è stato più volte evidenziato da diversi istituti ed enti, ma oggi arriva una conferma dai dati Cerved
Nel 2012 hanno chiuso 104.000 aziende. Si tratta di un risultato impressionante, che comprende 12.000 fallimenti, 90.000 liquidazioni e 2.000 procedure non fallimentari. Inoltre, emerge anche che attualmente è in corso un boom diconcordati preventivi: tra questi il più “famoso” è quello recente chiesto da Seat Pagine Gialle.

Cerved, gruppo specializzato nell’analisi della situazione finanziaria delle aziende, ritiene che il costante aumento delle richieste di ammissione al concordato preventivo sia favorito dalla riforma entrata in vigore a settembre 2012. Soltanto nell’ultimo trimestre dello scorso anno sono state presentate circa mille domande, in particolare con la forma del concordato di riserva.Rispetto al record del 2011, il dato totale sulla chiusura delle imprese nel 2012 è stato superiore del 2,2%.

Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato del gruppo Cerved, ha dichiarato che “il picco toccato dai fallimenti supera del 64% il valore registrato nel 2008”, ovvero l’ultimo anno pre-crisi. Sono stati anche superati i livelli precedenti al 2007, “quando i tribunali potevano dichiarare fallimenti anche per aziende di dimensioni microscopiche”.

Da un punto di vista territoriale le procedure sono aumentate molto nel Nord Ovest (+6,6%) e al Centro (+4,7%). Nel Nord Est, invece, i casi sono diminuiti del 4,3%, anche se è stato registrato un brusco incremento delle liquidazioni che ha portato il totale di chiusure in quell’area a superare quota 20.000 (+8,6% rispetto al 2011).


ReteLibera
00martedì 5 marzo 2013 20:24

Un’azienda su due non riesce a pagare gli stipendi

Nuovo allarme per le piccole e medie imprese italiane. A lanciarlo è l’ufficio studi della Cgia di Mestre, che evidenzia come ormai almeno una piccola impresa su due non è più in grado di pagare gli stipendi ai propri dipendenti ed è così costretta a rateizzare le retribuzioni ai propri collaboratori. La mancanza di liquidità di cassa per queste aziende deriva dal boom di sofferenze e protesti, causati non solo dalla debolezza della domanda domestica ma anche dall’eccessiva pressione fiscale.

 A livello nazionale nel 2012 la pressione fiscale è volata alla cifra record del 44%. Molte aziende sono costrette a chiudere i battenti, a chiedere prestiti per pagare semplicemente le tasse o a dilazionare il pagamento degli stipendi ai propri dipendenti. La Cgia di Mestre rileva che ormai le piccole e medie imprese non riescono più a onorare i propri impegni con i creditori: assegni bancari o postali, cambiali, vaglia o tratte.

Per i protesti è un vero e proprio boom. Dall’inizio della crisi i titoli di credito che non hanno trovato copertura sono aumentati del 12,8%, mentre le sofferenze bancarie che fanno capo alle aziende sono cresciute di un clamoroso 165%. A fine 2012 il totale delle insolvenze ha raggiunto la cifra record di 95 miliardi di euro.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, evidenzia soprattutto il disagio dei dipendenti, che faticano a ricevere lo stipendio con regolarità. E’ preoccupante anche il fenomeno dell’allungamento dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra aziende. E’, però, qualcosa che accade solo in Italia, mentre negli altri paesi europei più importanti è avvenuta una drastica riduzione.

 
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