La tendenza universalistica e totalitaria guida ancora oggi i capi della Chiesa: il fine, ora come allora, è il dominio del mondo. Soltanto con questa finalità la Chiesa poteva, fin dalla fine dell’età antica, continuare l’Impero Romano: infatti, essa fu dapprima una sorta di Stato nello Stato, poi si fece Stato essa stessa, come mostra chiaramente il trapasso al Papa della denominazione di Vicarium Christi, cioè “Rappresentante” di Cristo in terra, attribuito in un primo tempo solo all’imperatore, mentre il Papa aveva quello di Vicarius Petri; ma quando l’impero crollò, la Chiesa subentrò al suo posto, Il Papa divenne, come già l’Imperatore, Vicarius Christi. […].
Com’è strano Gesù [se fosse realmente esistito] con la sua buona novella di fronte alla realtà di questi gerarchi con le loro pretese d’essere Vicari Christi!
Come stridono le loro lussuose dimore e le loro corti quasi orientali con le parole che avrebbe pronunziato Gesù: “Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo il loro nido; e il Figlio dell’uomo non ha nemmeno dove posare il suo capo” Mt. VIII, 20).
Com’è singolare la loro secolare cupidigia di ricchezze sempre maggiori alla luce dell’esortazione “Va’, vendi ciò che possiedi e dallo ai poveri” (Mc. X, 21).
Com’è strana la loro ferma esaltazione di ogni elezione episcopale, di ogni onorificenza, di ogni dispensa o di ogni decisione promulgata, alla luce dell’ordine che avrebbe impartito Gesù ai Discepoli “Lo avete ricevuto gratuitamente, e gratuitamente dovete dispensarlo” (Mt. X, 8).
Com’è strana questa loro usanza di farsi chiamare Padri Santi e Santissimi, a fronte dell’ammonimento “Sulla terra nessuno chiamerete Padre, perché uno solo è il vostro Padre, quello che è nei cieli” (Mt. XXIII, 10).
Com’è singolare la continua riaffermazione della loro superiorità sugli altri Vescovi, anzi, su tutti i potenti del mondo, accanto al motto “Se uno vorrà essere il primo, allora sia l’ultimo di tutti e di tutti il servitore” (Mc. IX, 35).
Come sono strane le loro millenarie scomuniche, che hanno colpito anche i cristiani più sinceri, di fronte al comandamento “Non giudicate e non sarete giudicati” (Mt. VII, 1).
Come sono strane le loro esecuzioni di eretici, i loro roghi di streghe, le persecuzioni antisemite, le guerre di religione a fronte dell’insegnamento di Gesù “Amate i vostri nemici, beneficate chi vi odia, benificate chi vi maledice, pregate per chi vi schernisce” (Lc. VI, 27). […].
A prescindere poi dal fatto che Pietro sia stato a Roma o no, è certo che non ha mai occupato la cathedra Petri. Si tratta di uno dei falsi più vistosi della Chiesa cattolica, la quale spaccia Pietro come primo Papa insediato da Gesù e, di conseguenza, il dominio ereditario assoluto sulla Chiesa dei suoi successori.
Sul fondamento di questa sua invenzione i Vescovi di Roma s’arrogano il potere e il diritto assoluti di decidere a piacimento di qualsivoglia questione di fede.
In verità, il dogma dell’episcopato universale del Vescovo di Roma e dell’infallibilità in materia di fede venne proclamato solo nel Concilio Vaticano del 1870 […].
Pietro non fu né il primo Vescovo di una presunta successione apostolica né, tanto meno, il primo Papa.
Proprio a Roma la carica episcopale monarchica si impose piuttosto tardi, nella quarta o quinta generazione cristiana, e in ogni caso allora, verso la metà del II secolo, nessun membro della Comunità era al corrente della sua istituzione da parte di Pietro, se è vero com’è vero che ancora alla fine del secolo a Roma egli non veniva posto nel novero dei Vescovi. Ma verso la metà del IV secolo si affermò che era stato Vescovo di Roma per venticinque anni. E oggi un bestseller cristiano, diffuso in tutto il mondo, sostiene che saremmo in possesso di tavole votive e di monete con l’iscrizione di “San Pietro, prega per noi”, risalenti al I secolo: è una pura e semplice invenzione. […].
L’evoluzione linguistica del titolo segue di pari passo quella della Chiesa e mostra altresì come il Vescovo romano divenne una specie di sovrano assoluto da primus inter pares quale era.
Il termine Papa (papa = padre), titolo onorifico di tutti i Vescovi a partire dal III secolo, restò in uso sino alla fine del primo millennio.
Per distinguere il “Papa” dagli altri “Papi” fin dal V secolo si usò solitamente l’espressione “Papa della città di Roma” oppure “Papa della Città eterna” o ancora “Papa romano”.
Poi però si cominciò ad attribuire al “luogotenente di Pietro” ― locuzione coniata soltanto nel V secolo ― il predicato di Papa senz’altri attributi, che le stesse autorità ecclesiastiche romane, per altro, usarono piuttosto raramente fino al VII secolo. Cominciarono ad autodefinirsi regolarmente così solo alla fine dell’VIII secolo, e con l’inizio del secondo millennio il termine “Papa” diventò prerogativa esclusiva del Vescovo di Roma: Gregorio VII [1073-1085] nel suo Dictatus Papae sostenne con parole altisonanti che il titolo di Papa era unico e che perciò doveva essere esclusivo del Pontefice romano. In realtà esso fu caratteristico dei Vescovi per parecchi secoli e il Patriarca di Alessandria ancora oggi si fregia del titolo ufficiale di “Papa”.
La Chiesa Cattolica utilizza la finzione della tradizione apostolica e del primato petrino per poter legittimare la politica imperialista dei Papi, ignorando però che la parola d’ordine di Gesù [secondo gli interessati redattori dei Vangeli] non fu “dominare”, bensì “servire”, e che tale concetto caratterizzò tutta la predicazione, la quale, d’altra parte, è in contrasto stridente con l’intera prassi del papato.
Ma i Papi non si limitarono a giustificare le pretese di primato servendosi del passo spurio di Mt. (XVI, 18), ma agitarono anche […] tutta una messe sterminata di documenti falsi, come le Decretali pseudocirilliche e pseudoisidoriane, di centinaia di epistole papali fasulle, di decreti conciliari e del Constitutum Silvestri: solo questo libercolo fu per il Papa più utile di dieci diplomi imperiali.
Costituisce una delle pagine più oscure della Chiesa cattolica romana il fatto che i Papi non rinunciarono all’accrescimento del loro potere nemmeno quando era diventato chiaro a tutto il mondo ― compreso quello cattolico ― che esso era dovuto in misura non secondaria anche a queste falsificazioni. […].
Il soddisfacimento della loro ambizione fu pagata a caro prezzo dai “luogotenenti di Cristo”: dopo una prima scissione temporanea (486-519), nel 1054 tutta la Chiesa cristiana d’Oriente si separò definitivamente da Roma.
E dopo il Concilio Vaticano I (1869-70), che aveva proclamato la sua infallibilità, non appena il Papa si mise a parlare ex cathedra, com’è noto, si allontanò dalla Curia anche il grosso dei Cattolici tradizionalisti, dopo che già nel 1702 la Chiesa di Utrecht si era rifiutata di seguire i Papi, non riconoscendo la loro “infallibilità”.
Non è molto conosciuto il fatto che il dogma dell’infallibilità proclamato nel Concilio Vaticano I (1869-70) originariamente non doveva essere oggetto delle discussioni conciliari; le rimostranze dei rappresentanti dell’opposizione episcopale furono vane: inutilmente fecero presenti gli errori dogmatici dei Papi precedenti, inutilmente evocarono la reazione negativa della Chiesa d’Oriente e soprattutto del Protestantesimo all’annuncio di un siffatto dogma, inutilmente il Vescovo Ketteler si gettò ai piedi del Papa, scongiurandolo fra le lacrime: “Buon padre, salvateci e salvate la Chiesa di Dio!”. Il Pontefice [Pio IX (1846-1878)] favorì apertamente i sostenitori della dottrina papalistica […] e alla fine l’opposizione […] venne sconfitta.
Nel gennaio del 1870 i Vescovi contrari alla discussione del problema dell’infallibilità erano ancora 136, ma a poco a poco l’opposizione svanì: nella votazione segreta 451 partecipanti furono favorevoli, 88 contrari e 62 proposero emendamenti. Gli oppositori lasciarono Roma ancora prima della votazione pubblica nella Basilica di S. Pietro, per evitare di porsi in aperto contrasto col Papa, ma dopo l’approvazione accettarono il nuovo dogma…» (cfr. Deschner K.: «Abermals krähte der Hahn. Eine kritiske Kirchengeschichte», Hamburg, 1962), evidentemente, perché faceva loro comodo, per continuare ad ingannare e sfruttare le masse dei fedeli sprovveduti e continuare ad alimentare la loro potente organizzazione politico-capitalistica internazionale!
Infatti, se si considerano le enormi somme di capitali movimentate dalle banche di proprietà del “Vaticano” (lo Stato della “Chiesa Cattolica”, chiesa di una religione che pretende di costituire uno stato!) (4) ― la cui polimorfa attività verte in notevoli operazioni finanziarie internazionali, nel controllo e nella diretta gestione delle organizzazioni devolute alla raccolta dei fondi per le popolazioni sottosviluppate, in ingenti investimenti patrimoniali nell’acquisto di beni immobili, nelle recenti vistose campagne pubblicitarie promosse dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ecc. ― si deduce che esso è, in realtà, una potente azienda multinazionale tesa ad accumulare ricchezza e capace di condizionare il mercato in ogni paese del mondo!
Ciò fa riflettere sulla concretezza della “carità” cristiana sciorinata dalla Chiesa Cattolica poiché tale “carità”, come hanno ben evidenziato Manacorda e Franzoni (1999), «…è quella “carità solidale” che non serve a mutare, ma a conservare i ricchi e i poveri nelle strutture sociali esistenti e a far guadagnare ai ricchi la riconoscenza dei poveri […]. Che, peraltro, lo ha fatto sempre grazie agli aiuti pubblici e privati, dello Stato e degli individui; mai, che si sappia, spogliando le sue ricchissime chiese.
È dunque questa la solidarietà della Chiesa?
Le parole suonano belle, ma dove sono i fatti? In realtà, questa solidarietà tra diversi ― ricchi e poveri ― destinati a restare tali per sempre in una società mondiale naturaliter divisa tra zone di opulenza e zone di miseria, ad altro non serve che a conservare questa divisione, di cui non si prospetta in alcun modo la fine.
Come la divisione, per mantenersi ha bisogno di solidarietà tra i diversi, così la solidarietà, per giustificarsi, ha bisogno della divisione. Alla conservazione di questa diversità “solidale” tra ricchi e poveri serve anche la divisione tra clero e laici, […] tra una parte, il clero, opulenta di ricchezze […] e l’altra parte, la grande maggioranza degli uomini, incapace di distinguere il bene dal male. L’enciclica sullo Spirito e quella sulla società si danno così la mano, ribadendo la divisione tra chi possiede la ricchezza, materiale e spirituale, e chi non possiede né l’una né l’altra…» (cfr. Manacorda M.A., Franzoni G.: «Le ombre di Wojtyla», Roma, 1999).
È esemplare il fatto che il Papa Eugenio Pacelli (Pio XII) sia morto (1958) «…con un patrimonio di 80 milioni di marchi [equivalenti a circa 500 milioni di euro attuali (anno 2006)] in oro ed i suoi tre nipoti ne hanno accumulati 120 [equivalenti a circa 750 milioni di euro attuali (anno 2006)] nei diciannove anni (1939-1958) di papato dello zio…» (cfr. Deschner K.: «Ein Jahrhundert Heilsgeschichte. Die Politik der Päpste im Zeitalter der Weltkriege: von Pius XII», Band II, Reimbek bei Hamburg, 1983).
Inoltre, la Chiesa Cattolica, pur di ricavare denaro, non si fa scrupolo nell’organizzare truffe come quella della “benedizione per posta”, avvallata dal pontefice Paolo VI (1963-1978), consistente nel fare la relativa richiesta, tramite posta, all’elemosiniere del Vaticano per ricevere a domicilio la benedizione apostolica, al prezzo di 2.000 lire degli anni settanta [equivalenti a 20 euro attuali (2006)] se desiderata su carta semplice, e di ben 30.000 lire degli anni settanta [equivalenti a 300 euro attuali (2006)] se desiderata su pergamena (cfr. Rendina C.: «I Papi, storia e segreti», Roma, 2001)!
Si è sempre ostacolato far conoscere l’immensa ricchezza che possiede la “Santa Sede” poiché, come attesta Nichols (1968), «…o il patrimonio del Vaticano è così vasto che è meglio non farlo conoscere per non rendere i fedeli meno disposti a soccorrere la Chiesa, o è investito in settori dell’attività economica (particolarmente in Italia) che sanno troppo di speculazione pura e, forse, anche di equivoco sfruttamento. […]
l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica […] è il primo dei principali enti finanziario-amministrativi che siano stati istituiti […]. Il papato sa […] che cosa significhi possedere grandi patrimoni. […].
Un’abile gestione di questo capitale di base ha fatto del Vaticano una delle massime potenze finanziarie mondiali. Non si pubblicano mai bilanci; non si danno mai indicazioni dirette circa gli investimenti…» (cfr. Nichols P.: «The Politics of the Vatican», London, 1968).
Pertanto, il “Vaticano” si configura come sede centrale di un’organizzazione criminale legalizzata e ben protetta dall’efficacissima copertura mimetica, costituita dall’ostentamento di azioni benefiche, abilmente intessuta e continuamente rinforzata dal “potere politico governativo”(5).
Da quanto premesso, si deve dare atto all’eminente magistrato LUIGI TOSTI il quale, con il coraggio che lo accomuna ai veri benefattori dell’umanità, ha messo efficacemente in evidenza come il “crocifisso” ― che continua ad essere spudoratamente appeso, senza alcun ritegno, nelle pareti delle aule scolastiche, dei tribunali, ecc. ― non è altro che «…il “vessillo” della più grande associazione per delinquere e della più grande banda di falsari della storia del Pianeta, la Chiesa Cattolica, che si è resa autrice, nell’arco di circa 1.800 anni, dei più efferati crimini contro l’umanità, condividendoli di papa in papa, senza manifestare alcun moto di resipiscenza e/o di pentimento.
La storia del “crocifisso” gronda di sangue, di genocidi, di assassini, di torture, di criminale inquisizione, di criminali crociate, di criminale razzismo, di criminali roghi contro eretici e streghe, di criminale schiavismo, di superstizione, di criminale discriminazione e persecuzione razziale, di criminale shoà, di criminali rapimenti di bambini ebrei, di criminali genocidi dei nativi americani, di criminali confische, di disprezzo e di discriminazione delle donne e degli omosessuali, di omofobia, di sessuofobia patologica, di intolleranza, di oscurantismo, di violazione e prevaricazione dei più elementari diritti politici ed umani di eguaglianza, di libertà di opinione, di libertà di pensiero, di libertà di religione e di libertà di scienza e ricerca, di omertosa e criminale copertura dei preti pedofili [cfr. Liggio F.: «Papi Scellerati. Pedofilia, omosessualità e crimini del Clero Cattolico», Editrice Clinamen, Firenze, 2009], di false natività di Gesù Cristo, di falsificazioni di donazioni costantiniane, di falsificazioni e taroccamenti di scritture sacre, di false creazioni, di false reliquie, di falsi Cristi, di falsi “figli” di Dio, di false resurrezioni, di falsi prepuzi di Gesù Cristo (ben 13!) [in verità Nicole Hermann-Mascard, famosa esperta di reliquie, ne ha rintracciati nella sola Francia in “una settantina di santuari”!], [di falsi ombelichi di Gesù due sono venerati in Francia, a Chalons ed a Lucques , ed uno in Italia, a Roma, nella Chiesa di S. Maria del Popolo dove vi sarebbe pervenuto cadendo dal cielo!], di “sangue di San Gennaro”, di falsi veli della Madonna, [di false mutande della Madonna], di false apparizioni della Madonna, di false Madonne che lacrimano sangue, di false ostie che si tramutano in fiorentine al sangue, di false case della Madonna di Loreto, di falsi chiodi della croce di Gesù [esibiti con ingenti introiti: nella sola Italia attualmente se ne contano numerosi distribuiti in varie città (Ancona, Catania, Milano, Napoli, Milano, Roma, Venezia, ecc.)!], di falsi legni della croce di Gesù [se ne contano numerosissimi distribuite in tantissime località!], di false lance di Loncino (Heilige Lanze) venerate dal cattolico Hitler, di false sindoni [oltre quella di Torino ne sono note una quarantina (cfr. Stornaiolo U.: «Storia laica del Cristianesimo», Calvizano, 1995)!], di false Veroniche, di falsi miracoli, di falsi esorcismi, di false stigmate, di false transustanziazioni, di impostori Padri Pii santificati, di falsi paradisi, di falsi purgatori, di falsi limbi, di falsi demoni, di falsi angeli, di falsi arcangeli, di falsi cherubini, di falsi serafini, di falsi troni, di falsi indemoniati, di truffe, di costante abuso della credulità popolare a fini speculativi, di truffaldine messe gregoriane, di mercimonio di indulgenze, di truffaldine vendite di medaglie “miracolose”, di bolle di componenda, di illeciti finanziari, di accumulazione parassitaria di ricchezze ingenti e scandalose e di altre assurdità.
Esporre nelle aule giudiziarie il “crocifisso”, dunque, significa condividere tutti questi crimini ed identificarsi con la storia criminale della Chiesa Cattolica, offendendo la dignità di chi crede REALMENTE nei valori della tolleranza, dell’eguaglianza e del rispetto dei diritti umani ma, soprattutto offendendo ed oltraggiando la memoria delle centinaia di milioni di esseri mani che “in nome di quel simbolo” sono stati assassinati, torturati, sbudellati, incarcerati, discriminati, inquisiti, ghettizzati, prevaricati, abbindolati, truffati, vilipesi ed emarginati dalla Chiesa Cattolica…» (Tosti L.: «Richiesta di rinvio dell’udienza di discussione del ricorso R.G. N. 03482400-07», il 18/11/2008).
In definitiva, da quanto esposto, si deduce che è dovere morale esigere l’immediata rimozione da qualsiasi locale pubblico dell’orribile simbolo altamente diseducativo ― costituito dal “crocifisso” ― distintivo della più nefanda religione che ha come oggetto fondamentale di culto l’accoppiata “Dio-Padre sadico” (crudele torturatore dei trasgressori delle sue proibizioni con il fuoco eterno!) (6) e “Dio-Figlio masochista” (il quale si sottopone con voluttà alle atroci sofferenze impostogli dal sadico “Dio-Padre” per riscattare le trasgressioni degli esseri umani che, comunque, saranno eternamente torturati dopo la morte e la successiva resurrezione!), religione che insegna a lodare e venerare un tal complesso sado-masochistico assimilabile a quello che costituisce la più grave perversità nell’ambito della psicopatologia sessuale!
Non si può assolutamente continuare ad essere talmente ingenui da lasciarsi condizionare dai gestori di un’illogica religione, i quali inducono a credere ad una serie di evidenti assurdità onde conservare i loro privilegi di potere sulle masse!