Molestato dal prete? Citata in giudizio la Chiesa

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ReteLibera
00giovedì 29 marzo 2012 12:55
Molestato dal prete? Citata in giudizio la Chiesa

 

Nell’ambito della prima udienza dibattimentale tenutasi ieri, i giudici del Tribunale di Lecce hanno ritenuto – con un provvedimento senza precedenti in Italia – la Curia di Nardò e Gallipoli responsabile civile per una presunta vicenda di abusi sessuali che, più di un anno fa, ha visto protagonista il parroco neretino Quintino De Lorenzis.

Il fatto risale all’ottobre 2010, quando un ragazzo marocchino, clandestino e in condizioni di profonda indigenza, si rivolse alla parrocchia di San Gerardo a Nardò per chiedere aiuto. Stando alle dichiarazioni rilasciate, il giovane sarebbe stato invitato dal prelato, in tarda serata, ad entrare nelle sue stanze private con la promessa di qualche vestito e di avere del latte. In realtà, invece di normali indumenti, il giovane nordafricano sarebbe stato esortato dal parroco ad indossare capi di biancheria intima, sia da uomo che da donna. 

In profondo imbarazzo, soprattutto per via del suo stato di bisogno, il giovane assecondò le richieste del prete ritrovandosi ad essere vittima di palpeggiamenti e attenzioni sessuali. Da quell’episodio nacque la denuncia e De Lorenzis fu immediatamente sospeso dalla Curia.

Il giudice aveva in seguito autorizzato la richiesta di un incidente probatorio – cioè dell’immediata acquisizione di prove per evitarne la dispersione – da parte del pubblico ministero. Il ragazzo fu quindi subito sentito come testimone. Alla conferma delle dichiarazioni, nel gennaio scorso c’è stata l’udienza preliminare chiusasi con il rinvio a giudizio del prete e, nella mattinata di ieri, l’udienza dibattimentale davanti alla prima sezione collegiale del Tribunale di Lecce, presieduta dal giudice Stefano Sernia.

“Noi, come parte civile – ha spiegato l’avvocato del giovane marocchino Salvatore Centonzeabbiamo chiesto di essere autorizzati a citare in giudizio, come responsabile civile, la Curia di Nardò. Questo ragionamento si basa su una norma del Codice, la 2049, che stabilisce che “i padroni e i committenti sono solidalmente responsabili per gli atti illeciti commessi dai propri preposti”. 

Pensiamo, in buona sostanza, che fra la Curia e il parroco ci siano indici rivelatori di un vero e proprio rapporto di lavoro”. L’organizzazione delle parrocchie, il potere di nominare i prelati, il potere di decidere le retribuzioni, l’esercizio di un potere disciplinare: tutti questi elementi, che relazionano l’uomo di chiesa alla sua Curia, sono stati qualificati da – l Tribunale come “rapporto di committenza”.

“Dopo una camera di consiglio di oltre 40 minuti – ha aggiunto l’avvocato Centonze – il collegio ha ritenuto sussistente questo rapporto e ha messo in condizione la Curia, con un provvedimento di grande civiltà giuridica, di costituirsi nel processo per difendersi attivamente. Ora bisognerà vedere se ci sono effettive responsabilità in merito ai fatti esaminati nel processo penale in corso”. 

 

Proprio questo l’elemento di grandissima novità: è, infatti, la prima volta che si configura questo tipo di vincolo di subordinazione tra parroco e Curia. Quest’ultima sarà chiamata a rispondere in maniera solidale con l’imputato; proprio come avrebbe dovuto fare una scuola con un suo docente o un ospedale con un suo medico.

 

Andrea GABELLONE – ilpaesenuovo.it

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