Prete ex pedofilo fa il cappellano per la ASL

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ReteLibera
00domenica 18 settembre 2011 15:18

Brindisi - Pedofilia clericale
Prete ex pedofilo fa il cappellano per la ASL

La vicenda che viene raccontata dagli articoli che di seguito riproduciamo tratti dal sito www.senzacolonne.it/ edito a Brindisi, pone un problema noto a tutti coloro che si occupano di pedofilia.

La questione è quella relativa alla possibilità che la persona pedofila possa reiterare il reato anche a distanza di molti anni dalla sua scoperta e condanna da parte delle autorità giudiziarie.

Negli Stati Uniti esiste una banca dati nazionale delle persone condannate per pedofilia e chiunque vi finisce dentro per aver commesso un abuso sessuale nei confronti di un minore non ne esce più e dovunque vada la polizia locale viene immediatamente informato del suo curriculum vitae.

Questo perchè il pedofilo rimane tale vita natural durante ed il pericolo della reiterazione degli abusi è reale. In Italia non esiste una simile procedura e chi è stato condannato per fatti di pedofilia, scontata la sua pena, ritorna ad essere un cittadino qualunque.

Nel caso riportato da questo sito di Brindisi, quindi, non ci sono problemi di ordine penale bensì di opportunità visti i precedenti del prete in questione e segnalare la vicenda, senza voler crocifiggere nessuno, può servire a far prendere coscienza alla opinione pubblica di un problema grave, quello della pedofilia, contro cui si fa poco o niente.

E a soffrirne sono soprattutto i bambini. (g.S.)


La Asl paga il prete ex pedofilo

BRINDISI – Atti di libidine violenta nei confronti di due bambine: uno dei sei sacerdoti assunti e pagati dalla Asl di Brindisi ha un arresto e una condanna nel proprio curriculum vitae. Per abusi sessuali su minori che furono oggetto di indagine della procura di Brindisi nel 1991 e la ragione di una richiesta di applicazione della custodia cautelare che fu accordata da un giudice. Il prete fa il cappellano, è stato assunto nell’ottobre scorso e presta servizio nell’ospedale Perrino di Brindisi. La designazione è dellla Curia, che ha pieni poteri nel decidere chi, fra i sacerdoti della diocesi, debba curarsi delle anime in pena che si ritrovano in una struttura sanitaria per motivi di salute più o meno gravi. 

La Azienda sanitaria locale che stipula il contratto di “co.co.co” ratificando di fatto gli intendimenti della Chiesa non ha verificato, così come accadrebbe invece per qualsiasi altro dipendente, dal portantino al dirigente, cosa ci fosse nel casellario giudiziario del prete. Se per caso in elenco si scorgessero condanne definitive per reati gravi a tal punto da rendere incompatibile l’aggirarsi dell’uomo in abito talare, notte e giorno, per i corridoio del nosocomio. Dalla Geriatria fino alla Pediatria: senza limiti di sorta. 


I fatti sono vecchi ma non sono mai caduti nell’oblio. Ricordano in molti cosa accadde nel lontano 1992 quando i giornali riportarono la notizia di un arresto “eccellente”. La pedofilia in ambienti ecclesiali non era all’ordine del giorno. Non ancora quel nervo scoperto che ha costretto il Pontefice a esprimersi pubblicamente e condannare, pur nella consapevolezza che è sempre successo e che spesso è stato tutto sotterrato. I genitori di due bimbe che frequentavano una parrocchia della provincia di Brindisi si recarono dalla polizia e formularono una denuncia – querela completa di dettagli inquietanti. 

Immediatamente le notizie furono girate al sostituto procuratore di turno: il fascicolo fu aperto immediatamente e l’inchiesta fu chiusa in poco tempo. Non si dovette indagare a lungo. Fu disposta una ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico del prete, che all’epoca faceva il cappellano militare a Bari. I fatti furono ritenuti gravi, così come si concluse che c’erano i presupposti per applicare una misura restrittiva, le cosiddette esigenze cautelari. 
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Cappellani & pedofilia, il vescovo: «Non parlo»





















BRINDISI – Sulla vicenda del sacerdote con precedenti per atti di libidine su due ragazzini la diocesi, opportunamente contattata preferisce non rilasciare dichiarazioni. Il vescovo si trincera dietro un “no comment” veicolato dal suo addetto stampa. Silenzio anche dalla direzione generale della Asl, anch’essa contattata invano.  La storia è quella dei cappellani e di un capellano in particolare, un sacerdote che lo è stato fino a fine giugno e che a luglio è stato poi sostituito “per la normale turnazione negli incarichi che conferisce il vescovo”, si apprende dalla Curia.  Il prete in questione è stato stipendiato dalla Asl e i compensi sono pubblicati sul sito internet dell’azienda sanitaria. Fu arrestato nel 1992 perché i genitori di due bambine lo denunciarono per abusi. Era allora cappellano militare. A vent’anni di distanza l’arcivescovo Rocco Talucci lo ha assegnato alla chiesetta dell’ospedale “Perrino”. E secondo una convenzione del 2002 tra la Regione Puglia e la Conferenza episcopale pugliese i sacerdoti che prestano servizio negli ospedali sono stipendiati dalle aziende sanitarie. Percepiscono compensi, insomma, come fossero dei dipendenti pubblici. Ma non lo sono. Fanno i preti, si occupano di quella che è la loro missione. 

Il sacerdote che ha in curriculum una condanna definitiva per atti di libidine violenta sui bambini è ritornato in provincia di Brindisi, lo stesso luogo in cui all’epoca fu compiuto il reato sanzionato con una pena inferiore ai due anni, ragion per cui l’uomo ha potuto beneficiare della sospensione condizionale della pena.

La Azienda sanitaria locale che stipula il contratto di “co.co.co” ratificando di fatto gli intendimenti della Chiesa non ha verificato, così come accadrebbe invece per qualsiasi altro dipendente, dal portantino al dirigente, cosa ci fosse nel casellario giudiziario del prete.

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