Soldati di Cristo (e della Repubblica)

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ReteLibera
00giovedì 28 febbraio 2013 15:00

Soldati di Cristo (e della Repubblica)

E’ tempo di crisi. Per (quasi) tutti. O meglio: è tempo di crisi per tutti tranne alcuni (i soliti, tutt’altro che ignoti). Ed è dunque tempo di rinunce, di disoccupazione, di bassi salari, di lavoro precario, un una parola di “sacrifici”, quelli che tanto piacevano a sua eminenza Enrico Berlinguer, il leader della tendenza catto-comunista che era riuscita a coniugare Stalin con Gesú Cristo, don Camillo con Peppone.

Per loro, però, non è mai tempo di crisi; e non soltanto perché fin che ci saranno guerre, e dunque soldati, loro non rischieranno mai di ritrovarsi disoccupati.

Ma “loro”, chi sono?

Loro sono gli ordinari militari, gli arcivescovi che guidano con i gradi – e con lo stipendio di generale di corpo d’armata – il piccolo esercito dei cappellani militari, ovverosia dei preti-soldati (credevate ci fossero sol i preti-operai?) impegnati nel servizio pastorale fra i militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nei contingenti impegnati nelle cosiddette “missioni di pace”.

Una vera e propria chiesa militare, con i gradi affiancati al crocefisso, che dispensa assistenza spirituale e sacramenti a coloro che hanno scelto le armi e la tuta mimetica.

Che poi, il loro, sia un Vangelo in grigio-verde, poco importa. Ed importa ancor meno a chi, come noi, è convinto che l’unica pace a cui i preti in generale sono interessati è quella dei cimiteri.

In Italia, l’Ordinariato militare è equiparato ad una Arci-diocesi, che non è comunque una diocesi dell’ARCI.

La sede si trova in un palazzo storico a due passi dal Colosseo, il seminario per gli aspiranti preti-soldato si trova nella “cittá militare” della Cecchignola, a Roma mentre il mensile dell’Ordinariato si intitola, in modo poco originale, per la veritá, Bonus Miles Christi (che, tradotto, vuol dire, piú o meno, Buon Soldato di Cristo).

L’ordinario militare viene designato dal Pa(p)a, e nominato dal presidente della Repubblica nata dalla resistenza contro il regime clerico-fascista di Mussolini; “l’Uomo della Provvidenza” ha le stellette e lo stipendio di un generale di corpo d’armata, vale a dire oltre 9 mila euro al mese lordi (peró: alla faccia del voto di povertà, castità e più fregnacce uno trova più ne aggiunga!).

Ci sono poi gli altri cappellani, attualmente 182.
Essi sono inquadrati con i diversi gradi della gerarchia militare: il vicario generale è generale di brigata (seimila euro di stipendio, mica noccioline o sconti sugli anni di Purgatorio!); l’ispettore, il vicario episcopale, il cancelliere e l’economo sono tenenti-colonnello (5 mila euro, vai!); il primo cappellano-capo è un maggiore (fra i 3 e i 4 mila euro); il cappellano-capo è capitano (3 mila euro!), il cappellano semplice è un tenente (2 mila e 500 euro).

Per tutti costoro, per questa accozzaglia di guerrafondai in abito talare ma con le stellette affiancate al crocefisso, lo Stato, e cioè il cittadino comune che non è né prete né guerrafondaio, spende oltre dieci, diconsi dieci, milioni di euro l’anno!

E poi, per Bersani, Monti e Compagnia della Morte al séguito, non ci sarebbero i soldi per la Sanitá, o per la Cassa Integrazione, o per l’Assistenza in generale…

Abbiamo detto dieci milioni. La cifra, però, non comprende le pensioni pagate ai preti-soldato, a questa figura di doppi parassiti (perché preti e perché soldati): circa 160, per un importo medio annuo lordo di 43 mila euro ad assegno. Ed una spesa complessiva di quasi sette milioni di euro.

Sì, è vero: ci sono anche i casi di padre Balducci e di don Milani, che negli anni Sessanta furono processati (e condannati) per aver difeso l’obiezione di coscienza e criticato proprio i cappellani militari.

Ma, come diceva Roque Dalton, un poeta guerrigliero del Salvador, “un fascista è sempre un fascista, anche quando é ‘di sinistra’. E come tale, cioè come fascista tout court, va trattato”.

Figurarsi allora un prete…

Ravachol

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