Sembra di vederli, tutti maschi, con le loro tonache nere svolazzanti e quello spruzzo di porpora sulla testa, mentre si consultano e decidono le linee guida contro il crimine della pedofilia.
Dovevano esprimersi già un mese fa, secondo quanto chiesto loro da papa Ratzinger in persona: sono quindi in ritardo.
Si agitano, da una parte all’altra della sala riunioni della Conferenza episcopale italiana, si crucciano, si ingegnano. E alla fine deliberano: i preti pedofili sono “cosa nostra”, non abbiamo nessun obbligo di denunciarli alle autorità, ce ne occupiamo noi, è cosa buona e giusta.
Chi sperava che i vescovi “partorissero” un figlio di verità, giustizia, sanità e pulizia, almeno in merito a un reato orrendo come la pedofilia, rimarrà deluso.
Chi sa che un gruppo monosessuale, votato alla “impotentia generandi” (che non è quella “coeundi”), non può partorire nessun figlio, tanto meno sano, apprende la notizia e continua a combatterli, quei porporati dell’omertà.