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Paolo Gabriele, maggiordomo del Papa: SANTO subito!!

Ultimo Aggiornamento: 19/08/2012 10:13
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Paolo Gabriele, maggiordomo del Papa: SANTO subito!!

 


Non so se il Sig. Paolo Gabriele, l’ “aiutante di camera” di Ratzinger, sia o meno responsabile di aver sottratto o divulgato il contenuto di lettere indirizzate e/o pervenute al Papa. Se lo avesse fatto, però, meriterebbe non il carcere -in cui è stato sollecitamente ristretto su impulso dei discendenti diretti dei criminali Tribunali dell’Inquisizione cattolica- ma un monumento o, visto che stiamo parlando comunque di un cattolico, di una immediata “santificazione” a furor di popolo.

Col suo comportamento, infatti, il maggiordomo del Papa non ha fatto altro che gettare un po’ di luce -anche se in realtà pochissima- sulla Vera natura e sui Veri scopi perseguiti da quella che ho definito in due pubbliche udienze dinanzi al CSM e al Tribunale dell’Aquila come la più grande associazione per delinquere e la più grande banda di falsari che sia mai esistita sul pianeta Terra: la Chiesa Cattolica.



Il contenuto dei documenti diffusi dal Nuzzi non hanno nulla di nuovo o di sconvolgente, perché confermano quello che tutti coloro che non sono avvezzi all’ ipocrisia hanno sempre detto e scritto: e cioè che il Vaticano s.p.a. non ha nulla a che vedere con la religione o con la cosiddetta “spiritualità” (?) né, tantomeno, con un UFO Uno e Trino (ma fondamentalmente Quattrino) affettuosamente appellato dai cattolici “Dio”.

La Chiesa è in realtà un’associazione affaristica che persegue da millenni, attraverso metastatiche collusioni mafiose con i poteri politici, delle finalità esclusivamente lucrose, fondate sulla speculazione della creduloneria dei poveri di spirito.

L’unico “torto” di Paolo Gabriele è quello di aver fornito ai media ulteriori prove documentali di quanto la Chiesa Cattolica “nulla ci azzecchi” con gli dei e con la religione: ed è questo il vero motivo per il quale è stato “arrestato” dal novello tribunale dell’inquisizione, in attesa di esser fatto cristianamente ardere, come Giordano Bruno, su un rogo fornito dal braccio secolare della Chiesa, cioè dall’Italia.

I giornali e i TIGGI’ della Repubblica Pontificia italiana hanno candidamente affermato che il novello San Paolo Gabriele martire è stato arrestato dai giudici del Vaticano e “rischia 30 anni di reclusione” secondo il codice penale di quell’augusto Stato: nessun “giornalista” od “opinionista” o “vaticanista” della Colonia Pontificia, però, osa indignarsi del fatto che per l’omologo reato di violazione, sottrazione o soppressione della corrispondenza l’art. 616 del codice penale italiano non preveda alcuna facoltà di arresto e, anzi, contempli la semplice sanzione della multa da €. 30 ad €. 516, alternativa alla reclusione sino ad un massimo di un anno.

E nessun giornalista od opinionista ha osato indignarsi del fatto che la Chiesa Cattolica -che si dimostra così sollecita e inflessibile nel punire chi ha osato sottrarre la corrispondenza del Papa- non ha invece sanzionato i preti che negli ultimi settanta anni hanno sodomizzato i sederini dei bambini a livello planetario ma, anzi, li ha protetti omertosamente, sottraendoli alle responsabilità penali e civili.

Nessun cosiddetto giornalista od opinionista si è ovviamente indignato -in questa Colonia Pontifica- che un soggetto come il Papa, che si è autoproclamato legale rappresentante di “dio” sul nostro Pianeta e che ogni domenica diffonde, a suo dire, la “Vera Verità” all’angelus, abbia poi dei “segreti” da occultare e nascondere al mondo intero e ai suoi “fedeli”!

E nessuno si indigna che la Chiesa, che dovrebbe dare ai suoi “fedeli” l’esempio supremo di “trasparenza” e di “Verità”, chiuda nelle segrete coloro che null’altro hanno fatto se non di tentare di diffondere un po’ di trasparenza e di “Verità” sull’operato, tutt’altro che commendevole, della cosiddetta Chiesa Cattolica.

Ben venga, dunque, che il braccio secolare della Chiesa -e cioè la Repubblica Pontificia Italiana- accatasti altre fascine -ovverosia apra le nostre patrie galere- a San Paolo Gabriele, martire della “Verità” come Giordano Bruno.

Amen.



Luigi Tosti, 28 maggio 2012

http://tostiluigi.blogspot.it/2012/05/paolo-gabriele-maggiordomo-del-papa.html



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Un brasiliano alla guida della Banca Vaticana

in mezzo agli scandali

“Non si può governare la Chiesa solo con le Ave Maria”. Per nulla santa, questa frase uscì dalla bocca del defunto arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, dal 1971 responsabile della gestione dell’Istituto per le Opere Religiose (IOR), conosciuto a livello planetario come Banca Vaticana o soprannominato Banca del Papa.


Testata: Terra Magazine
Data di pubblicazione: 9 giugno 2012
Tradotto da Amina Iacuzio, Silvia De Cagna e Francesco Pasquarelli per italiadallestero.info
Articolo originale di Wálter Fanganiello Maierovitch


Lo IOR fu fondato nel 1942 per iniziativa di papa Pacelli (Pio XII).

Oggi è gestito da un Consiglio d’Amministrazione formato da 5  laici – uno dei quali ne è Presidente –  e c’è un  Consiglio di Cardinali che lo controlla.
Dal 24 maggio lo Ior è presieduto dal brasiliano Ronaldo Hermann Schmitz, di Porto Alegre.

Era vice Presidente e, dopo il defenestramento dell’ex Presidente Gotti Tedeschi, ha preso le redini dello Ior.

Per molti si è messo in un grosso guaio, anche se è già abituato a sentire l’odore dei soldi sporchi. A questo proposito, lo Ior all’atto della fondazione ricevette un forziere pieno di denaro, già dall’epoca dei considerevoli indennizzi pagati a partire dal 1929 dal governo italiano alla Santa Sede in virtù dei Patti Lateranensi.
Marcinkus, responsabile di uno dei maggiori scandali nella storia della Chiesa, trasformò la Banca Vaticana in una lavanderia per riciclare denaro sporco, a disposizione di politici importanti, imprenditori potenti, piduisti influenti, ricchi cardinali e boss della mafia siciliana e di quella statunitense.

A tal fine Marcinkus, della Banca Vaticana, si associò a Michele Sindona, della Banca Privata Italiana, detto “il banchiere della Mafia”,  e a Roberto Calvi, del Banco Ambrosiano, detto “il banchiere di Dio”.
L’alleanza sfociò nella nel fallimento delle banche e in un inedito, poderoso e silenzioso danno per la Santa Sede. L’ammanco finanziario portò alla ricerca di nuove entrate, e nel 1983 venne inventato un Anno Santo straordinario: il giubileo, nato nel 1300, veniva festeggiato ogni 25 anni, e l’ultimo era stato nel 1975.
Nonostante tutto Marcinkus – che prima era stato guardaspalle di papa Montini (Paolo VI) e nelle Filippine lo aveva salvato da una pugnalata – restò alla guida della Banca Vaticana fino al 1989.

Sopravvisse in carica dopo:

1) il misterioso avvelenamento di Sindona, avvenuto nel 1986 in carcere dopo aver bevuto inconsapevolmente una tazza di caffè al cianuro, e

2)  l’assassinio di Calvi nel 1982, tramite simulata impiccagione sotto l’emblematico ponte londinese dei “Frati Neri”.

In mancanza di autopsia, non credendo alla versione ufficiale di arresto cardiaco, molti misero in relazione la morte di papa Luciani (Giovanni Paolo I), avvenuta nel settembre del 1978, con lo Ior, perché questi aveva avvertito che avrebbe rimesso in ordine l’Istituto nel corso del suo pontificato. Luciani, uomo di fede e di incontestabile rettitudine, quando era patriarca di Venezia non era stato d’accordo con la vendita della Banca Cattolica del Veneto all’Ambrosiano di Calvi per volontà di Marcinkus.
Si parlò molto della permanenza di Marcinkus allo Ior anche durante il pontificato di papa Wojtyla (Giovanni Paolo II). Ma, come sanno persino le colonne del Bernini che circondano Piazza San Pietro, con il nulla osta di Marcinkus uscirono dalle casse dello Ior 100 milioni di dollari in favore del sindacato polacco Solidarnosc diretto da Lech Walesa, la testa di ponte di papa Wojtyla nella crociata per la fine del comunismo.
Nel post-Marcinkus, come ha scritto Gianluigi Nuzzi nel bestseller Vaticano S.p.A., fu creato un nuovo e sofisticato sistema di conti cifrati, di cui fu artefice il cardinale Donato de Bonis: “conti cifrati di banchieri, imprenditori e politici di punta”.
Per salvare lo Ior dalle fiamme dell’inferno e salvaguardare un patrimonio in liquidità valutato 5 miliardi di euro, papa Benedetto XVI ne affidò la presidenza nel settembre 2009 al finanziere cattolico e docente universitario Ettore Gotti Tedeschi.
Lo scopo di Gotti Tedeschi era di adottare le norme antiriciclaggio dell’Unione Europea, ma è dovuto soccombere alle resistenza e alla forza del Consiglio di Amministrazione e al nemico Tarcisio Bertone, segretario di Stato dal 2008, una carriera all’ombra della sottana di Ratzinger e l’accusa di coprire casi di preti pedofili per evitare uno scandalo nella Chiesa.
Ieri è stato diffuso un memoriale di Gotti Tedeschi sulla sua presidenza allo IOR, dal settembre 2009 al 24 maggio del 2012.

Gotti Tedeschi afferma di essere stato fatto cadere da nemici interni (interni ed esterni all’amministrazione della Santa Sede) e affianca al memoriale documenti che potrebbero rivelare atti illeciti e nomi di politici e prelati.
Nel febbraio scorso lo Ior fu coinvolto nel sequestro da parte della magistratura italiana di 23 milioni di euro, per presunto riciclaggio in banche italiane e con operazioni proibite dalla normativa antiriciclaggio dell’Unione Europea [tale sequestro è invece avvenuto nel settembre 2010, NdT].

Lo stesso giorno dell’arresto del maggiordomo del Papa per possesso di documenti riservati e per presunta fuga di notizie, Gotti Tedeschi è stato rimosso dai vertici dello Ior ed è stato sostituito, come detto sopra, dal brasiliano Ronaldo Hermann Schmitz.
La rimozione non è stata gradita da alcuni membri della Commissione Cardinalizia di Vigilanza sullo Ior ed è in corso un braccio di ferro con il cardinal Bertone, che presiede la suddetta Commissione.

Da parte sua Gotti Tedeschi, dopo una vita da cattolico al servizio del Vaticano, spera di poter parlare con Ratzinger e già si dice che assumerà un altro incarico di prestigio.
Secondo la stampa europea ed i vaticanisti, Gotti Tedeschi, come lui stesso ha affermato, aveva l’obiettivo di far funzionare un sistema antiriciclaggio del denaro sporco che da anni contamina lo IOR.
La vicenda dell’ex maggiordomo Paolo Gabriele, che collaborando potrà avere il perdono papale, è servita a mettere in secondo piano la vicenda IOR.
Poiché dicono che il diavolo non dorme mai, un nuovo incendio è scoppiato in Vaticano, e si riferisce ai sequestri nel 1983 delle quindicenni Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, la prima nata e residente in Vaticano.

Sono tuttora scomparse, e l’ultimo filone delle indagini riguarda membri del clero pedofili, sulla base della deposizione dell’arcivescovo Bernard Law, defenestrato da Boston per non aver denunciato i preti pedofili.
Queste sparizioni saranno oggetto di un prossimo articolo. Perchè si ricordi che i magistrati italiani (coinvolti perché Mirella è italiana e fu rapita a Roma) non hanno abbandonato un’altra pista. Cioè che i rapimenti siano collegati alle operazioni di riciclaggio dello Ior.
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Vaticano, maggiordomo rinviato a giudizio.

In casa assegno del Papa da 100mila euro

 
Roma - (Adnkronos/Ign) - Paolo Gabriele sarà processato per il reato di furto aggravato relativo a documenti riservati di Benedetto XVIRinvio a giudizio anche per Claudio Sciarpelletti, informatico della Segreteria di Stato, per il reato di favoreggiamento

 
Roma, 13 ago. (Adnkronos/Ign) - Il maggiordomo del Papa Paolo Gabriele è stato rinviato a giudizio, per il reato di furto aggravato. Con l'aiutante di camera di Benedetto XVI, è stata rinviata a giudizio anche una seconda persona: Claudio Sciarpelletti per il reato di favoreggiamento. La sentenza è stata pronunciata dal giudice istruttore presso il Tribunale di Stato della Città del VaticanoPiero Antonio Bonnet.

 

Paolo Gabriele, che compirà 46 anni domenica, è stato rinviato a giudizio per il reato di furto aggravato legato al cosiddetto scandalo Vatileaks sulla scomparsa e successiva pubblicazione di documenti riservati del Papa. Claudio Sciarpelletti, dipendente della Segreteria di Stato vaticana, nome nuovo in questa indagine giudiziaria e imputato per i reati di concorso nel reato di furto aggravato, violazione di segreto e favoreggiamento è stato rinviato a giudizio soltanto per quest'ultimo reato, mentre per i primi due il giudice ha dichiarato di non doversi procedere rispettivamente per insufficienza di prove e per carenza di prova.

 

Durante la perquisizione in casa di Paolo Gabriele sono stati rinvenuti anche un assegno per 100 mila euro intestato a Benedetto XVI, una pepita d'oro e un libro raro con l'edizione della traduzione dell'Eneide di Annibal Caro del 1581. Nella sentenza di rinvio a giudizio risulta che, alla contestazione tenuta nel corso dell'interrogatorio del 21 luglio da parte del giudice istruttore relativa al rinvenimento tra il materiale sequestrato il 23 maggio di questi tre regali indirizzati al Pontefice, Paolo Gabriele ha risposto: ''Nella degenerazione del mio disordine è potuto capitare anche questo''.

Emerge inoltre che il padre spirituale di Paolo Gabriele ha bruciato i documenti riservati che gli erano stati consegnati dal maggiordomo del Papa dopo averli sottratti al Pontefice. E' quanto lui stesso ha testimoniato, secondo quanto risulta dalla sentenza di rinvio a giudizio.

Nel corso dell'interrogatorio Gabriele ha sostenuto di aver ''conosciuto tramite Internet sia il fatto che il giornalista Gianluigi Nuzzi stava preparando sull'emittente tv La7 la trasmissione 'Gli Intoccabili' sia l'indirizzo della redazione romana che era sito in via Sabotino". Quanto alle ragioni per le quali Gabriele ha fornito a Nuzzi i documenti riservati del Papa, "erano sempre state quelle di venire incontro a un miglioramento della situazione ecclesiale e non mai quelle di far danno alla Chiesa e al suo Pastore", assicura durante l'interrogatorio. ''Vedevo nella gestione di alcuni meccanismi vaticani una ragione di ostacolo o comunque di scandalo per la fede. Mi rendevo conto che su alcune cose il Santo Padre non era informato o era informato male. Con l'aiuto di altri come Nuzzi, pensavo di poter vedere le cose con più chiarezza".

Su Paolo Gabriele è stata disposta una perizia psicologico-psichiatrica che ha stabilito che "la condizione personologica riscontrata non configura un disturbo di mente tale da abolire la coscienza e la libertà dei propri atti" ma "tenuto conto dell'assetto personologico accertato, si considera il soggetto suggestionabile e quindi in grado di commettere azioni che possono danneggiare se stesso o altri".

Claudio Sciarpelletti è un impiegato tecnico informatico della Segreteria di Stato vaticana, nonché un conoscente dello stesso Gabriele. Dopo la perquisizione nel suo ufficio il giorno dopo l'arresto di Gabriele, durante la quale è stata rinvenuta su sua stessa indicazione anche una busta chiusa contenente documenti consegnatigli dallo stesso maggiordomo del Papa, Sciarpelletti è stato arrestato ma trattenuto per una sola notte. Il giorno dopo è stato scarcerato e prima messo in libertà condizionata e poi in libertà provvisoria, sospeso dal suo incarico ma non dallo stipendio.

Cittadino italiano, Sciarpelletti è nato a Roma e ha 48 anni. ''Non può considerarsi affatto un complice di Paolo Gabriele'' ha tenuto a precisare padre Federico Lombardi nel corso della conferenza in sala stampa vaticana.

''Nel corso del suo interrogatorio - ha proseguito padre Lombardi - non sono state confermate le imputazioni più gravi relative ai reati di furto aggravato e di violazione di segreto ma è rimasta in piedi l'ipotesi di favoreggiamento, anche per le contraddizioni, le incoerenze e le incongruità emerse dalla deposizione. La sua, in ogni caso, resta una posizione marginale nell'ambito della vicenda giudiziaria''.

Nella sentenza di rinvio a giudizio il giudice scrive che "le indagini non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende che costituiscono l'oggetto complesso di questa istruzione". Lo stesso padre Lombardi, nella conferenza in sala stampa vaticana, ha confermato che "la sentenza emessa oggi di rinvio a giudizio è solo una conclusione parziale: l'istruttoria continua e rimane aperta, sia nei confronti delle stesse persone per altri reati, sia per altre persone, per verificare l'esistenza di altre eventuali responsabilità. Il compito della magistratura prosegue, nei tempi e nei modo opportuni".

Per quanto riguarda Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti, vi sarà un unico processo penale con un Tribunale costituito da tre giudici. La data non è ancora fissata ma in ogni caso se ne parlerà non prima della fine del prossimo mese, in quanto fino al 20 settembre il Tribunale è chiuso. La pena prevista dal Codice canonico per il reato per cui è imputato il maggiordomo del Papa va da un minimo di 1 a un massimo di 6 anni, salvo l'intervento di grazia da parte di Benedetto XVI, se rispondesse alla richiesta presentata dallo stesso Gabriele con una lettera-domanda affidata alla Commissione cardinalizia voluta dal Papa.

E in ogni caso, ha ricordato padre Lombardi, "i due imputati sono entrambi incensurati e quindi con la possibilità anche del perdono giudiziale" per quanto riguarda la pena da scontare. Non potrà invece esserci patteggiamento. Molto meno, "da nulla a poco" secondo quanto riferito da padre Lombardi, rischia invece l'impiegato informatico della Segreteria di Stato vaticana. Sia Paolo Gabriele che Claudio Sciarpelletti, il primo agli arresti domiciliari il secondo il libertà provvisoria, restano in sospensione cautelare ma con il pagamento dello stipendio.



Da dove proviene quell'assegno intestato al papa?

[Modificato da ReteLibera 15/08/2012 20:04]
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L’assegno tra le carte di Paolo Gabriele è una copia?   

Scritto da Andrea Gagliarducci
  
Martedì 14 Agosto 2012 18:15
 
Tra le carte di Paolo Gabriele, il maggiordomo di Benedetto XVI è stato trovato – si legge nella sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore vaticano Bonnet - un assegno bancario di 100 mila euro intestato a "Santidad Papa Benedicto XVI", datato 26 marzo 2012, emesso dalla Universidad Católica San Antonio de Murcia. Un assegno che – aveva sottolineato l’avvocato Carlo Fusco, il legale di Gabriele – “era finito lì per sbaglio”. Un assegno che forse non dovrebbe nemmeno essere in circolazione.

Almeno a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate da José Luis Mendoza, presidente della Fondazione San Antonio, che gestisce economicamente l’università. Mendoza, in una intervista affidata al quotidiano della regione spagnola della Murcia “La verdad”, afferma che “abbiamo conferma che l’assegno è stato incassato”, e sostiene che probabilmente quella trovata dai magistrati in casa di Paolo Gabriele è “una copia”.
Né la sentenza di rinvio a giudizio, né la requisitoria parlano di una copia dell’assegno, ma di un vero e proprio assegno.

Ma come è possibile che l’assegno fosse tra le carte di Paolo Gabriele se era già stato incassato?

Mendoza racconta: “Approfittando di un viaggio a Cuba, ho consegnato l’assegno al nunzio apostolico perché lo portasse a Sua Santità. Era un assegno nominativo. Ricordo perfettamente di averlo intestato a ‘Su Santidad el Papa Benedicto XVI-Obolo de San Pedro’. E ci risulta che è stato incassato da parte del Vaticano”.
Mendoza dice di non conoscere personalmente il maggiordomo, e afferma comunque di aver avuto diversi incontri con il Santo Padre, anche perché “da tempo l’Università Cattolica di Murcia aiuta la Chiesa. Lo abbiamo fatto sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II e lo facciamo adesso con Benedetto XVI. Anche perché la nostra università non raccoglie e distribuisce dividendi, ma dedica il denaro ad aiutare i poveri, perché è nostro dovere morale, e poi alla ricerca e all’insegnamento”.

Mendoza aspetta di conoscere dettagli, ma non si riesce a capacitare di come questo assegno sia apparso in casa del maggiordomo. E pensa si possa trattare di una copia. “Mi ha sorpreso – dice – e non credo che abbia potuto fare nulla di quel denaro. Abbiamo le prove certe che lo ha incassato il Vaticano”.  

Si tratta allora solo di una copia dell’assegno, descritta in maniera superficiale nella sentenza vaticana?



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[Modificato da ReteLibera 16/08/2012 20:18]
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Se.......................

La pepita d'oro.
L'assegno di 100mila Euro.
Il libro raro.

* Non fossero altro che la ricompensa per le prestazioni omosessuali del maggiordomo.

E nonostante il papa butta le mani avanti..."voglio tutta la verità nient'altro che la verità".


-*- Chi e quale successore del papa avrà il coraggio di dirci la presunta/suddetta verità?



Corsi e ricorsi storici:

Leone X, sarà ricordato per la sua frase:"quanto profitto ci ha portato questa favola di Gesù Cristo" [e pare che quando divenne papa abbia detto a suo fratello Giuliano] "Poichè Dio ci ha dato il Papato, godiamocelo"  

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Giustizia italiana e giustizia vaticana a confronto

 


Nel­la lun­ga te­le­no­ve­la sui va­ti­leaks ci sono ri­svol­ti più in­te­res­san­ti del­la pe­pi­ta d’oro e dell’as­se­gno da 100­mi­la euro de­sti­na­ti a Be­ne­det­to XVI ma tra­fu­ga­ti dal mag­gior­do­mo Pao­lo Ga­brie­le, di cui tan­to hano par­la­to i gior­na­li. Come ha evi­den­zia­to Fio­ren­za Sar­za­ni­ni sul Cor­rie­re del­la Sera, lo scan­da­lo dei do­cu­men­ti ri­ser­va­ti del Va­ti­ca­no pub­bli­ca­ti da Gian­lui­gi Nuz­zi e Il Fat­to Quo­ti­dia­no ri­schia di in­trec­ciar­si con le in­chie­ste del­la ma­gi­stra­tu­ra ita­lia­na in­tor­no all’Isti­tu­to per le Ope­re di Re­li­gio­ne. Due ma­gi­stra­tu­re a con­fron­to. E non è det­to che non si ar­ri­vi allo scon­tro.

Il mag­gior­do­mo, che teme di pas­sa­re da ca­pro espia­to­rio ma pro­cla­ma di aver tra­fu­ga­to le car­te per il bene del­la Chie­sa sen­ten­do­si “un “in­fil­tra­to” del­lo Spi­ri­to San­to, non sarà gra­zia­to. Dopo aver su­bi­to una lun­ga car­ce­ra­zio­ne pre­ven­ti­va, sarà in­ve­ce pro­ces­sa­to (per iro­nia del­la sor­te il 20 set­tem­bre pros­si­mo) con l’ac­cu­sa di fur­to ag­gra­va­to. An­che un in­for­ma­ti­co, Clau­dio Sciar­pel­let­ti, cit­ta­di­no ita­lia­no, è sta­to rin­via­to a giu­di­zio per fa­vo­reg­gia­men­to.

La San­ta Sede, tra­mi­te il por­ta­vo­ce pa­dre Fe­de­ri­co Lom­bar­di, ha chie­sto la col­la­bo­ra­zio­ne del­le au­to­rità ita­lia­ne per far luce su come sono sta­ti tra­fu­ga­ti gli im­ba­raz­zan­ti do­cu­men­ti se­gre­ti. No­no­stan­te l’at­tac­co ri­vol­to al gior­na­li­sta Gian­lui­gi Nuz­zi, il Va­ti­ca­no ten­ten­na nell’avan­za­re la ro­ga­to­ria. Per­ché a sua vol­ta la giu­sti­zia ita­lia­na po­treb­be inol­trar­la in Va­ti­ca­no, per chie­de­re spie­ga­zio­ni su con­ti aper­ti pres­so lo Ior. Con­ti in­te­sta­ti a pre­la­ti, ma che si so­spet­ta sia­no sta­ti uti­liz­za­ti da po­li­ti­ci, fun­zio­na­ri del­lo Sta­to, ma­na­ger, fac­cen­die­ri, per­si­no ma­fio­si per traf­fi­ci poco tra­spa­ren­ti. Al mo­men­to ci sono ben tre in­da­gi­ni aper­te, av­via­te dal­le pro­cu­re di RomaTra­pa­ni e Na­po­li.

Inol­tre, di­ver­si cit­ta­di­ni ita­lia­ni sa­reb­be­ro coin­vol­ti nel­la fi­lie­ra per la tra­smis­sio­ne del­le car­te ri­ser­va­te del Va­ti­ca­no. E se la San­ta Sede chie­des­se la col­la­bo­ra­zio­ne ita­lia­na, la com­pe­ten­za pas­se­reb­be alla pro­cu­ra di Roma. Col ri­schio che ven­ga­no coin­vol­ti an­che re­li­gio­si e uo­mi­ni del Va­ti­ca­no.

A tut­to que­sto si ag­giun­ge la ‘mina va­gan­te’ Et­to­re Got­ti Te­de­schi, già pre­si­den­te del­lo IOR e si­lu­ra­to dal Va­ti­ca­no. Dopo le per­qui­si­zio­ni nell’am­bi­to dell’in­chie­sta Fin­mec­ca­ni­ca, la ma­gi­stra­tu­ra ita­lia­na ha se­que­stra­to mol­ti do­cu­men­ti e me­mo­ria­li ri­ser­va­ti che ri­ve­la­no scon­tri di po­te­re in­ter­ni nei Sa­cri Pa­laz­zi. E Got­ti Te­de­schi si è det­to di­spo­sto a col­la­bo­ra­re.

Il Va­ti­ca­no ha su­bi­to lan­cia­to l’al­tolà per im­pe­di­re l’uso di quei do­cu­men­ti. For­se sa­reb­be di­spo­sto, sug­ge­ri­sce il Cor­rie­re, an­che a non an­da­re a fon­do nell’in­chie­sta che vede ora sot­to tor­chio il mag­gior­do­mo. Pur di non in­ne­sca­re un cir­co­lo di ro­ga­to­rie che non fa­reb­be­ro al­tro che riac­cen­de­re i ri­flet­to­ri sul Va­ti­ca­no, ma­ga­ri fa­cen­do emer­ge­re al­tri coin­vol­gi­men­ti d’Ol­tre­te­ve­re.

Re­sta da ca­pi­re – ed è que­sto che in­te­res­sa al di là del­le be­ghe in­ter­ne in Va­ti­ca­no – qua­le sarà il com­por­ta­men­to del­le au­to­rità ita­lia­ne. Se per esem­pio l’at­teg­gia­men­to ri­marrà quel­lo teso a fa­vo­ri­re il Va­ti­ca­no, come ac­ca­du­to re­cen­te­men­te pro­prio sul tema del­la tra­spa­ren­za fi­nan­zia­ria per Mo­ney­val. An­che gra­zie, come emer­ge an­che dai do­cu­men­ti pub­bli­ca­ti dal­lo stes­so Nuz­zi, allo stret­tis­si­mo con­nu­bio tra isti­tu­zio­ni ita­lia­ne e va­ti­ca­ne per orien­ta­re l’agen­da po­li­ti­ca del pae­se.

Il si­ste­ma mes­so in pie­di dal Con­cor­da­to, che im­pe­di­sce di af­fer­ma­re com­piu­ta­men­te la lai­cità in Ita­lia, è in­fat­ti sbi­lan­cia­to a fa­vo­re del Va­ti­ca­no an­che su aspet­ti poco co­no­sciu­ti. Im­pe­den­do per esem­pio alla giu­sti­zia ita­lia­na di in­da­ga­re più a fon­do su temi scot­tan­ti come tra­spa­ren­za fi­nan­zia­ria, in­trec­ci po­li­ti­co-re­li­gio­si e giri di de­na­ro so­spet­ti che coin­vol­go­no il Va­ti­ca­no.

Met­ter­vi mano al più pre­sto sta di­ven­tan­do in­di­spen­sa­bi­le, come an­che que­sta vi­cen­de di­mo­stra­no.



http://www.uaar.it/news/2012/08/18/giustizia-italiana-giustizia-vaticana-confronto/
 
[Modificato da ReteLibera 19/08/2012 10:13]
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