Il Governo delle prese in giro: IVA sì, poi il contentino degli sconti sull’energia elettrica e i prestiti a tasso agevolato

Sicuramente è una grossa presa in giro. Da una parte tolgono 100 e dall’altra ti restituiscono 20 (naturalmente dietro l’adempimento di qualche tonnellata di burocrazia). Una miseria che tradisce, davanti alle difficoltà degli italiani, la sempre più evidente contraddittorietà del Governo Letta, incapace di attuare politiche incisive, che mirino a salvaguardare l’efficienza e la produttività dell’economia italiana.

L’analisi è impietosa. Perché per quanto Letta stia cercando di dimostrare di essere l’uomo giusto al posto giusto, le resistenze – soprattutto della sua parte politica – minano dalle fondamenta l’azione del Governo.Il Partito Democratico, si sa, è il partito delle tasse ed è il partito alla fedeltà ottusa europea: non è possibile con questa compagine politica attuare reali politiche di tutela dell’interesse nazionale, anche ponendosi di traverso all’Europa. Il noto mantra “ce lo chiede l’Europa” è soprattutto sinistro, perché la dittatura europea rispecchia l’idea di società della sinistra: controllata dalla culla alla morte; relativizzata e asservita alle elitè illuminate.

Letta si dimostra figlio di questo sistema che non vuole o non può cambiare.Eccolo dunque alle prese con un dilemma sheakesperiano: cancellare l’IMU e tagliare l’IVA, e subire le ire di Bruxelles, oppure fregare ancora una volta gli italiani, lucidando loro gli occhi con qualche “sconticino” sull’energia elettrica e qualche prestito agevolato alle imprese, e accontentare Bruxelles. La scelta, ancora una volta, pare stia cadendo sulla seconda opzione, la più semplice e immediata in un sistema istituzionale dove la democrazia è soffocata in un meccanismo che tende a coinvolgere poco o nulla il popolo nelle decisioni fondamentali che lo riguardano.

Un altro Governo direbbe certamente la verità ai cittadini: non possiamo mettere in atto politiche economiche efficaci, perché siamo bloccati da un assurdo patto di stabilità europeo; non possiamo spendere soldi pubblici perché dobbiamo ridurre il deficit e il debito pubblico, così come impostoci dal trattato di Maastricht, per favorire la nascita dell’euro. Finché siamo in Europa… in questa Europa, le nostre politiche economiche le decide la Troika e asservono gli interessi di tutti tranne che degli italiani.

La verità è questa, unitamente a un difetto genetico del nostro assetto costituzionale che sfavorisce la cultura dell’impresa e del business reale (non mi riferisco alla speculazione finanziaria), considerato quasi un peccato vergognoso e dunque soffocato nelle strette maglie della burocrazia statale ed europea e della sindacalizzazione dell’attività d’impresa.

In altre parole siamo davanti a un vicolo cieco che potrebbe essere spianato solo e se il Governo avesse l’autorità, l’autorevolezza e il sostegno nazionale per abbattere il muro oligarchico che si trova davanti. Ma è quasi un sogno, un lambire gli orizzonti della fantascienza politica. L’Italia non è in grado di staccarsi dall’Europa, né di emanciparsi dalle elitè finanziarie nazionali e internazionali che governano il nostro paese, sotto l’apparenza di un Governo eletto… o quasi. Siamo alla mercè di una potente oligarchia, contro cui il nostro sistema democratico non può fare nulla, se non obbedire!