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Ricca chiesa in povero Stato

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2011 17:05
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I FINANZIAMENTI ALLA CHIESA CATTOLICA IN EMILIA ROMAGNA:

2 MILIONI DI EURO L'ANNO SOLO PER GLI STIPENDI DEI CAPPELLANI!




Solo per gli stipendi dei cappellani negli ospedali arrivano dalla Regione oltre due milioni di euro l’anno.
E dal 2000 al 2009 per la costruzione e il mantenimento degli uffici di culto il Comune di Bologna ha speso circa 6 milioni di euro.

Viaggio tra contributi di legge e le esenzioni di cui gode il clero in regione Non solo Ici. Dagli stipendi dei cappellani in ospedale ai finanziamenti per l’edilizia di culto, nella rossa Emilia Romagna la fede cattolica viene incoraggiata a suon di consistenti prelievi dai bilanci locali. Diverse voci di spesa ed esenzioni inserite qua e là tra le delibere si traducono in un tesoretto di soldi pubblici di diversi milioni di euro. Una cifra che in tempi di sacrifici generalizzati comincia a far storcere il naso anche ad alcuni politici.

Oltre all’esenzione dalle imposte locali al centro delle polemiche da diversi giorni, in Regione la chiesa cattolica gode di altri vantaggi economici sotto diverse forme. Tra i versamenti più consistenti compare quello dedicato all’edilizia ecclesiastica. Nonostante un patrimonio che solo a Bologna conta circa 1200 immobili appartenenti alla Curia, per legge i Comuni hanno la possibilità (ma non l’obbligo) di destinare tra il 7% e il 9% degli oneri di urbanizzazione secondaria incassati ogni anno, all’edilizia religiosa.

Secondo i calcoli del circolo bolognese dell’Uaar, l’Unione atei e agnostici razionalisti, dal 2000 al 2009 per la costruzione e il mantenimento di edifici di culto, il Comune di Bologna ha speso in tutto circa 6 milioni di euro.

A Ravenna solo nell’ultimo anno sono stati versati oltre 255mila euro, a Rimini più di 95mila, mentre a Reggio Emilia il Comune ha deciso di alzare la quota spettante alle chiese e agli altri edifici per servizi religiosi, portandola all’8%. E se il denaro non è riservato alla Chiesa cattolica è vero anche che questa si mangia gran parte della fetta.

Nel 2004, sempre a Bologna, della cifra record pari a 799mila euro, ben 680mila euro sono stati assegnati alla Curia Arcivescovile .

E mentre gli enti locali si preparano a scendere in piazza contro la manovra regalando ai giornali nefaste previsioni sul futuro dei servizi, anche quest’anno l’Azienda sanitaria regionale spenderà circa 2milioni di euro per pagare gli stipendi ai cappellani che si occupano dell’assistenza religiosa negli ospedali.

I numeri li fornisce l’assessore regionale alla sanità Carlo Lusenti, rispondendo a un’interrogazione del consigliere regionale Gabriella Meo. Dove precisa che “proprio per la natura religiosa dei compiti svolti la presenza di personale religioso non inficia in alcun modo le assunzioni del personale sanitario”.

In Emilia Romagna l’ingaggio dei cappellani, ai quali viene garantito uno stipendio simile a quello degli infermieri laureati, funziona in questo modo: in virtù di una legge regionale, ciascuna azienda sanitaria stipula una convenzione annuale con la Diocesi competente, la quale a sua volta ha il compito di scegliere gli assistenti religiosi in modo tale da averne uno ogni 200 posti letto.

Dall’edilizia alla sanità, passando per l’istruzione la musica è la stessa. A Bologna, poco dopo la bocciatura del referendum sui fondi comunali alle scuole private, Palazzo d’Accursio ha deciso di prorogare il finanziamento di 1.055.000 euro a vantaggio delle scuole dell’infanzia private, in maggioranza cattoliche.

Cifra che fa il paio con i 6,4 milioni di trasferimenti statali piovuti da Roma sulle scuole paritarie di tutta l’Emilia Romagna.

Insomma, sembra che la fede di alcuni comporti un conto salato per tutti.

L’ex-vescovo ausiliare di Bologna, monsignor Ernesto Vecchi, si limita a liquidare la questione dei privilegi come “una polemica ridicola, tirata fuori da chi non è ben informato”, dato che la Chiesa “è esentata solo quando offre servizi alla povera gente, così come lo sono le Onlus e gli altri enti che si occupano di sociale”.

Intanto però, sotto la spinta delle proteste divampate sui social network, anche parte della politica sta pensando di rivedere le regole imposte alla Chiesa. A Palazzo d’Accursio il sindaco di Bologna Virginio Merola si è detto disponibile a “far pagare le tasse agli immobili ad uso commerciale”. Mentre in Provicia il consigliere dell’Italia dei Valori Paolo Nanni ha promesso di “sottoporre alla giunta la questione dell’esenzione dal Cosap”, ossia il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche. All’inizio dell’anno, infatti, Palazzo Malvezzi ha reintrodrotto l’obbligo della tassa sui passi carrai, escludendo però dal pagamento la Chiesa.

Insomma, le vie del signore, direbbe qualcuno, sono infinite. E quelle dei soldi anche. Specialmente quando finiscono dritti nelle casse della Chiesa Cattolica.


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[Modificato da ReteLibera 24/11/2011 20:16]
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LECCE,LA PROVINCIA STANZIA 190.000 EURO

PER PARROCCHIE E ORATORI.



“Nonostante la situazione debitoria dell’ente”, la Provincia di Lecce ha stanziato 190.000 euro a favore di parrocchie, oratori e associazioni della Chiesa cattolica.



Se c'è un connubio indissolubile è quello tra lo stato italiano e i finanziamenti alla Chiesa Cattolica.

Devo dire che ogni qual volta uso Google,c'è sempre l'imbarazzo della scelta,allorchè digito le fatidiche tre paroline:finanziamenti chiesa cattolica.

Ebbene questa volta ho scoperto che qualche mese fa,l'indebitata provincia di Lecce ha stanziato poco meno di 200 mila euro  a  favore di 51 enti tra parrocchie, oratori e associazioni di tutto il territorio salentino.

Il fine?

Il solito diremmo noi..Ossia sostenere le attività della Chiesa cattolica.

I finanziamenti sono stati concessi sulla base delle domande pervenute e si dividono in due blocchi: per 31 strutture sono stati messi a disposizione 4mila e 400 euro mentre per le restanti 17 la somma è di 2mila 350 euro.

La graduatoria è stata stilata dal dirigente del servizio Politiche sociale di Palazzo dei Celestini, Gilberto Selleri, sulla base dei verbali trasmessi dalla commissione incaricata di valutare le richieste.“Abbiamo voluto puntare l’attenzione su azioni dirette a favorire concretamente lo sviluppo della socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei giovani, di qualsiasi nazionalità residenti nel territorio della provincia di Lecce”, ha commentato il presidente della Provincia, Antonio Gabellone.


È un progetto a cui teniamo molto – si legge ancora nel comunicato - e che cercheremo di ampliare nel corso degli anni, man mano che la situazione debitoria dell’ente rientrerà.

Nonostante tutto, però, siamo riusciti con forza e caparbietà a trovare quasi 200 mila euro di risorse per avviare questa prima tranche di contributi, destinati ad opere meritorie che nel Salento ogni giorno, in silenzio e con operosità, creano i presupposti per abbattere il degrado sociale, i rischi di emarginazione giovanile”.Non c'è alcun dubbio sulla nobiltà del progetto. Molti ve ne sono sul soggetto che li porterà avanti.

Perchè uno Stato laico come il nostro deve avvallersi dell'aiuto,tra l'altro remunerato, di una comunità religiosa?

Non è forse anche compito dello Stato provvedere ai giovani?
 
A voi l'ardua sentenza.

Vi lascio per completezza il documento originale della Provincia di Lecce,che attesta la ripartizione dei finanziamenti.

E' in formato Pdf e lo trovate a 
quest'indirizzo.

Leggete,giudicate e commentate.

E arriverci al prossimo finanziamento alla Chiesa..


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[Modificato da ReteLibera 24/11/2011 20:15]
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LA VISITA DEL PAPA A LAMEZIA E' COSTATA DUE MILIONI DI EURO.


DUE MILIONI DI EURO CIRCA IL COSTO DELLA VISITA PAPALE: 1,3 MILIONI STANZIATI DAL COMUNE DI LAMEZIA E 700.000 EURO DALLA PROVINCIA DI CATANZARO E DALLA REGIONE CALABRIA.


La visita del papa vale «molto di più delle somme che saranno spese»: «Un evento del genere e la storia stessa della Chiesa non si possono ridurre certo ad una mera valutazione economica».

Con queste parole, nel luglio scorso,mons. Luigi Cantafora, vescovo di Lamezia Terme, cercava di placare sul nascere le possibili polemiche circa i fondi stanziati dalle amministrazioni locali per la visita di Benedetto XVI in Calabria il 9 ottobre.

E non aveva tutti i torti il monsignore,visto il tam tam mediatico che ha accompagnato l'ennesima visita del pastore tedesco, con le relative polemiche riguardo ai costi.


I costi,le spese,chiamateli come vi pare,ma resteranno sempre fondi pubblici stanziati da uno stato laico per la visita di un'autorità religiosa.E che fondi!Il saluto pontificio sarebbe costato finora qualcosa come due milioni di euro: un milione e 340 forniti dal Comune (col placet del sindaco Speranza, Sel), quasi 700 mila quelli stanziati da Provincia di Catanzaro e Regione Calabria.

Gli enti locali, denuncia Usb, “già in profonda difficoltà per i tagli previsti” hanno preferito “ridurre ulteriormente i propri fondi, destinandoli alla visita del papa, anziché ai cittadini”.

Il Comune ha inoltre garantito la concessione gratuita alla curiadi un'area atta alla costruzione di una nuova cattedrale e di diverse "scuole cattoliche". Più, ovviamente, la "riabilitazione" dell'ex area Sir - che verrà poi intitolata a Benedetto - per soli 500 mila euro, con lavori aggiudicati con un ribasso del 40% - di cui Speranza, peraltro, va fiero.

Tutto ciò ci sembra davvero eccessivo e assai fuori luogo”, lamenta l’Unione Sindacale di Base, considerando anche le esenzioni e i finanziamenti di cui gode la Chiesa.

Tutto qua?

Ma neanche per sogno!

Per la visita è stato messo a disposizione della cittadinanza un numero verde dedicato, la copertuta WiFi dell'area interessata e il potenziamento delle celle dei trasmettitori telefonici, che permetterà una ricezione migliore per le decine di migliaia di persone previste.


Molto bello - infine - il 
sito web, non male il cappellino e la maglietta ufficiale, encomiabili i soli 150 mila euro stanziati dalla curia, ineccepibile la sincera dichiarazione del vescovo di Lamezia Luigi Cantafora: "Il gesto della visita del Santo Padre è eloquente. Viene a visitare la nostra povertà".


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Il Comune di Roma ha destinato 1 milione di euro alle parrocchie nel

2010,per un massimo di 20.000 euro a comunità.



Accade tutto nel gennaio dello scorso anno.Il campidoglio destina un vero e proprio tesoretto alle parrocchie romane.
A metterlo a disposizione niente meno che i 22 consiglieri della maggioranza capitolina che,con una delibera,hanno disposto uno stanziamento di un milione di euro come "contributi alle parrocchie capitoline".

Un finanziamento concesso «in considerazione dell' insostituibile ruolo che svolgono in favore della comunità cittadina».
La particolarità dell'iniziativa sta nelle modalità con cui è possibile accedere ai finanziamenti. Il bando, pubblicato a dicembre e in scadenza il prossimo 1 febbraio, prevede infatti che ogni singola parrocchia interessata ai fondi possa inviare un modulo direttamente al Gabinetto del sindaco che, senza bisogno di ulteriori autorizzazioni o passaggi in altri uffici, provvederà ad erogare fino 20mila eurocon immediato bonifico bancario.

Alla parrocchia, dunque, il solo compito di indicare nel modulo il codice Iban per il bonifico e il tipo di progetto per cui intende ricevere i contanti. 

Una procedura ormai consolidata nel centrodestra, soprattutto se si ricorda che nel 2001 l'allora presidente della Regione Francesco Storace tentò di far passare (pochi mesi dopo la sua elezione a governatore) una legge su generose sovvenzioni agli oratori che suscitò la sollevazione del centrosinistra.

 Così Storace dovette correggere il tiro e inserire, all' ultimo minuto, un emendamento per estendere il finanziamento anche agli istituti non cattolici riconosciuti dalla Stato.


Ma torniamo alla delibera.C'è da dire che anche stavolta quelli del Pd non l'hanno presa benissimo.
Queste le parole del consigliere comunale Pd Massimiliano Valeriani:

«La delibera con cui si sovvenzionano le parrocchie assomiglia sfacciatamente a una marchetta elettorale e clientelare degna della Roma degli anni ' 50 e non rientra in nessuna politica di valorizzazione complessiva delle diocesi e delle altre realtà associative della Capitale».

Pochi mesi dopo,infatti,si sono tenute le elezioni amministrative..Insomma un regaluccio a quanto pare con fini elettorali.
Ma sarà stato l'unico? Ma quando mai! Oltre al milioncino alle parrocchie,il comune di Roma aveva assegnato al Vaticano,solo poco tempo prima,  un prestigioso villino di proprietà comunale dentro il parco di Monte Mario, dono del Campidoglio a una fondazione vicina al Papa.Mica finisce qui..

Come documentato da noi a suo tempo,
Alemanno ha regalato un terreno di 13 ettari nel marzo del 2009.

Riassumento,nel 2009 la "storia d'amore" tra il Vaticano e il Comune capitolino ha "partorito":

1)1 milione di euro alle parrocchie

2)Un villino dentro il parco di Monte Mario

3)Un terreno di 13 ettari.



Poi dici il perchè della crisi dei bilanci comunali...
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Napoli: suore dell'Ordine del Buon Pastore sfrattano 300 bambini da una scuola media.


di Martina Strazzeri

Le suore dell'Ordine del Buon Pastore hanno dato lo sfratto alla sede centrale della scuola Belvedere, situata nel quartiere Vomero di Napoli. La causa sarebbe da reinvenire nei ripetuti ritardi nei pagamenti del fitto da parte del Comune di Napoli. Così, ora all'incirca 300 alunni non potranno frequentare più la loro scuola. Secondo alcune voci, le suore vorrebbero trasformare l'edificio scolastico in un B&B.


Le polemiche non si sono fatte attendere: «La Chiesa non paga la crisi, e questo non è giusto». Così recitano gli striscioni messi fuori dalla scuola. E ancora: «Se le suore sfrattano i bambini sono peggio della Gelmini».


Un presidio è stato attuato dagli attivisti di Reclaim, una rete urbana contro la crisi:
«La Chiesa, che ha già mille privilegi, non paga la crisi, a differenza delle famiglie, degli studenti, dei precari. Ora basta».

Gennaro Fossataro, preside della scuola Belvedere, ha così commentato la notizia:
«Le dico un dato nella succursale di vico Acitillo, dove inizialmente c'erano poco meno di 500 studenti, ora, dopo la chiusura della nostra sede centrale di via Belvedere, siamo costretti ad ospitare oltre 800 studenti. Abbiamo dovuto affrontare non poche difficoltà e disagi, noi e anche le famiglie. Lamentavano il ritardo nei pagamenti da parte del Comune, l'attuale amministrazione ha tentato di trovare una soluzione, ma le suore non hanno voluto sentir ragione».

Le suore sono di poche parole, visto che si sono limitate ad un breve commento alla stampa: «Confermiamo che c'é stato lo sfratto. Non abbiamo progetti e non ne vogliamo parlare».

Gli attivisti hanno chiesto che la scuola «ritorni alla sua sede centrale in via Belvedere e che venga impedita la costruzione di un'opera speculativa come un albergo in via Belvedere». Tra questi, figura anche il consigliere comunale, Pietro Rinaldi, eletto nella lista civica 'Napoli e' tuà che ha sostenuto la candidatura di de Magistris, che ha detto: «La crisi sta colpendo tutti e tutti stanno facendo sacrifici non è giusto che gli enti ecclesiastici non partecipino a questi sacrifici».



Fonte del post: 
http://vergognarsi.blogspot.com/2011/10/napoli-suore-dellordine-del-buon.html


Ma le suore si sono dimenticate che cosa insegna loro il tanto adorato vangelo?

35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.  (Mt 25,35-36)


[Modificato da ReteLibera 24/11/2011 20:17]
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Sicilia, 22 milioni di fondi europei alla Chiesa Cattolica





L’assessore della Regione Sicilia dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Sebastiano Missineo, ha promosso e sottoscritto con la Chiesa dell’isola un protocollo di intesa per conservazione e tutela dei luoghi di culto cattolici. A firmare l’intesa per la Chiesa, mons. Domenico Mogavero, vescovo che ha la delega della Conferenza episcopale della Sicilia per i beni culturali. Un comitato analizzerà le varie richieste e proporrà gli interventi, in modo da evitare quelli che mons. Mogavero ha definito “corsie preferenziali che si sono verificate in passato” per “dare la possibilità a tutte le diocesi di accedere allo stesso modo alle risorse”. La Chiesa promette, con lo sblocco dei fondi, la promozione in questi siti di eventi in grado di richiamare più turisti.

La Regione ha messo a disposizione i primi 11 milioni di euro dal Po-Fesr 2007-2013 (Programma Operativo – Fondo europeo per lo sviluppo regionale), cui se ne aggiungeranno altri 11, per un totale di circa 22 milioni. Senza contare ulteriori finanziamenti sui Programmi Operativi Interregionali, sempre a beneficio della Chiesa.





http://www.uaar.it/news/2011/06/30/sicilia-ventidue-milioni-di-fondi-europei-alla-chiesa/
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Il finanziamento delle chiese in alcuni paesi europei

e il confronto con la situazione italiana



VEDIAMO COME VENGONO FINANZIATE LE


CHIESE ALL'ESTERO E CONFRONTIAMOLO


CON QUANTO AVVIENE IN ITALIA.








A. Le forme basilari del finanziamento


Nei paesi considerati il finanziamento delle chiese presenta tre forme basilari. Queste forme esistono allo stato puro solo concettualmente; nella realtà, esse si intersecano e completano a vicenda.

1. Sistema della libera offerta. Questo sistema è tipico delle situazioni di separazione fra stato e chiesa (es. Francia, Paesi Bassi) o delle situazioni in cui una chiesa è decisamente minoritaria. In questo sistema sono i singoli fedeli a decidere se contribuire, a stabilire l'ammontare, e talvolta la destinazione, del loro contributo.

2. Sistema del contributo ecclesiale. Questo sistema è tipico delle situazioni di collaborazione fra stato e chiesa.
La chiesa fissa autonomamente l'ammontare del contributo dei propri fedeli e lo incassa direttamente attraverso propri organi. Lo stato le presta assistenza legale (tribunali) in caso di mancato versamento del contributo. Oggi, di fatto il contributo viene fissato in modo puramente indicativo e si rinuncia all'assistenza dello stato per il suo ricupero forzoso. In Francia, ad esempio, si indica come contributo l'1-3% del reddito o l'equivalente allo stipendio di 1-3 giornate di lavoro; in Inghilterra e Galles, una somma equivalente a un decimo del reddito.

3. Sistema del contributo obbligatorio (tassa del culto). Questo sistema è tipico delle situazioni di collaborazione e mutua assistenza fra stato e chiesa. L'ammontare del contributo è rigidamente fissato sulla base della dichiarazione dei redditi e viene riscosso dallo stato, all'occorrenza in modo coercitivo.

A parte le forme indicate, il finanziamento delle chiese avviene anche sotto forma di proventi derivanti dai loro investimenti in beni mobili e immobili, spesso ingenti, da collette straordinarie, organizzate nel corso dell'anno e, in alcuni paesi (per es. l'Italia) dai cosiddetti "diritti di stola" (stipendi per la celebrazione delle messe o offerte "consuetudinarie" per la celebrazione di battesimi, matrimoni, funerali).


B. I finanziamenti nei paesi considerati


1. Austria

In Austria non esiste chiesa di stato. Le associazioni religiose che soddisfano certi criteri sono considerate associazioni di diritto pubblico. Fra la Chiesa cattolica e lo stato austriaco non esiste alcun concordato. Il rappresentante legale del patrimonio della diocesi è il vescovo e il rappresentante legale del patrimonio della parrocchia è il Consiglio parrocchiale.

Il sistema di finanziamento della chiesa austriaca è semi-statale. La chiesa incassa direttamente, a livello diocesano, il contributo dei propri membri (1,15% del reddito). Lo stato le presta assistenza per l'incasso forzato in caso di inadempienza (attualmente, circa 18.000 casi all'anno, su un totale di circa 30.000 abbandoni della chiesa). Sono previste riduzioni del contributo per le famiglie e per altre persone disagiate.

Il contributo obbligatorio rappresenta circa l'80% delle risorse finanziarie della chiesa. L'altro 20% è rappresentato da offerte e collette (a livello diocesano, ma soprattutto a livello parrocchiale), redditi da immobili, sovvenzioni dello stato o dei comuni per particolari iniziative.

L'allocazione delle risorse disponibile è gestita dal consiglio diocesano, formato da 5 sacerdoti e 10 laici nominati dal vescovo, in parte su proposta del consiglio pastorale. Il 10% dei contributi dei fedeli incassati dalle diocesi ritorna alle parrocchie. Il resto va in stipendi (circa il 55%), in spese per gli edifici di culto e del personale ecclesiastico, per gli uffici e le istituzioni diocesani, per le scuole e le istituzioni formative e in contributi sovradiocesani.

Le associazioni religiose giuridicamente riconosciute vengono trattate tutte allo stesso modo e ugualmente esentate dal pagamento delle imposte associative.

Gli stipendi degli insegnanti di religione e del personale delle scuole private sono pagati dallo stato. Lo stato elargisce dei contributi anche alle istituzioni caritative (asili, case di riposo, cronicari, ecc.), nonché ai cappellani militari, ecc.).

Entro un certo tetto i contributi a scopi fini religiosi o caritativi sono deducibili dalle tasse.

A livello sovradiocesano, le diocesi finanziano le istituzioni della conferenza episcopale, gli organismi ecumenici e il Vaticano (obolo di s. Pietro).

A finalità caritative interne e internazionali viene destinato circa il 10% dei contributi raccolti dalla chiesa. Gli aiuti ai paesi del Terzo Mondo sono assicurati da diocesi, parrocchie e congregazioni missionarie. Gli aiuti ai poveri e agli emarginati interni passano normalmente attraverso le Caritas diocesana e parrocchiale.

2. Belgio

In Belgio, la religione cattolica è finanziata dallo stato su base parrocchiale e in proporzione al numero dei residenti nella parrocchia (anche se i praticanti sono mediamente solo il 10%). I finanziamenti statali coprono i sussidi-stipendi del clero e le spese di gestione degli edifici e delle attività religiose.

I fabbricati della chiesa non sono sottoposti ad alcun controllo finanziario e ad alcuna richiesta amministrativa. La legge obbliga i comuni ad appianare i loro eventuali deficit. Esiste una notevole sperequazione finanziaria a livello di parrocchie: alcune sono molto ricche e altre molto povere.

Lo stato finanzia anche le capellanie militari (personale ed edifici) dei diversi culti riconosciuti; provvede ai fondi pensione per il clero, gli assistenti pastorali laici, i professori di religione.

Le congregazioni religiose cattoliche possiedono un consistente patrimonio mobiliare e immobiliare che sfugge persino alla conoscenza delle cancellerie vescovili.

Gli altri culti ricevono dei sussidi in base del numero dei loro fedeli (ma, globalmente, non più del 2% della somma ricevuta dalla Chiesa cattolica).

3. Francia

A parte tre dipartimenti (Mosella, Alto Reno e Basso Reno, dove vige un regime concordatario), in Francia non esiste chiesa di stato. Lo stato "non riconosce e non finanzia alcun culto". Le risorse finanziarie delle chiese provengono dalle offerte e donazioni spontanee dei fedeli, dalle collette domenicali, dagli stipendi per le messe, dalle offerte legate alla celebrazione di battesimi, matrimoni, funerali, dalle rendite di beni mobili e immobili e dal "contributo per la chiesa", fissato indicativamente a 1-3% del reddito o all'equivalente di 1-3 giornate di lavoro. Il versamento e l'ammontare di questo contributo è libero ed è riscosso in genere dalle parrocchie, che ne trattengono una parte in accordo con la diocesi.

Anche se la legge vieta il finanziamento dei culti, lo stato si comporta in modo elastico e pragmatico e finanzia di fatto certe realtà religiose: cappellanie (personale e strutture) dell'esercito, degli ospedali, delle prigioni); edifici di culto di importanza storica o turistica; pensione di vecchiaia e previdenza malattie dei ministri di culto; certe manifestazioni religiose comportanti dei risvolti civili; certi programmi religiosi radiofonici e televisivi...

Determinate istituzioni educative possono concludere dei contratti di associazione con lo stato, il quale paga gli stipendi degli insegnanti, in cambio di certe assicurazioni. Anche le università cattoliche ricevono delle sovvenzioni da parte dello stato, sempre in cambio di certe assicurazioni.

Le associazioni religiose, al pari di quelle a finalità umanitaria o cultuale, godono di un trattamento fiscale di favore (esenzione dalla tassa fondiaria, dalle tasse di successione, ecc.). Fino a un certo livello, i contributi destinati alle associazioni di pubblico interesse (comprese le chiese) sono detraibili dalle tasse.

Le diverse chiese godono di un identico trattamento in materia di finanziamento pubblico.

I beni della chiesa sono amministrati, a livello diocesano, da vescovo e, a livello parrocchiale, dal parroco. Sia a livello diocesano che a livello parrocchiale, si vanno diffondendo i consigli degli affari economici, con una crescente partecipazione dei laici.

Cresce il numero delle parrocchie che pubblicano resoconti consuntivi e anche bilanci preventivi. Nel 1990 la Chiesa cattolica ha pubblicato per la prima volta il suo bilancio nazionale.

Le maggiori spese della chiesa sono quelle riguardanti il personale (circa 20.000 persone).

Le comunità si interessano poco alle questioni economiche, che restano in mano al clero. I fedeli non sanno in genere né da dove vengono né dove vanno i soldi. Nella gestione delle risorse ecclesiali c'è ancora poca trasparenza e democrazia.

Certe diocesi aiutano le diocesi più povere. Nonostante le apparenze e una convinzione piuttosto diffusa nell'opinione pubblica, la chiesa cattolica francese è povera. Essa finanzia anche il Vaticano attraverso l'obolo di s. Pietro (10 milioni di franchi).

In Francia, l'attività umanitaria e le iniziative di solidarietà non entrano in linea di principio nel bilancio della chiesa in quanto tale e questo perché la legge francese limita la sua attività al campo puramente cultuale. Comunque certe diocesi hanno creato dei servizi di solidarietà a favore sia dei poveri ed emarginati interni sia delle necessità delle chiese povere del Terzo Mondo e dei paesi in via di sviluppo.

4. Germania

In Germania non esiste chiesa di stato. Le chiese cattolica, protestante e vecchio-cattolica e la comunità ebraica sono "associazioni di diritto pubblico". E' tuttora in vigore il concordato stipulato nel 1933 fra Hitler e la Santa Sede. Per le chiese di cui sopra lo stato si incarica della riscossione della "tassa del culto", all'occorrenza anche in modo forzato mediante procedura giudiziaria.

Le risorse della Chiesa cattolica provengono per circa l'80% dalla tassa del culto, per circa il 10% da proventi dei beni patrimoniali, per circa il 10% da sovvezioni pubbliche e per circa 1% da collette.

Lo stato tedesco mantiene certe istituzioni centrali (per esempio, vescovo militare e cappellani militari), paga gli stipendi dei vscovi, dei professori di teologia, degli insegnanti di religione nelle università e nelle scuole pubbliche e private. Gli stipendi di eductori-educatrici degli asili infantili, del personale di molti ospedali, delle case di riposo, dei consultori sono assicurati da un finanziamento misto, con un'elevata partecipazione da parte dello stato. Anche i costi del mantenimento degli edifici di culto, dei monumenti religiosi ecc., sono spesso sostenuti dallo stato.

Le chiese libere e le altre associazioni religiose minori (es. islam) non ricevono alcun finanziamento dallo stato. A volte sono loro stesse a non volerlo.

Le chiese godono di certi vantaggi fiscali (per esempio, esenzione dal pagamento della tassa fondiaria, delle spese inerenti a processi civili). I contributi dati alle chiese sono deducibili dalle tasse.

Le risorse finanziarie sono gestite, a livello diocesano, da un consiglio degli affari economici diocesano, composto da membri in parte eletti e in parte nominati dal vescovo e da esperti e, a livello parrocchiale, dal consiglio amministrativo, composto con gli stessi criteri del consiglio diocesano.

La partecipazione dei laici varia da diocesi a diocesi, ma in genere è assicurata.

In linea di principio, il controllo sulla gestione delle risorse della chiesa è possibile, ma i bilanci non sono sempre dettagliati e trasparenti. Le decisioni veramente importanti sono prese a livello diocesano senza alcun coinvolgimento dei comuni fedeli.

L'opinione pubblica non si interessa di queste faccende; i partiti politici ne stanno alla larga per timore di di alienarsi i loro elettori.

La Chiesa cattolica tedesca finanzia con una certa generosità gli organismi sovradiocesani, gli organismi internazionali e le chiese dei paesi poveri. Nella diocesi di Limburg, ad esempio, nel 1992 l'11% delle spese ha riguardato strutture sovradiocesane e soprattutto progetti nel Terzo Mondo.

Dei poveri ed emarginati, sia interni che internazionali, si occupa in genere la Caritas, la quale riceve notevoli sovvenzioni dallo stato e costituisce una sorta di multinazionale della carità. In genere, opera bene.

5. Inghilterra e Galles

In Inghilterra e Galles, la Chiesa di Inghilterra (anglicana) è chiesa di stato. I vescovi di questa chiesa vengono nominati dal primo ministro. Non esiste alcun concordato fra la Santa Sede e il Regno Unito, anche se recentemente sono state stabilite reciproche relazioni diplomatiche.

Le altre chiese (quindi anche quella cattolica) sono considerate e trattate alla stregua di ONG (organizzazioni non governative). Le loro relazioni con lo stato sono regolate da norme specifiche e lo stato non intende interferire nella loro attività interna.

Lo stato continua a versare delle somme alla Chiesa cattolica come risarcimento dei beni di quest'ultima trasferiti in passato alla Chiesa di Inghilterra.

Tutte le chiese (compresa la Chiesa di Inghilterra) dipendono dalle libere offerte settimanali dei loro membri (in genere, poca cosa), dai contributi obbligatori (in genere, un decimo del reddito nelle chiese evangeliche, meno in quella cattolica), dal finanziamento pubblico, da altre fonti di reddito (terreni, investimenti; meno nel caso della Chiesa cattolica, che è stata riammessa legalmente solo nel 1829).

In Inghilterra, nessuna chiesa riceve finanziamenti governativi diretti. Lo stato contribuisce comunque in vari modi al finanziamento delle attività delle chiese: mantenimento e restauro di edifici considerati di interesse storico; sussidi all'educazione cattolica e alla conservazione degli edifici scolastici attraverso alcune scuole di stato cattoliche (nella percentuale del'85%); stipendi versati ai sacerdoti e ai religiosi impegnati come cappellani nelle prigioni e nelle forze armate; salari di determinati impiegati nelle case per l'infanzia tenute da cattolici; un bonus del 29% per le charities cattoliche (ordini religiosi, ONG cattoliche con finalità caritative: alloggi, alleviamento della povertà, Terzo Mondo).

Tutte le confessioni religiose, sia chiese cristiane che organizzazioni religiose non cristiane, godono di un identico trattamento da parte dello stato, eccetto forse la comunità musulmana che lotta da tempo per vedere riconosciuto il suo diritto al finanziamento statale delle proprie scuole (nella misura dell'85%).

I contributi dei fedeli non sono deducibili dalle tasse, ma in certi casi (esempio lasciti in caso di morte) le donazioni alle charities godono di un trattamento fiscale di favore.

L'attività delle charities è rigidamente supervisionata dalla Charity Commission, che controllavaluta l'impiegno dei fondi raccolti. La Commissione non esercita tuttavia lo stesso rigido controllo sull'operato delle chiese, dando in qualche modo per scontata l'esistenza di validi sistemi di controllo al loro interno.

A livello nazionale, le risorse finanziarie sono gestite dalla Conferenza episcopale mediante comitati controllati esclusivamente dai vescovi. La Conferenza finanzia le conferenze nazionali e internazionali, i consigli ecumenici, il Consiglio ecumenico delle chiese, le pubblicazioni volte a far conoscere la religione cattolica, due giornali cattolici e, in una misura che non è dato conoscere, la Santa Sede (obolo di s. Pietro).

Sia a livello nazionale che a livello parrocchiale le comunità cristiane finanziano le chiese del Terzo Mondo, le missioni, i progetti di sviluppo o direttamente o attraverso agenzie specifiche. I fondi destinati a questi scopi vengono raccolti separatamente da quelli destinati al mantenimento della parrocchia e della diocesi.

Ogni diocesi (non le parrocchie) ha lo statuto giudirico di charity. Le sue risorse sono amministrate dal vescovo con il suo consiglio, e anche indipendentemente da esso.

A livello parrocchiale, il vescovo agisce attraverso il parroco che lo rappresenta. I parroci amministrano i beni della chiesa personalmente o si fanno aiutare da consiglieri, a volte persone scelte al di fuori della parrocchia o addirittura non cattoliche. I parroci tendono in genere a scegliersi persone fedeli e in linea di principio favorevoli alle loro decisioni in materia di gestione dei fondi.

I fondi per i poveri e gli emarginati sono raccolti in genere a livello delle parrocchie attraverso particolari collette. Ma normalmente le parrocchie e le diocesi fanno attenzione alle loro necessità e alla possibilità di pagare i loro non di rado ingenti debiti.


>>>>CONTINUA


[Modificato da ReteLibera 16/10/2011 19:50]
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6. Italia

In Italia non esiste chiesa di stato, ma la Chiesa cattolica gode di un'indiscussa condizione di privilegio. Mentre fra lo stato e la Chiesa cattolica esiste un concordato, rinnovato nel 1984, fra lo stato e le altre confessioni cristiane esistono delle intese costituzionali.

La maggior parte delle risorse finanziarie della Chiesa cattolica proviene dal finanziamento pubblico, laddove le altre confessioni cristiane dipendono maggiormente dal libero contributo dei loro fedeli, avendo scelto di non usare il contributo statale per le spese interne dell'organizzazione religiosa.

A livello nazionale, la Chiesa cattolica riceve ogni anno una quota pari all'otto per mille dell'IRPEF (imposta sulle persone fisiche), sulla base delle scelte operate dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi. Nel 1997, la percentuale delle scelte è andata per il 73% (pari a oltre 1400 miliardi di lire) a favore della Chiesa cattolica, per il 19% a favore dello stato e per il 7% complessivamente a favore delle altre confessioni cristiane.

Inoltre, la Chiesa cattolica riceve annualmente sotto varie forme contributi statali per oltre 1000 miliardi di lire: stipendi degli insegnanti di religione nelle scuole statali; stipendi per cappellani militari, ospedalieri e carcerari; finanziamenti a livello diocesano e parrocchiale sotto forma di sovvenzioni occasionali per l'edilizia religiosa e altre attività pastorali o sociali. Le libere offerte dei fedeli sono piuttosto modeste (40-45 miliardi di lire) rispetto al gettito dell'otto per mille.

Le offerte destinate alle diverse istituziioni religiose sono detraibili dalla tasse fino a un tetto massimo di 2 milioni di lire.

Le attività assistenziali (ospedali, centri assistenziali, case di riposto...) assicurate dalle organizzazioni religiose beneficiano di finanziamenti pubblici sotto forma di convenzioni con le istituzioni pubbliche, nazionali e locali.

Lo stato non finanzia direttamente le scuole private e quindi neppure quelle confessionali (permesse dalla costituzione "senza oneri per lo stato"). Ma di fatto le scuole private sono sovvenzionate in vari modi dallo stato attraverso le regioni e i comuni.

A livello nazionale, la gestione dei fondi è assicurata dalla Conferenza episcopale attraverso Ufficio centrale per il finanziamento del clero, che stipendia sacerdoti e vescovi e gestisce, mediante altri uffici, la parte di fondi destinati all'assistenza in Italia e all'estero, alla costruzione di nuove chiese e alle attività pastorali.

A livello diocesano, la gestione è assicurata dal vescovo attraverso l'Ufficio diocesano, coadiuvato a volte da un consiglio economico,

In assenza di bilanci dettagliati e pubblici a tutti i livelli la gestione è praticamente insindacabile. I rari bilanci sommari presentati da certi vescovi e parroci mirano quasi esclusivamente a "piangere miseria" e a stimolare una maggiore generosità da pare dei fedeli. Questa mancanza di trasparenza è tipica della Chiesa cattolica, poiché le altre confessioni cristiane rendono pubblici i bilanci e coinvolgono le rispettive comunità nella gestione degli affari economici.

La Chiesa cattolica sovvenziona la Santa Sede attraverso le curie diocesane più ricche, gli ordini e le congregazioni religiose e l'obolo di s. Pietro. Le altre confessioni contribuiscono a finanziare nei limiti delle loro possibilità gli organismi sovranazionali e il Consiglio ecumenico delle chiese.

Il coinvolgimento a favore dei paesi del Terzo Mondo è sentito e diffuso in tutte le chiese. La Chiesa cattolica destina a tale scopo quasi un terzo delle somme annuali erogate dallo stato sotto forma di otto per mille e un altro terzo alle attività assistenziali interne, in particolare attraverso la Caritas. A livello nazionale, diocesano e parrocchiale esistono motli gruppi di volontariato impegnati nell'assistenza ai poveri e agli emarginati.

Le chiese evangeliche destinano alle attività assistenziali la maggior parte delle somme derivanti dal finanziamento pubblico, oltre alle risorse raccolte direttamente.

Questi finanziamenti sono proporzionati e raggiungono in genere lo scopo, anche se una parte si perde (necessariamente?) nei rigagnoli burocratici della gestione di questi fondi.

7. Paesi Bassi

Nei Paesi Bassi non esiste chiesa di stato. Non esistono concordati fra lo stato e le chiese (compresa quella cattolica). Vige una totale libertà di religione e le chiese sono tutte ugualmente soggette alle leggi dello stato (nessun favoritismo e nessuna discriminazione).

Le risorse finanziarie delle chiese provengono esclusivamente dalle libere offerte dei fedeli (nessun contributo ecclesiale obbligatorio e nessun contributo pubblico).

Lo stato finanzia le istituzioni e le attività di interesse generale (quindi anche le scuole private, fra cui l'Università cattolica di Nimega e Tilburg e l'Università libera di Amsterdam, richiedendo ovviamente certe condizioni ed effettuando certi controlli), il restauro di chiese antiche e monumenti, le strutture di pubblica utilità, anche religiose (es. la costruzione di una moschea-centro socioculturale, nel quadro della sua politica delle minoranze).

I contributi versati alla chiesa (come quelli versati ai partiti e ad associazioni filantropiche) sono fiscalmente deducibili.

Non esiste alcuna gestione delle risorse finanziarie delle chiese a livello nazionale. Ler risorse sono gestite a livello diocesano-provinciale (consiglio del vescovo) e a livello locale (consiglio parrocchiale, caritas, diaconia). Questi consigli sono formati essenzialmente da laici, che hanno capacità decisionale.

Le parrocchie cattoliche versano contributi al vescovo per le spese generali e anche al Vaticano (obolo di s. Pietro). I meccanismi e l'ammontare di questi contributi non sono noti.

Per i poveri e gli emarginati, interni e internazionali, esistono, a livello nazionale, numerose istituzioni caritative e assistenziali e, a livello locale, le caritas.

Sia i fedeli che l'opinione pubblica si interessano poco delle questioni finanziarie. A parte qualche eccezione nel caso della Chiesa cattolica, la gestione delle risorse delle chiese è sufficientemente democratica, per cui non si richiedono particolari riforme.

8. Scozia

Anche se la Chiesa di Scozia (presbiteriana) è considerata "chiesa nazionale", fra lo stato e le chiese (compresa quella cattolica) non esistono concordati.

Le risorse finanziarie della Chiesa cattolica provengono dalle libere offerte dei fedeli e dalle rendite dei beni mobili e immobili posseduti dalla Conferenza episcopale o dalle singole diocesi.

La diocesi e la parrocchia hanno lo status di charity, per cui possono ottenere dallo stato un bonus sulle donazioni regolari, quando il singolo contribuente sottoscrive un accordo garantendo di offrire annualmente una determinata somma alla chiesa.

Nel 1918 lo stato ha nazionalizzato gli edifici scolastici delle scuole cattoliche, assumendosi l'onere di finanziare le scuole private cattoliche (edifici, insegnanti, materiale didattico) richieste localmente da un certo numero di genitori. Le autorità ecclesiastiche conservano certi diritti in queste scuole (adeguatezza dell'insegnamento religioso, nomina degli insegnanti...).

In genere le chiese sono trattate tutte allo stesso modo. Esiste una qualche disparità di trattamento solo nei riguardi delle comunità musulmane.

La gestione delle risorse è controllata dal clero (vescovo e parroco), a volte con un certo centralismo e una certa segretezza. Comunque sia i fedeli che l'opinione pubblica si interessano poco delle faccende economiche delle chiese. Sono rari i consigli degli affari economici sia a livello diocesano che a livello parrocchiale. Là dove esistono, i consiglieri sono scelti in genere in base alla loro provata "lealtà" nei riguardi del vescovo o del parroco. La pubblicazione dei resoconti è lasciata spesso al buon volere del vescovo o del parroco. Sono sommari e contengono quasi sempre le informazioni che i loro estensori ritengono possano "interessare" i fedeli.

Per i poveri e gli emarginati si raccolgono fondi in una particolare domenica dell'anno. I fondi sono destinati direttamente agli scopi per i quali vengono raccolti; a volte, soprattutto in passato, hanno subito una ritenuta del 28% per scopi non del tutto chiari.

Esiste un Fondo di aiuto internazionale per l'assistenza e il finanziamento di progetti nei paesi in via di sviluppo e per l'aiuto alle chiese dei paesi poveri. Le somme erogate in materia sono comunque ben al di sotto dell'impegno espresso a parole dalle chiese.

9. Svizzera

In Svizzera non esiste chiesa di stato. Le chiese (compresa quella cattolica) sono associazioni di diritto pubblico. In materia di rapporti stato-chiese ogni cantone possiede un proprio regolamento, votato dalla popolazione del cantone.

In tre cantoni esiste una netta separazione fra stato e chiesa. Negli altri, lo stato riscuote la tassa del culto per conto della chiesa (nel cantone di Ginevra, il contributo per il culto è libero). La tassa del culto è riscossa in base alla dichiarazione dei redditi e rappresenta mediamente il 5-6% delle imposte versate.

Nel cantone di Zurigo, ad esempio:

- lo stato riscuote la tassa del culto solo per la chiesa riformata, la chiesa cattolica e la chiesa cristiana cattolica, non per le altre chiese;

- le chiese, le fondazioni e le istituzioni senza scopo di lucro sono esentate dalle tasse;

- ogni comunità ecclesiale riceve un piccolo contributo dallo stato;

- i contributi versati alle chiese riconosciute e agli enti di beneficienza sono deducibili dalle tasse;

- le scuole cattoliche, le istituzioni giovanili, i cappellani degli studenti, i cappellani degli ospitalieri, ecc. non ricevono finanziamenti dallo stato, ma si finanziano con la tassa del culto;

- le organizzazioni non cristiane non ricevono finanziamenti pubblici.

La Conferenza episcopale svizzera e le diocesi attuano una certa perequazione finanziaria e finanziano gli organismi sovradiocesani e internazionali.

A livello parrocchiale, il consiglio della fondazione, che possiede e amministra gli edifici ecclesiastici, le tasse del culto e le offerte, è costituito secondo il Diritto canonico (è composto dal parroco e da laici nominati dal vescovo su proposta del parroco). I suoi bilanci vengono in parte pubblicati.

Il consiglio economico della comunità cristiana amministra i fondi della comunità: paga gli stipendi degli impiegati della chiesa (parroco, organista, cuoca, ecc.) e decide quanto versare alle istanze superiori (conferenza episcopale, istituzioni sovradiocesane, Roma). I membri del consiglio economico sono eletti dalla comunità, alla quale sottopongono annualmente i bilanci in vista della loro approvazione.

La Svizzera raccoglie annualmente fondi (quaresima) per i poveri, gli emarginati, gli interventi a favore delle chiese povere e dei paesi del Terzo Mondo. Nel 1994, sono stati raccolti fondi per 23000 000 franchi, 13644 000 dei quali sono andati a progetti all'estero.

Le risorse finanziarie delle chiese sono destinate a diminuire stanti le minori entrate della tassa del culto in seguito a riduzione degli stipendi, disoccupazione e abbandoni delle chiese.



C. Problemi emergenti


1. Austria

Si lamenta il dispendioso apparato di riscossione delle tasse da parte della chiesa. Alcuni preferirebbero delegare la raccolta allo stato; altri preferirebbero un diverso sistema di prelievo, ad esempio il 2% sulle entrate fiscali dello stato (un sistema simile a quello italiano).

Si criticano, in particolare, la fissazione del contributo (1,15%) e il perseguimento giudiziario in caso di inadempienza.

Alcuni gruppi hanno presentato una Proposta di riforma del sistema di finanziamento della chiesa basata su tre richieste fondamentali:

- rinuncia a ogni forma di contributo forzato (libertà religiosa);

- possibilità di effettiva destinazione del proprio contributo, in base ai principi della perequazione delle risorse e della sussidiarietà, per ovviare al centralismo amministrativo e alla sperequazione esistente a livello di diocesi e parrocchie;

- votazione del budget diocesano da parte del consiglio pastorale (trasparenza e corresponsabilità).


2. Belgio

Si lamenta una pressoché totale segretezza e mancanza di trasparenza in materia di finanze ecclesiastiche.

Mentre i due partiti cattolici sono favorevoli al mantenimento dello status quo, altri partiti politici vorrebbero introdurre una nuova formula: un'imposta attribuita da ogni contribuente al culto, all'associazione caritativa o all'organismo non governativo di sua scelta.


3. Francia

Certe associazioni cattoliche sono sospettate di fungere da copertura per permettere alla Chiesa cattolica di ricevere le sovvenzioni pubbliche, che sono vietate dalla legge.

La gestione dei beni è ancora in gran parte nelle mani dei vescovi e dei parroci. Poche diocesi pubblicano bilanci e resoconti dettagliati. DLE chiede da anni una maggior trasparenza e partecipazione dei laici.


4. Germania

Si lamenta la necessità di dover dichiarare formalmente la propria uscita dalla chiesa ("scomunicarsi da se stessi") per non pagare la tassa del culto, con la conseguente esclusione dalla ricezione dei sacramenti e dalla partecipazione agli organi laicali della chiesa. Si chiede di poter dare il proprio contributo alla chiesa anche al di fuori del sistema statale della tassa per il culto.

Le elezioni ai consigli diocesani e parrocchiali sono solo formalmente democratiche. Infatti, si può votare solo nella propria comunità di residenza, per cui se ci si trasferisce altrove si perde il proprio diritto.

La chiesa e soprattutto la Caritas tendono a discriminare e licenziare i lavoratori e le lavoratrici non graditi: separati risposati, omosessuali, sostenitori di una legislazione liberale in materia di aborto, ecc.


5. Inghilterra e Galles

Si lamenta una scarsa trasparenza in materia di entrate e spese sia nelle parrocchie che a livello diocesano. L'informazione dipende spesso da ciò che il vescovo o il parroco, unici responsabili di fronte alla legge, vogliono rivelare. Il potere finanziario del vescovo è assoluto e i sacerdoti, a livello di parrocchia, si considerano suoi esecutori.

Si chiede un sistema di informazione e controllo interno sulle spese. La Chiesa cattolica è unica quanto a emarginazione dei propri membri.


6. Italia

Si lamenta un trattamento di favore nei riguardi della Chiesa cattolica.

Si chiede un maggiore coinvolgimento della comunità nell'amministrazione dei fondi e una maggiore trasparenza a tutti i livelli.

Tranne la Chiesa cattolica, le altre confessioni cristiane hanno dibattuto a lungo se accettare o meno il finanziamento pubblico secondo la formula dell'otto per mille. La votazione a favore, quando è avvenuta, è stata sempre di stretta misura. L'Unione delle comunità battiste ha deciso di rifiutare il finanziamento. Varie associazioni di base (Comunità di base, Noi siamo chiesa, ecc.) propongono di abolire l'attuale forma di finanziamento basata sulla spartizione dell'otto per mille, lasciando solo la forma delle detrazioni fiscali ed equiparando le istituzioni religiose a tutte le altre organizzazioni che già ne fruiscono o potrebbero fruirne in avvenire.


7. Paesi Bassi

Si lamenta l'assenza di democrazia nella Chiesa cattolica, non tanto a livello di gestione delle risorse finanziarie, ma in generale.


8. Scozia

Si lamenta una scarsa informazione sulle operazioni finanziarie delle chiese e sulla gestione dei fondi. Le informazioni sono sommarie e quasi sempre finalizzate a stimolare una maggiore generosità dei fedeli. I mezzi economici sono gelosamente custoditi da vescovi e parroci.

Ma il problema della scarsa trasparenza circa l'uso dei fondi e la mancanza di controllo da parte dei fedeli sono sintomi di un disagio più profondo. Nonostante il concilio Vaticano II, il Codice di diritto canonico continua a considerare la chiesa come un'organizzazione gerarchica mondiale, che ha il proprio capo a Roma e i propri funzionari (vescovi, in subordine preti) sparsi in tutto il mondo. In tal modo si tende ad attribuire un potere assoluto al vescovo e, in subordine, al parroco.

9. Svizzera

Si lamenta il non riconoscimento delle altre associazioni religiose e si richiede il diritto di votare ed essere votati anche per tutti i membri della chiesa (non solo per i cittadini svizzeri).


N.B. I resoconti dei vari paesi non tengono conto delle risorse finanziarie e dei beni immobili degli ordini e delle congregazioni religiose. Alcune risposte accennano alla necessità di esplorare anche questo capitolo, che sembra molto importante in termini quatitativi
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Hanno una rivista che si chiama "Bonus Miles Christi", il buon soldato di Cristo. Ma siamo sicuri sia proprio Cristo ad arruolare soldati "buoni" che bombardano figli, figlie e anziani di popoli che nemmeno conoscono?


I cappellani militari chiedono più soldi per fare le guerre

13-10-2011

di don Paolo Farinella

Christ aux outrages - Foto di Yann SeitekUn’amica mi ha passato un articolo di Manlio Dinucci con il titolo «Aggressioni “benedette”». Fin dalle parole d’incipit ci si chiede se ancora a dieci anni del terzo millennio, dobbiamo ancora subire come cristiani parole che sono il segno di una vita più indecente conclamata in nome di Cristo.

Il vescovo castrense (non equivocare, dicesi castrense il vescovo insignito della carica vescovile e contemporaneamente di quella di generale di corpo di armata, con stellette incorporate ); il vescovo castrense guida diocesi dei militari (si chiama Ordinariato militare) che hanno una rivista il cui titolo è – indovinate un po’? – «Bonus Miles Christi – Il buon soldato di Cristo».



Sì, proprio così: Cristo è uno che arruola soldati e per giunta buoni, anche quando vanno a sparare ai figli, figlie, bambini, bambine, anziani di popoli che non ci conoscevano nemmeno se non per avere a capo del governo un degenerato, pazzo e tronfio piccoletto dai tacchi rialzati.

Fin dove può arrivare la mistificazione! Si mescola l’acqua santa col diavolo, Dice il capo di questa diocesi di soldati di Cristo armati ed educati alla violenza con armi sofisticate per ammazzarne più che sia possibile; dice che «prova amarezza di fronte a chi  invoca lo scioglimento degli eserciti, l’obiezione contro le spese militari» perché «il mondo militare contribuisce a edificare una cultura di responsabilità globale, che ha la radice nella legge naturale e trova il suo ultimo fondamento nell’unità del genere umano». Monsignor Vincenzo Pelvi continua, e non s’accorge delle bestialità: «l’Italia, con i suoi soldati fa la sua parte per promuovere stabilità, disarmo, sviluppo e sostenere ovunque la causa dei diritti umani».

Parole messe in fila una dopo l’altra dal giornale dei vescovi «Avvenire» (2 giugno 2011), segno che la presidenza approva.

Sia benedetto l’esercito e gli eserciti che tanto bene fanno all’umanità con amore e compassione: sparando, squartando, bruciando, violentando, stuprando, bestemmiando. Cosa importa!

Alla rientro da queste battaglie di civiltà c’è sempre un pincopallo di cappellano, con aspersorio e stola, pronto ad assolvere e con la penitenza di andare ancora contro il nemico e «di farlo fuori prima che ti faccia fuori lui».


Manlio Dinucci, Manifesto, ricorda alcuni momenti topici che dovrebbero fare impallidire anche la Madonna nera, mentre di questi fatti, i preti di ieri e di oggi non se ne fanno un baffo:

  • 1. Nel 1911, nella chiesa di S. Stefano dei Cavalieri in Pisa, parata con bandiere strappate ai turchi nel Cinquecento, il cardinale Maffi invitava i soldati in partenza per la guerra di Libia, a «incrociare le baionette con le scimitarre» per portare nella chiesa «altre bandiere sorelle» e in tal modo «redimere l’Italia, la terra nostra, di novelle glorie».

  • 2. Il 2 ottobre 1935, all’annuncio di Mussolini che iniziava la guerra di Etiopia, Mons. Cazzani, vescovo di Cremona, da perfetto fascista indirizzava al popolo una sua pastorale, dove si leggono queste perle: «Veri cristiani, preghiamo per quel povero popolo di Etiopia, perché si persuada di aprire le sue porte al progresso dell’umanità, e di concedere le terre, ch’egli non sa e non può rendere fruttifere, alle braccia esuberanti di un altro popolo più numeroso e più avanzato».

  • 3. Il 28 ottobre 1935, ricorrendo il 13° anniversario della marcia su Roma, nel Duomo di Milano, il cardinale Alfredo Ildelfonso Schuster così celebrava: «Cooperiamo con Dio, in questa missione nazionale e cattolica di bene, nel momento in cui, sui campi di Etiopia, il vessillo d’Italia reca in trionfo la Croce di Cristo, spezza le catene agli schiavi. Invochiamo la benedizione e protezione del Signore sul nostro incomparabile Condottiero».

  • 4. L’8 novembre 1935, sempre in relazione alla guerra di Etiopia Mons. Valeri, arcivescovo di Brindisi e Ostuni, scrive anch’egli una pastorale al suo popolo: «L’Italia non domandava che un po’ di spazio per i suoi figli, aumentati meravigliosamente da formare una grande Nazione di oltre 45 milioni di abitanti, e lo domandava a un popolo 5 volte meno numeroso del nostro e che detiene, non si sa perché e con quale diritto, un’estensione di territorio 4 volte più grande dell’Italia senza che sappia sfruttare i tesori di cui lo ha arricchito la Provvidenza a vantaggio dell’uomo. Per molti anni si pazientò, sopportando aggressioni e soprusi, e quando, non potendone più, ricorremmo al diritto delle armi, fummo giudicati aggressori».

  • 5. Oggi dopo 76 anni, un altro cappellano militare, anima persa e senza Dio, tale don Vincenzo Caiazzo, che celebra messa sulla portaerei Garibaldi, che di fatto è la sua parrocchia, popolata di caccia, missili bombe con cui lui e quelli come lui bombardano la Libia -  garantisce che «l’Italia sta proteggendo i diritti umani e dei popoli, per questo siamo in mezzo al mare» perché la motivazione teologica è chiara: «I valori militari vanno a braccetto con i valori cristiani». (Oggi, 29 giugno 2011).

Di fronte a questo rinnegamento del Vangelo viene solo voglia di dire «Povero Cristo!». Costoro dovrebbero essere le «guide», coloro che dovrebbero insegnare a «discernere» il grano dal loglio, la violenza dalla non-violenza, il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto, la pace dalla guerra.

Costoro sono l’autorità nella Chiesa che si annettono Cristo a loro uso e consumo, lo militarizzano, lo circondano di armi e di morte e poi vanno nei salotti clericali a difendere la vita.


Che Dio li perdoni, se può, perché costoro non hanno smarrito solo la fede, ma «c’hanno perduto il ben de l’intelletto» (Dante, Inf. III,18).

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QUANDO LA REGIONE LAZIO STANZIAVA 8,5 MILIONI

PER IL RECUPERO DELLE CHIESE...

NEL 2007 LA REGIONE LAZIO HA STANZIATO

BEN 8,5 MILIONI PER

LA RISTRUTTURAZIONE DELLE CHIESE.


Premessa doverosa.Siamo nel 2007 quando si svolge la vicenda.
Una delle tante di finanziamenti alla Chiesa Cattolica.

E' vero stiamo parlando di ristrutturazioni di chiese.
E' vero che fanno parte del patrimonio culturale italiano.
Ma è anche vero che la Chiesa usa i fondi dell'
8x1000 già per la ristrutturazione delle chiese,come è anche vero che lo stesso 8x1000 destinato allo stato in parte viene devoluto alla stessa chiesa..

Quindi è per questo che questi ulteriori esborsi rientrano evidentemente in un "di più" di cui bisogna parlare anche se si tratta di fatti passati.E nel 2007 questi finanziamenti ci sono stati e ci informava,tra gli altri,il sito dell'
Uaar scrivendo così:



Via libera al finanziamento di 44 interventi di recupero di edifici di culto nel Lazio con l’approvazione, nella sua ultima seduta, da parte della Giunta Regionale di una delibera proposta dall’assessore ai Lavori Pubblici e Politica della Casa Bruno Astorre. Lo stanziamento annuo ventennale è di 684.851,61 € e consentirà, complessivamente, la ripartizione di finanziamenti per oltre
€ 8.630.000. La Regione concorrerà (sostenendo tra il 70 e il 95% dell’intero costo) alla realizzazione di interventi di restauro, ristrutturazione, manutenzione straordinaria e dotazione di impianti di chiese ed edifici pertinenti aventi valore artistico, storico e archeologico, di proprietà di Comuni ed enti ecclesiastici. Per ogni progetto di recupero il contributo massimo annuale sarà di 18.250 euro. “Voglio sottolineare la buona scelta operata dalla Giunta – ha dichiarato l’assessore Astorre – Una dimostrazione di grande attenzione e rispetto per gran parte della popolazione, per la sua storia, per tutte quelle chiese che, nei territori della Regione, costituiscono il punto di riferimento spirituale, di aggregazione, di aiuto per ogni comunità”.

Dal sito della Regione Lazio… notare che in tal modo hanno anche impegnato i prossimi diciannovi bilanci d’esercizio.

Poi non dite che i politici non pensano al futuro.
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Basilicata, 11 milioni di euro da Regione per ristrutturazione chiese



In base ad un protocollo d’intesa firmato tra il presidente della conferenza episcopale lucana mons. Agostino Superbo e il governatore della Basilicata Vito De Filippo, le diocesi della regione riceveranno 11 milioni di euro per ristrutturare le chiese. In base all’accordo, le diocesi avranno 500mila euro l’anno, per 15 anni, tramite mutui accesi presso banche e garantiti dalla Regione.

La Chiesa locale si impegnerà a favorire la fruzione del patrimonio per finalità “culturali e didattiche”.Ne dà notizia tra gli altri il sito dell'
Uaar nel mese di giugno..

Insomma in piena crisi!

E noi paghiamo!



[Modificato da ReteLibera 20/10/2011 14:32]
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Chi è l'Uomo il più Ricco della Terra?

Sapete dare una risposta alla domanda posta nel titolo?
Forse già intuisco quali possono essere le vostre risposte:
I Rothschild? I Rockefeller? I banchieri Internazionali? Bill Gates? Gli Illuminati?
A tutto questo ero tentato di credere anch'io fino a non molto tempo fa; ma leggendo l'articolo sotto vi renderete conto che manca un individuo all'appello, cioè due, eccoli qua:


Adolfo Nicolas, Supremo Comandante dei Gesuiti, "Il Papa Nero" (a destra)
Papa Benedetto XVI, "Il Papa Bianco" (a sinistra), agli ordini del Supremo Comandante dei Gesuiti 

L'articolo sotto è la traduzione del Capitolo 10 tratto dal libro 
Smokescreensdi Jack T. Chick. Il libro è del 1983, ma i fatti che elenca non sono certo cambiati di molto da allora.
Alcuni documentari di (dis)informazione sul Nuovo Ordine Mondiale si concentrano sulla realtà storica del personaggio dal nome di Gesù Cristo. A noi, più "modestamente", interessa invece conoscere la realtà storica della ricchezza della Chiesa Cattolica Romana e la sua influenza sugli affari del mondo. Se è vero che il Mondo è controllato da chi detiene denaro e ricchezze, l'ipotesi che i Gesuiti, reali controllori del Vaticano, abbiano avuto e abbiano tutt'ora un'influenza predominante sugli eventi mondiali è da prendere seriamente in considerazione. I 
Rothschild sono emersi nel '700, la Chiesa Romana c'è da 2000 anni; duemila anni di accumulazione di ricchezze. I Gesuiti ora controllano tutta questa ricchezza. La loro influenza è quindi così grande che, sembrerà strano, essi sono anche in primo piano nell'implementazione della Nuova Religione Mondiale, il falso opposto della Satanica Chiesa Romana; infatti, come scritto in nell'articolo dal titolo Lo Scopo Occulto delle Nazioni Unite rivelato dai loro stessi scritti, il GesuitaTeilhard de Chardin è Padre Ispiratore del Movimento New Age tanto quanto lo sono le due Alte Sacerdotesse Teosofiche Madame Blavatsky eAlice Bailey.

di Jack T. Chick 
Smokescreens (1983), Capitolo 10
traduzione: http://nwo-truthresearch.blogspot.com

Vi ricordate quando il Papa è venuto negli Stati Uniti? E i suoi rimproveri per la nostra mancanza di misericordia? E che dovremmo lasciare ai poveri quello che abbiamo? Noi siamo una nazione ricca. E allora, non ricordiamo il grande terremoto che è avvenuto nel 1980 in Italia? Mi ricordo di quando il Papa andò in quest'area in rovina, si avvicinò al capezzale di un povero insignificante uomo italiano ferito e quindi gli posò benevolmente la mano sulla testa e si fece il segno della croce, benedisse l'uomo e si allontanò.

Giovanni Paolo II "Pellegrinaggio della Fede"
E i telegiornali ci raccontarono della devastazione. E poi tagliarono verso gli Stati Uniti e il senatore Kennedy, mentre guardava la telecamera con occhi tristi, disse:"Oh, noi americani, presi dalla misericordia dovremmo inviare almeno 45 milioni di dollari per questo paese devastato in modo da poterlo ricostruire."
Ricordate questo? Ora fatemi leggere qualcosa da 
THE VATICAN BILLIONS di Avro Manhattan, penso che impazzirete come lo sono io adesso. Voglio portare la vostra attenzione sul fatto che queste informazioni furono pubblicate 10 anni fa, e le cifre sono probabilmente ancora più sorprendenti oggi.(si parla del 1983, anno si pubblicazione del libro, ma la stessa affermazione vale anche per il 2011, perché non ci sembra che sia cambiato molto da allora, n.d.t.)
"Il Vaticano ha grandi investimenti con i Rothschild in Gran Bretagna, Francia e America; con la Hambros Bank, con la Credit Suisse di Londra e Zurigo. Negli Stati Uniti ha grossi investimenti con la Banca Morgan, la Chase Manhattan Bank, la First National Bank di New York, la Bankers Trust Company e altre. Il Vaticano ha miliardi di azioni delle società internazionali più potenti come Gulf Oil, Shell, General Motors, Bethlehem Steel, General Electric, International Business Machines, TWA, ecc. e, ad una stima prudenziale, questi ammontano a più di 500 milioni di dollari nei soli Stati Uniti."

"In una dichiarazione pubblicata in connessione con un prospetto obbligazionario, l'arcidiocesi di Boston elencava il suo attivo a Seicentotrentacinque milioni di dollari ($635,891,004), cioè 9,9 volte le sue passività. Questo lasciava un patrimonio netto di Cinquecentosettantuno milioni di dollari ($571,704,953). Non è difficile scoprire la ricchezza veramente sorprendente della Chiesa, una volta che aggiungiamo le ricchezze delle 28 arcidiocesi e delle 122 diocesi degli Stati Uniti, diverse delle quali sono ricche tanto quanto quella di Boston."
"Qualche stima sul patrimonio immobiliare e su altre forme di ricchezza controllate dalla Chiesa Cattolica può essere raccolta dal commento di un membro della Conferenza Cattolica di New York, vale a dire 'che la sua chiesa probabilmente si classifica seconda solo al Governo degli Stati Uniti negli acquisti totali annui'. Un'altra affermazione a diffusione nazionale fatta da un prete cattolico, forse è ancora più significativa. 'La Chiesa Cattolica' egli disse, 'deve essere la più grande corporation negli Stati Uniti. Abbiamo una filiale in ogni quartiere. Il nostro patrimonio immobiliare e le partecipazioni devono superare quelle di Standard Oil, A.T.&T. e U.S Steel messe insieme. E il nostro elenco di membri che devono rimborsarci i debiti deve essere secondo solo ai rotoli fiscali del Governo degli Stati Uniti."

"La Chiesa Cattolica, una volta che sono stati messi insieme tutti i suoi patrimoni, è l'agente di borsa più formidabile del mondo. Il Vaticano, indipendentemente dal papa che vi si insedia, si è  orientato sempre più verso gli Stati Uniti. Il Wall Street Journal ha detto che gli affari del Vaticano nei soli Stati Uniti erano così grandi che spesso esso ha comprato e venduto oro in lotti di milioni di dollari o più in una sola volta."
"Il World Magazine delle Nazioni Unite ha stimato a diversi miliardi di dollari l'ammontare del tesoro in oro massiccio del Vaticano. Una gran massa di questo viene depositato in lingotti d'oro nella Federal Reserve Bank, mentre le banche di Svizzera e Inghilterra detengono il resto. Ma questa è solo una piccola parte delle ricchezze del Vaticano che, nei soli Stati Uniti, è superiore a quella delle cinque più ricche e giganti corporation del paese. Quando a ciò aggiungiamo tutto il patrimonio immobiliare, le proprietà, i titoli e le azioni all'estero, allora l'impressionante ricchezza della Chiesa Cattolica diventa così formidabile da sfidare qualsiasi valutazione razionale."
L'oscena ostentazione della ricchezza vaticana
"La Chiesa Cattolica è la più grande potenza finanziaria, accumulatrice di ricchezza e di proprietà che sia mai esistita. Possiede ricchezze materiali più di ogni altra singola istituzione, corporation, banca, cartello gigante, governo o stato nel mondo intero. Il papa, come capo visibile di questo ammassamento di ricchezza, di conseguenza, è il più ricco individuo del XX secolo. Nessuno può realisticamente valutare quanto egli vale, in termini di miliardi di dollari."
E ripenso a quel Papa, l'uomo più ricco del pianeta, che mise la mano sulla testa a quel povero insignificante uomo italiano che giaceva in quelle macerie dicendogli:"Dio ti benedica", e se ne andò via lasciandolo li da solo. Quanta dev'essere alta l'ipocrisia. E poi il Senatore Kennedy, il papa boy degli Stati Uniti fa il grande passo verso il popolo degli Stati Uniti pagando il conto per riparare quel villaggio devastato, che sta proprio nel cortile del Papa. Che bel gesto!

link articolo originale:http://www.chick.com/reading/books/153/153_10.asp

Potrebbe essere utile anche la lettura di questo libro:  L'oro del Vaticano
Su Amazon il libro è introdotto così:

"Nel corso dei secoli, le proprietà della Santa Sede si sono accumulate fino a formare un vero e proprio tesoro. Ben lontani dallo spirito apostolico e dallo spirito di umiltà e povertà raccomandato da Cristo, i rappresentanti di Dio in terra hanno edificato una complessa amministrazione per preservare, accrescere e controllare immobili, opere d'arte, monumenti, ori e denari. Vi sono le tombe faraoniche in marmo e oro di cardinali e papi, le decorazioni inestimabili di altari e volte, le collezioni di quadri, statue e preziosi esposte nei Musei Vaticani, nel Museo Lateranense e in altre collezioni della Santa Sede, i sigilli d'oro custoditi nell'Archivio Segreto e i tesori della Biblioteca. C'è il denaro accumulato dallo Stato Pontificio dalle origini al 1870, e poi la fondazione degli istituti bancari dello IOR e dell'APSA e i capitali custoditi nelle Isole Cayman, un autentico Fort Knox fuori da ogni legge. Inoltre le prelature come l'Opus Dei, solo teoricamente autonome dalla Santa Sede, in realtà costituiscono una fonte ulteriore di ricchezza. Gli scandali, le rivelazioni e i sospetti su questo patrimonio immenso sono sotto gli occhi di tutti e alla ribalta delle cronache più recenti. Forse è arrivato il momento di fare i conti in tasca al Vaticano."
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La denuncia dell'Unione Atei e Agnostici Razionalisti:
 
"Bagnasco si inventa nuovi fedeli e riceve soldi pubblici per la diocesi di Genova"

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La determina dirigenziale n. 2011-165.1.0.-19 del 18 ottobre 2011 del Comune di Genova, firmata dal dirigente responsabile Giovanni Librici, ha corrisposto 106.904,92 euro alle confessioni religiose quali “quote dei contributi per oneri di urbanizzazione secondaria (art. 5 comma 1) legge regionale 24.01.85 n. 4 riscossi nel 2010”.


Tali contributi sono stati assegnati in questa misura:
101.102,70 euro alla Chiesa cattolica – arcidiocesi di Genova
5.802,22 euro ai testimoni di Geova


Per la ripartizione, il Comune di Genova si è basato sul numero di fedeli fornito dalle stesse confessioni religiose, ovvero:
611.601 per la Chiesa cattolica – arcidiocesi di Genova
33.000 per i testimoni di Geova

Tuttavia, secondo l’Istat, il numero complessivo di abitanti del Comune di Genova ammontava nel 2010 a 609.746. L’Istat si basa, per fornire queste cifre, sulle comunicazioni che riceve dagli uffici anagrafici dei vari comuni: nel caso specifico, quindi, dallo stesso Comune di Genova.

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